Alcuni ascoltatori mi hanno chiesto perché a Radio popolare di Verona, non parlo anche di cose “fuori di Verona”, che so, del terremoto, delle nomine in RAI... Di queste cose parlano a Radio Popolare, quella centrale di Milano, altri colleghi che lo fanno molto bene, di sicuro meglio di quanto non possa farlo io.
Io parlo di cose del nostro territorio sia perché penso di conoscerle sufficientemente bene sia perché non penso che le cose di Verona siano così diverse, o non abbiano seri riferimenti, con quanto succede in tutta Italia. Anzi, credo che capire cose di Verona aiuti a capire meglio cose, che so, di Roma o di Palermo.
Per esempio tra il ponte sullo Stretto e il Tunnel sotto le Torricelle, sulle procedure, sulle aspettative che stanno nascendo, sugli interessi collegati, non c'è, forse, qualche parentela? Vediamo.
Se, di fronte alla fermissima intenzione del sindaco Tosi di proseguire velocemente alla assegnazione dei lavori per il tunnel, e relativi metri cubi di cemento di opere edilizie collaterali, alla società Technital, composta da costruttori veronesi.
Se, di fronte alla sua minaccia di mandare a casa tutto il Consiglio Comunale ove da parte di altre componenti della sua stessa maggioranza si continuasse a mettere ostacoli.
Se, esponenti di primo piano, sempre della sua maggioranza, dicono con tono minaccioso e con sottintesi non tanto limpidi (L'Arena di giovedì 16 aprile) “faccia pure ma sappia che gli chiederemo perché il piano Technital va bene”.
Se, due giorni dopo, in seguito ad una riunione notturna con il “mediatore” viceministro Brancher, inviato da Berlusconi, tutto si appiana e i contestatori di maggioranza, che due giorni prima annunciavano sfracelli, dicono addirittura che, per loro, le indicazioni favorevoli alla Technital “sono come la Bibbia”, non vi pare che le assonanze con le vicende politiche e amministrative del ponte sullo Stretto non siano poi tanto campate in aria?
Riparliamo ora di un altro grande progetto che si sta realizzando a Verona: quello della Passalacqua a Veronetta. Anche qui si tratta di metri cubi di cemento e ci sono novità.
Il progetto del Comune prevede 153 mila metri cubi di edificazione all'interno dell'area della Passalacqua e l'assessore dice che i nuovi metri cubi saranno molto meno di quelli già esistenti.
Legambiente ha osservato giustamente su “L'Arena” che i metri cubi esistenti sono quelli, a suo tempo, edificati dalla Nato, in pratica dagli americani, al di fuori da ogni pianificazione, contro ogni regola e senza tener conto dei vincoli monumentali (ci sono capannoni a ridosso del muro di Alberto della Scala) e che, perciò, dal punto di vista urbanistico, tali edificazioni dovrebbero essere non solo abbattute ma non dovrebbero neppure essere assunte e conteggiate come credito edilizio.
Cioè, a mo' d'esempio, supponiamo che qualcuno, anni fa, un prepotente, avesse costruito un condominio di sei piani in piazza Bra, naturalmente fuori da ogni regola. Passano un bel po' di anni e un Sindaco fa abbattere quel condominio di sei piani e, al suo posto, ne fa costruire, sempre in piazza Bra, uno di cinque dicendo: “vedete come sono bravo e rispettoso dell'ambiente e dei monumenti? Invece di sei piani, cinque. Meno metri cubi di prima; perché vi lamentate?“.
Per i nostri amministratori la logica dei metri cubi è questa ed è stringente e inoppugnabile.
Un ultimo argomento: forse ricorderete che un paio di settimane fa ho accennato al fatto che la chiesa dei S.S. Apostoli in corso Cavour presenta danni rilevanti alle strutture con molta probabilità dovuti agli scavi per un parcheggio sotterraneo effettuati nella piazzetta a ridosso della chiesa.
L'altro giorno la chiesa, antico monumento che avrebbe dovuto essere tutelato con il massimo riguardo, è stata dichiarata inagibile e i 1350 fedeli della parrocchia dovranno andare in un altra chiesa. I lavori di consolidamento dureranno parecchi mesi e la spesa ammonterà a circa un milione di euri. Il Comune, cioè noi, ne ha già dato 35 mila e ora il parroco spera nelle banche, ancora nel Comune, nella Regione e, naturalmente, nella Divina Provvidenza.
Per quest'ultima non ho voce in capitolo ma per gli altri soggetti, si, dato che i soldi del Comune, della Regione, e anche quelli delle Banche, sono sempre soldi nostri.
A pensarci bene pure quelli della Divina Provvidenza se pensiamo all'otto per mille e alle esenzioni ICI sulle proprietà commerciali della Chiesa.
Io sostenevo invece, e sostengo, che la chiesa dei S.S.Apostoli debba essere, si, risanata, ma che si debba accertare in fretta se, come è quasi certo, i danni siano collegati agli scavi, e una volta accertato ciò, i soldi li tiri fuori l'impresa, che è, guarda caso, la stessa del tunnel, o i committenti che hanno pensato di fare proprio lì i loro garage, e i soldi pubblici vadano in altre direzioni.
Con un milione di euri si può fare qualcosa per i senza tetto, per qualche famiglia in difficoltà, per i disoccupati o altro; non c'è che l'imbarazzo della scelta.
“L'Arena” di venerdì, scrivendo della inagibilità della chiesa, non menzionava più le possibili corresponsabilità dell'impresa. Già tutti assolti? Potenza dei metri cubi! Forse c'è di che preoccuparsi e sarà meglio insistere sull'argomento, per quel poco che contiamo.
Giorgio Bragaja
21 aprile 2009
19 aprile 2009
Intervento a Radio Popolare Verona - Pizzaiolo e rumeni (07 aprile 2009)
Un pizzaiolo tenta di violentare una ragazza sua dipendente, lei reagisce, scappa e, con il marito, lo denuncia ai carabinieri, Il pizzaiolo tenta di far mettere tutto a tacere ma la ragazza e il marito non ne vogliono sapere, lui, chiede un incontro, ci va con la pistola e, davanti al loro figlioletto di cinque anni, spara “vi ammazzo così vado in galera per qualcosa invece di farmi sette anni per la vostra denuncia”.
La ragazza muore, suo marito, ferito, si salva per miracolo (è un modo di dire).
L'omicida è un italiano le due vittime romeni, il luogo un paese della provincia di Verona. Il sindaco di questo paese dice in TV che, per fortuna, non ci sono state pallottole vaganti che avrebbero potuto colpire qualche passante. Per fortuna tutte a segno.
I giornali subito avanzano l'ipotesi di un ricatto da parte della coppia di romeni. Ipotesi subito smentita dai fatti. Solo una giornalista de “L'Arena”, racconta con chiarezza e indignazione, come sono andati veramente i fatti.
Ai funerali solo il Presidente della Provincia di Mantova, il responsabile della Caritas e il sacerdote della comunità ortodossa.
E' vero che la ragazza abitava con il marito in un paese della provincia di Mantova ai confini con la provincia di Verona, ma lei lavorava a Villafranca, Comune veronese, è stata uccisa a Mozzecane Comune veronese. Da Verona nessuna autorità, nessuna iniziativa di solidarietà, nessun gesto.
D'altra parte si può capire: le vittime sono romeni, lo sparatore siciliano, mica sono padani. Non sono cosa nostra.
Il Presidente della Provincia di Mantova ha detto: “ Mi ha indignato leggere sulla stampa nazionale che la coppia romena è stata colpita perchè voleva mettere in atto un ricatto e non perché ha reagito ad una violenza; a cittadinanze invertite chissà che cancan sarebbe venuto fuori ”. Così il Presidente della Provincia di Mantova. Altra stoffa.
E poi, via, perché meravigliarsi? Nei vicini Comuni veronesi, quasi tutti governati dalla Lega con i suoi alleati, negli uffici dei sindaci al posto del ritratto del Presidente della Repubblica Napolitano c'è quello di Bossi, si intitolano strade ai Dogi, alla Serenissima, ad Alberto da Giussano, al sacro fiume Po, a Miglio, al Sole delle Alpi, alla Padania. A Oppeano, lì vicino, con l'inaugurazione di una scultura in marmo raffigurante il leone di San Marco( el leon che magna el teron, costo 44 mila Euri) non si celebra la Liberazione il 25 Aprile ma il 26 e la liberazione che si celebra non è quella contro i nazisti ma è quella delle Pasque Veronesi del 1797 contro i giacobini, quelli delle famigerate Libertè, Egalitè, Fraternitè.
Così va il mondo per gli allegroni della Lega. Padania Felix. Felix per loro non per i disoccupati e cassintegrati che crescono drammaticamente.
In tanta nebbia ogni tanto c'è qualche scintilla di intelligenza e di solidarietà.
Il sindaco Tosi, tempo fa, aveva fatto smantellare le panchine nei giardini e le aveva sostituite con altre munite di dissuasori in ferro per impedire, a qualche povero diseredato, di sdraiarsi.
Subito erano intervenuti gruppi di giovani, auto nominatisi “ Beati i Costruttori di Panche “, che con tanto di attrezzi e di cartelli “Lavori in corso” e “ Stiamo lavorando per voi “, in un battibaleno, davanti ai cittadini incuriositi e in pieno giorno, avevano segato, con la fiamma ossidrica, tutti i dissuasori e, prima dell'arrivo della Polizia, restituito le panchine alla loro originaria, civile e accogliente, funzione.
Giorni fa, sempre l'instancabile sindaco, con tranquilla crudeltà burocratica, aveva mandato schiere di vigili, pare un po' recalcitranti, a sgomberare, con azione notturna, alcuni portici del centro storico dalla presenza di alcuni “storici”, e meno storici, barboni. Cioè ha voluto liberare il “salotto buono “ della città.
Senonché, senonché, i “Beati i Costruttori di Panche “ hanno cambiato nome in “ Beati Arredatori di Interni “ e, portando poltrone, divani, coperte ( tutto in buono stato) hanno arredato il cortile del Tribunale e il cortile Mercato Vecchio, a due passi da piazza delle Erbe.
Cioè, in pochi minuti, hanno costruito un salotto di buon gusto, accogliente, dotato di tutti i confort e a disposizione di tutti, ma soprattutto a disposizione di chi, secondo il sindaco, deve essere scacciato dalla città-vetrina perchè “aggressivo, fannullone, parassita e straniero” e in questo nuovo salotto hanno fatto accomodare i barboni, offrendo loro anche da mangiare e da bere, meritandosi pure la solidarietà della Caritas.
A volte basta poco per ridare un po' di speranza e non solo ai barboni. Perché, è vero, la cosa grande, straordinaria, in questi giorni, sono stati i tanti, tantissimi lavoratori e pensionati in piazza con il sindacato ma contano anche queste piccole cose che, poi, a pensarci bene, tanto piccole non sono.
Giorgio Bragaja
La ragazza muore, suo marito, ferito, si salva per miracolo (è un modo di dire).
L'omicida è un italiano le due vittime romeni, il luogo un paese della provincia di Verona. Il sindaco di questo paese dice in TV che, per fortuna, non ci sono state pallottole vaganti che avrebbero potuto colpire qualche passante. Per fortuna tutte a segno.
I giornali subito avanzano l'ipotesi di un ricatto da parte della coppia di romeni. Ipotesi subito smentita dai fatti. Solo una giornalista de “L'Arena”, racconta con chiarezza e indignazione, come sono andati veramente i fatti.
Ai funerali solo il Presidente della Provincia di Mantova, il responsabile della Caritas e il sacerdote della comunità ortodossa.
E' vero che la ragazza abitava con il marito in un paese della provincia di Mantova ai confini con la provincia di Verona, ma lei lavorava a Villafranca, Comune veronese, è stata uccisa a Mozzecane Comune veronese. Da Verona nessuna autorità, nessuna iniziativa di solidarietà, nessun gesto.
D'altra parte si può capire: le vittime sono romeni, lo sparatore siciliano, mica sono padani. Non sono cosa nostra.
Il Presidente della Provincia di Mantova ha detto: “ Mi ha indignato leggere sulla stampa nazionale che la coppia romena è stata colpita perchè voleva mettere in atto un ricatto e non perché ha reagito ad una violenza; a cittadinanze invertite chissà che cancan sarebbe venuto fuori ”. Così il Presidente della Provincia di Mantova. Altra stoffa.
E poi, via, perché meravigliarsi? Nei vicini Comuni veronesi, quasi tutti governati dalla Lega con i suoi alleati, negli uffici dei sindaci al posto del ritratto del Presidente della Repubblica Napolitano c'è quello di Bossi, si intitolano strade ai Dogi, alla Serenissima, ad Alberto da Giussano, al sacro fiume Po, a Miglio, al Sole delle Alpi, alla Padania. A Oppeano, lì vicino, con l'inaugurazione di una scultura in marmo raffigurante il leone di San Marco( el leon che magna el teron, costo 44 mila Euri) non si celebra la Liberazione il 25 Aprile ma il 26 e la liberazione che si celebra non è quella contro i nazisti ma è quella delle Pasque Veronesi del 1797 contro i giacobini, quelli delle famigerate Libertè, Egalitè, Fraternitè.
Così va il mondo per gli allegroni della Lega. Padania Felix. Felix per loro non per i disoccupati e cassintegrati che crescono drammaticamente.
In tanta nebbia ogni tanto c'è qualche scintilla di intelligenza e di solidarietà.
Il sindaco Tosi, tempo fa, aveva fatto smantellare le panchine nei giardini e le aveva sostituite con altre munite di dissuasori in ferro per impedire, a qualche povero diseredato, di sdraiarsi.
Subito erano intervenuti gruppi di giovani, auto nominatisi “ Beati i Costruttori di Panche “, che con tanto di attrezzi e di cartelli “Lavori in corso” e “ Stiamo lavorando per voi “, in un battibaleno, davanti ai cittadini incuriositi e in pieno giorno, avevano segato, con la fiamma ossidrica, tutti i dissuasori e, prima dell'arrivo della Polizia, restituito le panchine alla loro originaria, civile e accogliente, funzione.
Giorni fa, sempre l'instancabile sindaco, con tranquilla crudeltà burocratica, aveva mandato schiere di vigili, pare un po' recalcitranti, a sgomberare, con azione notturna, alcuni portici del centro storico dalla presenza di alcuni “storici”, e meno storici, barboni. Cioè ha voluto liberare il “salotto buono “ della città.
Senonché, senonché, i “Beati i Costruttori di Panche “ hanno cambiato nome in “ Beati Arredatori di Interni “ e, portando poltrone, divani, coperte ( tutto in buono stato) hanno arredato il cortile del Tribunale e il cortile Mercato Vecchio, a due passi da piazza delle Erbe.
Cioè, in pochi minuti, hanno costruito un salotto di buon gusto, accogliente, dotato di tutti i confort e a disposizione di tutti, ma soprattutto a disposizione di chi, secondo il sindaco, deve essere scacciato dalla città-vetrina perchè “aggressivo, fannullone, parassita e straniero” e in questo nuovo salotto hanno fatto accomodare i barboni, offrendo loro anche da mangiare e da bere, meritandosi pure la solidarietà della Caritas.
A volte basta poco per ridare un po' di speranza e non solo ai barboni. Perché, è vero, la cosa grande, straordinaria, in questi giorni, sono stati i tanti, tantissimi lavoratori e pensionati in piazza con il sindacato ma contano anche queste piccole cose che, poi, a pensarci bene, tanto piccole non sono.
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Zenti e Provolo (31 marzo 2009)
Qualche giorno fa, il 27 di questo mese, due giornali, l'edizione di Verona del “Corriere della Sera” e “Il Verona”, il quotidiano che si distribuisce gratuitamente e che si può trovare anche su Internet, davano la stessa notizia pur con titoli lievemente diversi. Sul Corriere: “Provolo, il vescovo indagato per diffamazione. Atto dovuto.” Su Il Verona: “ Caso Provolo, vescovo indagato sotto inchiesta per le sue parole”. I testi degli articoli erano pressochè uguali; si limitavano a dare la notizia correttamente, senza commenti.
La vicenda è quella, nota, dei reati sessuali che, secondo la denuncia di 67 ex allievi dell'Istituto per sordomuti Provolo e del responsabile della loro Associazione Giorgio Dalla Bernardina, sarebbero stati commessi, anni fa, da alcuni sacerdoti (tra cui anche alti prelati) e laici, sui giovani ospiti dell'Istituto.
Vicende che sarebbero terminate nel 1984 e, per questo, prescritte cioè non più perseguibili.
I due giornali riportavano alcune frasi del vescovo del tipo: “Sono convinto che si tratta di una grossa montatura fatta di menzogne e se il signor Dalla Bernardina voleva fare la guerra doveva corazzarsi e non usare la bicicletta da bersagliere e la baionetta” e “Questo teorema di accuse è una vendetta per non aver ottenuto quello che volevano cioè l'uso gratuito di alcune strutture dell'Istituto”.
Dalla Bernardina per queste dichiarazioni del vescovo si è sentito diffamato e ha sporto denuncia e ora il vescovo Zenti è indagato.
Se si dovesse arrivare al processo dubito che, benchè ci sia la prescrizione, non si parlerà anche dei fatti denunciati dai 67 ex allievi. La prescrizione, penso, riguarda la possibilità di arrivare a un processo e a condanne ma non la possibiltà di ricordare e parlare anche dei fatti che hanno portato alla denuncia per diffamazione.
Ma. come ha detto il Procuratore Schinaia, nessuna strumentalizzazione. Sono d'accordo e infatti se ho fatto riferimento alla vicenda Provolo, senza dare giudizi o fare commenti, è soltanto per mettere in risalto un fatto piuttosto grave che riguarda l'informazione o, meglio, la non informazione, a Verona.
Come ho detto all'inizio due, dei tre giornali veronesi, hanno dato la notizia del vescovo Zenti indagato.
Il terzo giornale no. E, il terzo giornale, è il più grosso, se non il più diffuso, è quello che si definisce, nella testata di prima pagina, ”Il giornale di Verona”, cioè il giornale “L'Arena”.
Non ne ha fatto parola. Ho scorso di nuovo i numeri dal 27 ad oggi: niente, non una riga che sia una riga.
Ora nel nostro Paese, nelle nostre città, le persone, le autorità che contano veramente per l'immaginario popolare, per il senso comune, sono due: il Sindaco e il Vescovo, esattamente come alcuni secoli fa. Del Presidente della Provincia, del Prefetto, i cittadini neanche se ne ricordano.
Ora su Tosi sindaco indagato, processato, è stato scritto e si scriverà. Meglio sarebbe scriverne anche di più. E sul vescovo no? E dire che ogni Domenica questo giornale,”L'Arena”, ci rifila colonne intere di banalità con le quali il vescovo ci da consigli per la nostra vita, indicazioni su come educare i nostri figli, come accudire gli anziani, come affrontare le difficoltà, gli studi, il lavoro, il sesso, il matrimonio...
E di questa persona, una delle due che più contano nella nostra città, di un fatto cosi importante che la riguarda, su “L'Arena” non una parola. E' informazione questa?
Una nota a margine: il giornale “Il Verona” di ieri, 30 marzo, riporta una notizia, anche questa interessante, e cioè di una lettera aperta scritta dal vescovo Giuseppe Zenti a Benedetto XVI sullo spinoso argomento della recente revoca, da parte del papa, della scomunica ai vescovi lefebvriani uno dei quali è il vescovo Richard Williamson, negazionista delle camere a gas; ha detto cioè che sono una montatura
Zenti, che si dichiara d'accordo con le spiegazioni date dal papa del perchè della revoca della scomunica , nella lettera fin troppo ossequiosa anche per un vescovo che si rivolge al suo papa, usa parole ed espressioni, anche letterariamente, un po' esagerate. Definisce il papa Maestro sicuro, cuore sensibilissimo, mente perspicace, Esperto Ammiraglio...Che siano verosimili le notizie di qualche tempo fa, dopo la vicenda Provolo, della possibilità di una sostituzione del vescovo e che il tono della lettera sia un tentativo per scongiurarla?
Giorgio Bragaja
La vicenda è quella, nota, dei reati sessuali che, secondo la denuncia di 67 ex allievi dell'Istituto per sordomuti Provolo e del responsabile della loro Associazione Giorgio Dalla Bernardina, sarebbero stati commessi, anni fa, da alcuni sacerdoti (tra cui anche alti prelati) e laici, sui giovani ospiti dell'Istituto.
Vicende che sarebbero terminate nel 1984 e, per questo, prescritte cioè non più perseguibili.
I due giornali riportavano alcune frasi del vescovo del tipo: “Sono convinto che si tratta di una grossa montatura fatta di menzogne e se il signor Dalla Bernardina voleva fare la guerra doveva corazzarsi e non usare la bicicletta da bersagliere e la baionetta” e “Questo teorema di accuse è una vendetta per non aver ottenuto quello che volevano cioè l'uso gratuito di alcune strutture dell'Istituto”.
Dalla Bernardina per queste dichiarazioni del vescovo si è sentito diffamato e ha sporto denuncia e ora il vescovo Zenti è indagato.
Se si dovesse arrivare al processo dubito che, benchè ci sia la prescrizione, non si parlerà anche dei fatti denunciati dai 67 ex allievi. La prescrizione, penso, riguarda la possibilità di arrivare a un processo e a condanne ma non la possibiltà di ricordare e parlare anche dei fatti che hanno portato alla denuncia per diffamazione.
Ma. come ha detto il Procuratore Schinaia, nessuna strumentalizzazione. Sono d'accordo e infatti se ho fatto riferimento alla vicenda Provolo, senza dare giudizi o fare commenti, è soltanto per mettere in risalto un fatto piuttosto grave che riguarda l'informazione o, meglio, la non informazione, a Verona.
Come ho detto all'inizio due, dei tre giornali veronesi, hanno dato la notizia del vescovo Zenti indagato.
Il terzo giornale no. E, il terzo giornale, è il più grosso, se non il più diffuso, è quello che si definisce, nella testata di prima pagina, ”Il giornale di Verona”, cioè il giornale “L'Arena”.
Non ne ha fatto parola. Ho scorso di nuovo i numeri dal 27 ad oggi: niente, non una riga che sia una riga.
Ora nel nostro Paese, nelle nostre città, le persone, le autorità che contano veramente per l'immaginario popolare, per il senso comune, sono due: il Sindaco e il Vescovo, esattamente come alcuni secoli fa. Del Presidente della Provincia, del Prefetto, i cittadini neanche se ne ricordano.
Ora su Tosi sindaco indagato, processato, è stato scritto e si scriverà. Meglio sarebbe scriverne anche di più. E sul vescovo no? E dire che ogni Domenica questo giornale,”L'Arena”, ci rifila colonne intere di banalità con le quali il vescovo ci da consigli per la nostra vita, indicazioni su come educare i nostri figli, come accudire gli anziani, come affrontare le difficoltà, gli studi, il lavoro, il sesso, il matrimonio...
E di questa persona, una delle due che più contano nella nostra città, di un fatto cosi importante che la riguarda, su “L'Arena” non una parola. E' informazione questa?
Una nota a margine: il giornale “Il Verona” di ieri, 30 marzo, riporta una notizia, anche questa interessante, e cioè di una lettera aperta scritta dal vescovo Giuseppe Zenti a Benedetto XVI sullo spinoso argomento della recente revoca, da parte del papa, della scomunica ai vescovi lefebvriani uno dei quali è il vescovo Richard Williamson, negazionista delle camere a gas; ha detto cioè che sono una montatura
Zenti, che si dichiara d'accordo con le spiegazioni date dal papa del perchè della revoca della scomunica , nella lettera fin troppo ossequiosa anche per un vescovo che si rivolge al suo papa, usa parole ed espressioni, anche letterariamente, un po' esagerate. Definisce il papa Maestro sicuro, cuore sensibilissimo, mente perspicace, Esperto Ammiraglio...Che siano verosimili le notizie di qualche tempo fa, dopo la vicenda Provolo, della possibilità di una sostituzione del vescovo e che il tono della lettera sia un tentativo per scongiurarla?
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Uova marce e SS Apostoli (24 marzo 2009)
Una sera di quattro anni fa la televisione rovinò la cena di milioni di italiani facendo vedere bidoni colmi di liquame putrescente composto da uova marce, cadaveri di pulcini, parassiti vari ed altre schifezze che venivano comperati da molte industrie alimentari per produrre panettoni, pandori, merendine per bambini, tortellini, colombe pasquali e altri cibi.
Rifiuti maleodoranti al posto di uova fresche. La Guardia di Finanza e i Carabinieri intervennero con decisione e alcuni industriali furono arrestati, altri indagati. Anche alcuni veronesi.
Scrissi allora su alcuni giornali che le confezioni di generi alimentari negli scaffali dei supermecati e nei negozi, nella stragrande maggioranza dei casi, riportavano tra gli ingredienti la indicazione generica “uova” che può significare tutto e il peggio di tutto, e non quella più chiara e, sembra, più rassicurante, “uova fresche”.
Aggiungevo che. mentre venivano resi noti i nomi dei venditori di quei bidoni contenenti quelle schifezze, restavano nel buio più completo i nomi di quegli imprenditori che con quella immondizia impastavano panettoni, gelati, pandori, tortellini, merendine ecc. e li mettevano sul mercato e che ai cittadini proprio questo interessava: cioè sapere cosa compravano e portavano sulla loro tavola.
Non ci fu niente da fare. I nomi dei fabbricanti di quei cibi schifosi non furono mai resi noti, non vennero mai pubblicati nemmeno dalle riviste nazionali delle Associazioni dei consumatori alle quali anche mi rivolsi.
Aggiungevo ancora che una sola grande azienda dolciaria, la Bauli, aveva sentito il lodevole obbligo di rassicurare i consumatori, con un inserto pubblicitario in televisione, con il quale assicurava che nei suoi prodotti venivano usate solo uova fresche.
Perchè ne parlo ancora? Perchè apprendiamo in questi giorni dalla stampa che la vicenda delle uova marce tra ricorsi, tempo trascorso, ecc. sta finendo in nulla sia perchè i venditori di quei bidoni “non erano consapevoli di partecipare ad una associazione per delinquere” sia perchè, e qui siamo all'incredibile, “gli acquirenti finali erano IGNARI della natura della materia acquistata con la quale realizzavano il prodotto”!
Ma quando versavano nell'impastatrice le nefandezze contenute in quei bidoni, la puzza, prima di neutralizzarla con altre porcherie, non la sentivano?
Forse si tappavano il naso ma, più probabilmente, non ci facevano caso perchè la puzza nei loro prodotti era un ingrediente “normale”.
Normale è anche che a rimetterci sia, come sempre, l'ultima ruota del carro. In questo caso i consumatori.
Ora vediamo come si tutelano, anzi come non si tutelano, i nostri monumenti e come non si tutela no pure i soldi dei cittadini.
L'abbiamo ricordato un paio di settimane fa qui a Radiopopolare: l'antichissima chiesa dei Santi Apostoli in corso Cavour, sta perdendo i pezzi perchè, lì vicino e lì sotto, stanno scavando per fare un parcheggio sotterraneo.
La relazione tra causa (scavo) ed effetto (crolli) è di una evidenza tale che solo la ditta che sta scavando ha il coraggio di negarla. E, secondo me, dovrebbe essere altrettanto evidente che “chi rompe paga”.
E invece no. Il Comune ha già sborsato 35 mila euri perle prime riparazioni e sta invitando tutti i cittadini ad una sottoscrizione per salvare la chiesa e si oraganizzano anche concerti per raccogliere fondi.
Io penso, e propongo, che ci si debba muovere in tutt'altra maniera: non sborsare neppure un euro di danaro pubblico e, anzi, farsi restituire quello già dato se è stato dato (del che dubito) e il parroco e la Diocesi facciano denuncia e la Procura inizi una indagine per danneggiamento di bene pubblico e si pretenda il risarcimento da chi ha provocato il danno e cioè, oltre che dalla ditta costruttice, anche dai titolari dei singoli garage, cioè dai committenti, e da quei consiglieri comunali che, a suo tempo, hanno votato il dissennato piano dei parcheggi sotterranei in pieno centro storico, centro storico nel quale tutti sanno, o dovrebbero sapere, che è meglio non mettere le mani.
Giorgio Bragaja
Rifiuti maleodoranti al posto di uova fresche. La Guardia di Finanza e i Carabinieri intervennero con decisione e alcuni industriali furono arrestati, altri indagati. Anche alcuni veronesi.
Scrissi allora su alcuni giornali che le confezioni di generi alimentari negli scaffali dei supermecati e nei negozi, nella stragrande maggioranza dei casi, riportavano tra gli ingredienti la indicazione generica “uova” che può significare tutto e il peggio di tutto, e non quella più chiara e, sembra, più rassicurante, “uova fresche”.
Aggiungevo che. mentre venivano resi noti i nomi dei venditori di quei bidoni contenenti quelle schifezze, restavano nel buio più completo i nomi di quegli imprenditori che con quella immondizia impastavano panettoni, gelati, pandori, tortellini, merendine ecc. e li mettevano sul mercato e che ai cittadini proprio questo interessava: cioè sapere cosa compravano e portavano sulla loro tavola.
Non ci fu niente da fare. I nomi dei fabbricanti di quei cibi schifosi non furono mai resi noti, non vennero mai pubblicati nemmeno dalle riviste nazionali delle Associazioni dei consumatori alle quali anche mi rivolsi.
Aggiungevo ancora che una sola grande azienda dolciaria, la Bauli, aveva sentito il lodevole obbligo di rassicurare i consumatori, con un inserto pubblicitario in televisione, con il quale assicurava che nei suoi prodotti venivano usate solo uova fresche.
Perchè ne parlo ancora? Perchè apprendiamo in questi giorni dalla stampa che la vicenda delle uova marce tra ricorsi, tempo trascorso, ecc. sta finendo in nulla sia perchè i venditori di quei bidoni “non erano consapevoli di partecipare ad una associazione per delinquere” sia perchè, e qui siamo all'incredibile, “gli acquirenti finali erano IGNARI della natura della materia acquistata con la quale realizzavano il prodotto”!
Ma quando versavano nell'impastatrice le nefandezze contenute in quei bidoni, la puzza, prima di neutralizzarla con altre porcherie, non la sentivano?
Forse si tappavano il naso ma, più probabilmente, non ci facevano caso perchè la puzza nei loro prodotti era un ingrediente “normale”.
Normale è anche che a rimetterci sia, come sempre, l'ultima ruota del carro. In questo caso i consumatori.
Ora vediamo come si tutelano, anzi come non si tutelano, i nostri monumenti e come non si tutela no pure i soldi dei cittadini.
L'abbiamo ricordato un paio di settimane fa qui a Radiopopolare: l'antichissima chiesa dei Santi Apostoli in corso Cavour, sta perdendo i pezzi perchè, lì vicino e lì sotto, stanno scavando per fare un parcheggio sotterraneo.
La relazione tra causa (scavo) ed effetto (crolli) è di una evidenza tale che solo la ditta che sta scavando ha il coraggio di negarla. E, secondo me, dovrebbe essere altrettanto evidente che “chi rompe paga”.
E invece no. Il Comune ha già sborsato 35 mila euri perle prime riparazioni e sta invitando tutti i cittadini ad una sottoscrizione per salvare la chiesa e si oraganizzano anche concerti per raccogliere fondi.
Io penso, e propongo, che ci si debba muovere in tutt'altra maniera: non sborsare neppure un euro di danaro pubblico e, anzi, farsi restituire quello già dato se è stato dato (del che dubito) e il parroco e la Diocesi facciano denuncia e la Procura inizi una indagine per danneggiamento di bene pubblico e si pretenda il risarcimento da chi ha provocato il danno e cioè, oltre che dalla ditta costruttice, anche dai titolari dei singoli garage, cioè dai committenti, e da quei consiglieri comunali che, a suo tempo, hanno votato il dissennato piano dei parcheggi sotterranei in pieno centro storico, centro storico nel quale tutti sanno, o dovrebbero sapere, che è meglio non mettere le mani.
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Ronde, Tosi e Rai 2 (17 marzo 2009)
Qualche giorno fa la nostra città è stata la sede di una trasmissione televisiva di Rai 2 intitolata “Insieme sul 2”. In piazza Bra, in via Cappello, in piazza Erbe, durante i due giorni di trasmissione personaggi noti e meno noti di Verona sono stati intervistati su aspetti particolari della vita della nostra città. Il momento più interessante però è stato l'ultimo giorno, giovedi, quando il sindaco Tosi, accompagnato da una ronda, si è presentato davanti alle telecamere per illustrare la decisione di istituire le ronde cittadine.
La conduttrice della trasmissione aveva scelto il punto forse più bello di piazza Erbe, lo slargo vicino all'arco della Costa che si affaccia su piazza dei Signori.
La mattinata era magnifica, il sole invernale tiepido e luminoso, l'aria pulita e un bel po' di gente ferma a guardare e Tosi davanti alle telecamere, a dire il perchè e il come era bene aver istituito le ronde e che Verona era stata addirittura la prima e che tutti la stavano copiando e che i quartieri erano più sicuri e che la città gli era grata.
E a dimostrazione di quanto fosse buona, aperta, tollerante ben lontana da ogni forma di razzismo la sua Giunta comunale mise bene in evidenza la composizione della ronda che aveva portato con sé: una ronda composta da tre uomini: uno, in mezzo, di pelle bianca, piccolino, un po' vecchietto, con i pochi capelli tutti bianchi, un po' misero e due, ai suoi fianchi, di pelle nerissima, alti, robusti, prestanti, due marcantoni che lo sovrastavano.
Come a dire: vedete? altro che razzisti io e la mia Giunta e il mio ministro Maroni!
Queste sono le ronde a Verona! Più extracomunitari che veronesi. Più neri che bianchi.
Dicono, i bene informati, che Tosi non parli, non si muova, non si atteggi, non decida nemmeno che vestiti mettersi, cioè non muova foglia, senza che il suo capo ufficio stampa, un signore che si chiama Bolis, non voglia.
Se è così, quella mattina, il suo suggeritore, il suo capo ufficio stampa, ha sbagliato: ha esagerato.
Troppo evidente, infatti, la messa in scena. Volgare, indecente, umiliante per i protagonisti e per gli spettatori: uno sberleffo rozzo, controproducente perchè, appunto, troppo evidente la messa in scena. Tanto evidente che, secondo me, ha messo in moto, in chi guardava, un meccanismo mentale elementare e cioè questo: ma e allora? gli altri fatti: le graduatorie discriminatorie per la casa, gli sgomberi di poveri disgraziati, le panchine con i dissuasori, le complicità con gli estremisti di destra di Forza Nuova? Sono invenzioni? Tutte invenzioni?
E l'incursione in contrada La Rizza, a un paio di chilometri da piazza Erbe, durante la quale sono stati schedati con foto segnaletiche, decine di rom, cittadini veronesi da decenni, compresi alcuni minorenni, fotografati con un cartello in mano indicante cognome, nome e data di nascita e numero progressivo, nonostante fossero in possesso delle carte di identità, sono bugie anche se riportate da tutti i giornali e con tanto di denuncia alla Procura fatta dal sacerdote che seguiva i rom e le loro famiglie?
E i lavoratori stagionali extracomunitari ( ma anche comunitari come i rumeni) sfruttati, in nero, fin che servono, in agricoltura e nelle altre lavorazioni più dure, e poi cacciati via oltre confine? Sono bugie?
Le dure critiche della Caritas, dei comboniani, del Comitato “Verona città aperta” e di altre associazioni, laiche e cattoliche, sono, per caso, campate in aria?
Tutto inventato? Non è possibile! E, se non è possibile, come non è possibile, che queste siano tutte bugie, allora sono bugie le trovate di Tosi e del suo suggeritore.
Forse questo ragionamento, questo meccanismo mentale, sta cominciando a farsi strada, a scavare anche nelle teste dei veronesi che hanno votato Tosi. Forse qualcuno di loro sta già cominciando a capire che si parla tanto di ronde, inutili e ridicole, per non parlare di precariato, di costo della vita, di lavoratori comunali a rischio, di servizi pubblici privatizzati, di cementificazione del territorio e di banche rapinatrici.
Per finire un particolare che aiuta a capire meglio il personaggio e i suoi amici: mentre il sindaco Tosi, spavaldo e sorridente, attorniato da vigili e guardie, presentava la ronda, la sua ronda bianconera, il suo imponente macchinone, per tutto il tempo dell'intervista, quasi un' ora, è rimasto, ostentatamente, in sosta vietata, in curva e quasi in mezzo alla strada, vicino a palazzo Maffei. L'hanno fotografato.
Giorgio Bragaja
La conduttrice della trasmissione aveva scelto il punto forse più bello di piazza Erbe, lo slargo vicino all'arco della Costa che si affaccia su piazza dei Signori.
La mattinata era magnifica, il sole invernale tiepido e luminoso, l'aria pulita e un bel po' di gente ferma a guardare e Tosi davanti alle telecamere, a dire il perchè e il come era bene aver istituito le ronde e che Verona era stata addirittura la prima e che tutti la stavano copiando e che i quartieri erano più sicuri e che la città gli era grata.
E a dimostrazione di quanto fosse buona, aperta, tollerante ben lontana da ogni forma di razzismo la sua Giunta comunale mise bene in evidenza la composizione della ronda che aveva portato con sé: una ronda composta da tre uomini: uno, in mezzo, di pelle bianca, piccolino, un po' vecchietto, con i pochi capelli tutti bianchi, un po' misero e due, ai suoi fianchi, di pelle nerissima, alti, robusti, prestanti, due marcantoni che lo sovrastavano.
Come a dire: vedete? altro che razzisti io e la mia Giunta e il mio ministro Maroni!
Queste sono le ronde a Verona! Più extracomunitari che veronesi. Più neri che bianchi.
Dicono, i bene informati, che Tosi non parli, non si muova, non si atteggi, non decida nemmeno che vestiti mettersi, cioè non muova foglia, senza che il suo capo ufficio stampa, un signore che si chiama Bolis, non voglia.
Se è così, quella mattina, il suo suggeritore, il suo capo ufficio stampa, ha sbagliato: ha esagerato.
Troppo evidente, infatti, la messa in scena. Volgare, indecente, umiliante per i protagonisti e per gli spettatori: uno sberleffo rozzo, controproducente perchè, appunto, troppo evidente la messa in scena. Tanto evidente che, secondo me, ha messo in moto, in chi guardava, un meccanismo mentale elementare e cioè questo: ma e allora? gli altri fatti: le graduatorie discriminatorie per la casa, gli sgomberi di poveri disgraziati, le panchine con i dissuasori, le complicità con gli estremisti di destra di Forza Nuova? Sono invenzioni? Tutte invenzioni?
E l'incursione in contrada La Rizza, a un paio di chilometri da piazza Erbe, durante la quale sono stati schedati con foto segnaletiche, decine di rom, cittadini veronesi da decenni, compresi alcuni minorenni, fotografati con un cartello in mano indicante cognome, nome e data di nascita e numero progressivo, nonostante fossero in possesso delle carte di identità, sono bugie anche se riportate da tutti i giornali e con tanto di denuncia alla Procura fatta dal sacerdote che seguiva i rom e le loro famiglie?
E i lavoratori stagionali extracomunitari ( ma anche comunitari come i rumeni) sfruttati, in nero, fin che servono, in agricoltura e nelle altre lavorazioni più dure, e poi cacciati via oltre confine? Sono bugie?
Le dure critiche della Caritas, dei comboniani, del Comitato “Verona città aperta” e di altre associazioni, laiche e cattoliche, sono, per caso, campate in aria?
Tutto inventato? Non è possibile! E, se non è possibile, come non è possibile, che queste siano tutte bugie, allora sono bugie le trovate di Tosi e del suo suggeritore.
Forse questo ragionamento, questo meccanismo mentale, sta cominciando a farsi strada, a scavare anche nelle teste dei veronesi che hanno votato Tosi. Forse qualcuno di loro sta già cominciando a capire che si parla tanto di ronde, inutili e ridicole, per non parlare di precariato, di costo della vita, di lavoratori comunali a rischio, di servizi pubblici privatizzati, di cementificazione del territorio e di banche rapinatrici.
Per finire un particolare che aiuta a capire meglio il personaggio e i suoi amici: mentre il sindaco Tosi, spavaldo e sorridente, attorniato da vigili e guardie, presentava la ronda, la sua ronda bianconera, il suo imponente macchinone, per tutto il tempo dell'intervista, quasi un' ora, è rimasto, ostentatamente, in sosta vietata, in curva e quasi in mezzo alla strada, vicino a palazzo Maffei. L'hanno fotografato.
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Passalacqua (10 marzo 2009)
In questi giorni si torna a parlare con insistenza della caserma Passalacqua perchè la Giunta ne sta decidendo il futuro.
La Passalacqua è situata in pieno centro storico, occupa, con i suoi 180 mila metri quadri, un terzo dell'intero quartiere di Veronetta, quartiere diviso solo da un ponte da piazza Erbe e piazza dei Signori.
La caserma era, dal dopoguerra, una sede Nato. Nel 1999 cioè 10 anni fa, decisero che dovesse avanzare di grado, dovesse, cioè, diventare la sede del più importante comando Nato del nord-europa.
La stragrande maggioranza del Consiglio Comunale di allora, sindaca Sironi con la sua Giunta di centro destra e altri, Lega compresa, si dichiararono entusiasti per questa decisione perchè “grande occasione per Verona, 500 famiglie di soldati americani, inglesi ecc. ben pagati avrebbero portato benessere a tutti”.
I contrari in Consiglio Comunale, cioè coloro che, invece, volevano quello spazio per il quartiere, per la città, così, come in altre occasioni, si contarono con le dita di una sola mano .La partita sembrava irrimediabilmente persa.
Fortunatamente, però si era costituito un Comitato di cittadini che in pochi mesi, coinvolgendo personalità del mondo della cultura ma, soprattutto tanti e tanti cittadini (in pochissimo tempo vennero raccolte più di 5000 firme) riuscì a capovolgere la situazione.
Per mesi, instancabilmente, circondarono il Municipio durante le sedute del Consiglio Comunale,mandarono delegazioni, organizzarono dibattiti e conferenze stampa, incontri con parlamentari finchè la maggioranza del Consiglio Comunale filo Nato alzò le mani, si arrese e la Passalacqua divenne patrimonio della città.
Fu uno degli eventi più autenticamente e profondamente democratici vissuti da Verona negli ultimi decenni.
Ne parlarono tutti i giornali nazionali.
Il giornale “L'Arena”che nel sottotitolo si definisce “Il giornale dei veronesi” dedicando, in questi giorni, paginate intere alla vicenda della Passalacqua non stampa una riga per dire come, perchè, ,quando, la caserma diventò veronese, chi furono, di quella vicenda, i protagonisti. Evidentemente per il direttore de “L'Arena” e per i suoi giornalisti le migliaia di cittadini che si impegnarono e ottennero quel risultato straordinario non erano veronesi. Solo uno studente del consiglio di amministrazione dell'Università, scrivendo una lettera al giornale, ha ricordato il “benemerito comitato”.
Ora, in questi giorni, stanno,in pratica, decidendo cosa farne della caserma: propongono, naturalmente, grandi spazi per l'Università, naturamente un grande parcheggio, due campi per il rugby, due palestre, naturalmente case, una piastra polivalente (non si sa cosa sia), altri impianti sportivi....Con la nuova legge e il condono preventivo proposto in questi giorni dal governo Berlusconi la benemerita associazione dei Costruttori Mazzi, Marani e sodali, sta brindando a champagne.
Già l'area di Alte San Nazaro, nel cuore del quartiere, con abitazioni popolari ora abbattute e sostituite con residenze di lusso, è stato già un duro colpo.
Con questa ultima legge si potranno aumentare del 20% tutte le cubature di tutti gli edifici residenziali esistenti e della stessa quantità le aree coperte dagli edifici con altra destinazione. Si potranno demolire e ricostruire con il 30% in più gli edifici costruiti prima del 1989. Tutto questo in deroga e contro i Piani Regolatori e ai pareri degli uffici comunali; basta la certificazione di un tecnico qualsiasi, magari quello della stessa impresa che vuol costruire. Una follia.
La Passalacqua che fine farà con questa legge e con questi amministratori pubblici se nessuno interviene?
Con il Trattato di Luneville del 1801 Verona venne divisa in due: la destra Adige, piazza Erbe, piazza dei Signori ecc, il salotto, ai francesi, la sinistra Adige, San Tommaso ecc. agli austriaci e questa parte fu chiamata dai soldati di Napoleone, un po' sprezzantemente, Veronette.
Veronetta è un quartiere abituato ad assere dimenticato e ad essere ritenuto di seconda categoria e, stretto, come è, tra presenze importanti e invasive: le proprietà ecclesiastiche e militari (non c'è solo la Passalacqua) l'Università che è rimasta un corpo autonomo e separato, e anche la presenza crescente di cittadini stranieri, per l'assenza di un intervento positivo delle istituzioni pubbliche, è percepita da molti come invasione e sottrazione di spazi. Gli stranieri conducono una vita separata, i loro negozi e i luoghi di incontro sono ancora isole separate nel tessuto urbano di Veronetta.
Il Comitato scriveva, dieci anni fa : “Una scelta, per la Passalacqua, che apparisse di second'ordine rispetto a quella prevalente e prestigiosa a favore dell'Università sarebbe l'ennesimo rifiuto di comprendere i bisogni di un quartiere, complesso ma vitale, che potrebbe trasformarsi, grazie ad un sapiente intervento, in un laboratorio avanzato di convivenza civile e di partecipazione”.
Oggi il destino della Passalacqua può diventare il destino di Veronetta.
Ci sono ancora, in qualche luogo,in qualche strada, in qualche circolo, in qualche osteria di Veronetta quei cittadini di dieci anni fa? Se ci sono sarebbe un bene per tutti che si facessero sentire.
Giorgio Bragaja
La Passalacqua è situata in pieno centro storico, occupa, con i suoi 180 mila metri quadri, un terzo dell'intero quartiere di Veronetta, quartiere diviso solo da un ponte da piazza Erbe e piazza dei Signori.
La caserma era, dal dopoguerra, una sede Nato. Nel 1999 cioè 10 anni fa, decisero che dovesse avanzare di grado, dovesse, cioè, diventare la sede del più importante comando Nato del nord-europa.
La stragrande maggioranza del Consiglio Comunale di allora, sindaca Sironi con la sua Giunta di centro destra e altri, Lega compresa, si dichiararono entusiasti per questa decisione perchè “grande occasione per Verona, 500 famiglie di soldati americani, inglesi ecc. ben pagati avrebbero portato benessere a tutti”.
I contrari in Consiglio Comunale, cioè coloro che, invece, volevano quello spazio per il quartiere, per la città, così, come in altre occasioni, si contarono con le dita di una sola mano .La partita sembrava irrimediabilmente persa.
Fortunatamente, però si era costituito un Comitato di cittadini che in pochi mesi, coinvolgendo personalità del mondo della cultura ma, soprattutto tanti e tanti cittadini (in pochissimo tempo vennero raccolte più di 5000 firme) riuscì a capovolgere la situazione.
Per mesi, instancabilmente, circondarono il Municipio durante le sedute del Consiglio Comunale,mandarono delegazioni, organizzarono dibattiti e conferenze stampa, incontri con parlamentari finchè la maggioranza del Consiglio Comunale filo Nato alzò le mani, si arrese e la Passalacqua divenne patrimonio della città.
Fu uno degli eventi più autenticamente e profondamente democratici vissuti da Verona negli ultimi decenni.
Ne parlarono tutti i giornali nazionali.
Il giornale “L'Arena”che nel sottotitolo si definisce “Il giornale dei veronesi” dedicando, in questi giorni, paginate intere alla vicenda della Passalacqua non stampa una riga per dire come, perchè, ,quando, la caserma diventò veronese, chi furono, di quella vicenda, i protagonisti. Evidentemente per il direttore de “L'Arena” e per i suoi giornalisti le migliaia di cittadini che si impegnarono e ottennero quel risultato straordinario non erano veronesi. Solo uno studente del consiglio di amministrazione dell'Università, scrivendo una lettera al giornale, ha ricordato il “benemerito comitato”.
Ora, in questi giorni, stanno,in pratica, decidendo cosa farne della caserma: propongono, naturalmente, grandi spazi per l'Università, naturamente un grande parcheggio, due campi per il rugby, due palestre, naturalmente case, una piastra polivalente (non si sa cosa sia), altri impianti sportivi....Con la nuova legge e il condono preventivo proposto in questi giorni dal governo Berlusconi la benemerita associazione dei Costruttori Mazzi, Marani e sodali, sta brindando a champagne.
Già l'area di Alte San Nazaro, nel cuore del quartiere, con abitazioni popolari ora abbattute e sostituite con residenze di lusso, è stato già un duro colpo.
Con questa ultima legge si potranno aumentare del 20% tutte le cubature di tutti gli edifici residenziali esistenti e della stessa quantità le aree coperte dagli edifici con altra destinazione. Si potranno demolire e ricostruire con il 30% in più gli edifici costruiti prima del 1989. Tutto questo in deroga e contro i Piani Regolatori e ai pareri degli uffici comunali; basta la certificazione di un tecnico qualsiasi, magari quello della stessa impresa che vuol costruire. Una follia.
La Passalacqua che fine farà con questa legge e con questi amministratori pubblici se nessuno interviene?
Con il Trattato di Luneville del 1801 Verona venne divisa in due: la destra Adige, piazza Erbe, piazza dei Signori ecc, il salotto, ai francesi, la sinistra Adige, San Tommaso ecc. agli austriaci e questa parte fu chiamata dai soldati di Napoleone, un po' sprezzantemente, Veronette.
Veronetta è un quartiere abituato ad assere dimenticato e ad essere ritenuto di seconda categoria e, stretto, come è, tra presenze importanti e invasive: le proprietà ecclesiastiche e militari (non c'è solo la Passalacqua) l'Università che è rimasta un corpo autonomo e separato, e anche la presenza crescente di cittadini stranieri, per l'assenza di un intervento positivo delle istituzioni pubbliche, è percepita da molti come invasione e sottrazione di spazi. Gli stranieri conducono una vita separata, i loro negozi e i luoghi di incontro sono ancora isole separate nel tessuto urbano di Veronetta.
Il Comitato scriveva, dieci anni fa : “Una scelta, per la Passalacqua, che apparisse di second'ordine rispetto a quella prevalente e prestigiosa a favore dell'Università sarebbe l'ennesimo rifiuto di comprendere i bisogni di un quartiere, complesso ma vitale, che potrebbe trasformarsi, grazie ad un sapiente intervento, in un laboratorio avanzato di convivenza civile e di partecipazione”.
Oggi il destino della Passalacqua può diventare il destino di Veronetta.
Ci sono ancora, in qualche luogo,in qualche strada, in qualche circolo, in qualche osteria di Veronetta quei cittadini di dieci anni fa? Se ci sono sarebbe un bene per tutti che si facessero sentire.
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Traforo e Bar Posta (03 marzo 2009)
Dopo un primo esame la Giunta Tosi ha pensato che il miglior progetto per il traforo sotto le Torricelle sia quello presentato dalla Technital, progetto che prevede la possibilità , all'entrata e alle uscite, della costruzione di centri commerciali, officine, autogrill, alberghi, centri residenziali.
La Technital è costituita da costruttori e imprenditori veronesi noti alle cronache per tanti motivi ma, certo, non per i loro interessi ambientalisti e sociali.
Secondo il Comitato che, da anni con pochi mezzi, ma con grande determinazione si oppone al traforo,“ Technital, a Verona, significa Mazzi e Mazzi è colui (con Brendolan, quello dei centri commerciali Famila) che ha avuto il favore da Tosi di costruire il centro commerciale alle ex cartiere con torri più alte di quella di piazza Erbe, è quello che avrebbe voluto spostare lo stadio, è quello che ha partecipazioni nella autostrada A4 etc etc...”. E l'autostrada A4 sarà collegata, naturalmente, con il traforo.
Il traforo, da Quinto di Valpantena all'Adige, in parte sotterraneo e in parte in trincea a cielo aperto, sventrerebbe la collina che fa da sfondo scenografico alla città e che ne è il polmone verde, porterebbe inquinamento, non risolverebbe il problema del traffico e, consentendo anche il transito dei camion e TIR, comporterebbe elementi di pericolosità, Costerebbe moltissimo (e il denaro viene sempre dalle nostre tasche) e imporrebbe pedaggi agli utenti.
C'è, da fare, subito una considerazione: in un Paese dalle norme e dalle regole un po' così, un po' ballerine come il nostro, i progetti, tutti i progetti, quasi sempre, vengono poi modificati, con le famigerate “varianti in corso d'opera” con le più fantasiose motivazioni: supposte necessità tecniche, ostacoli imprevisti anche se facilmente prevedibili, urgenze economiche improvvise...cosicchè magari invece di una sola uscita intermedia ne faranno due con relative strutture di contorno : autogrill etc. oppure invece che sotterraneo occorrerà farne un tratto in più in superficie perchè si scopre che il terreno in quel posto non sopporta scavi profondi e non si sa mai cosa può succedere. In questo campo ne ho visto di tutti i colori.
Per queste considerazioni il rilievo che fa il Comitato e cioè che un altro progetto, non considerato favorevolmente dalla Giunta, che prevederebbe un tracciato tutto sotterraneo, sarebbe “meno peggio”, mi spinge a dire che in questo caso, nel caso del traforo sotto le Torricelle, non esiste il “meno peggio” perchè è l'idea stessa del traforo che è folle perchè va contro ogni idea positiva di futuro per la nostra città, perchè è un'idea vecchia, perchè è dettata solo dall'incapacità di programmare seriamente la vita collettiva dei veronesi per i prossimi decenni, perchè è non solo estranea a una cultura del paesaggio e dell'ambiente e dei trasporti, ma è estranea alla cultura senza aggettivi e definizioni. Ma questo è, certamente, anche il pensiero del Comitato e mi auguro che l'assemblea di venerdi prossimo a Parona abbia il meritato successo.
Un amara considerazione: non è stata solo la Giunta Tosi a portare avanti l'idea del traforo ma questa funesta idea ha attraversato, con più o meno convinzione, tutte le giunte degli utimi quindici /ventanni. Gli oppositori, in Consiglio Comunale, si contavano, di volta in volta, con le dita di una sola mano.
Ora,brevemente, un altro argomento. Il tribunale del riesame, il tribunale che deve confermare o meno i reati formulati dopo le indagini, ha deciso che nel caso dell'aggressione al bar Posta, finita con il ferimento di una ragazza, non si ravviserebbe la motivazione razzista perchè, dicono i giudici, è pur vero che gli aggressori inneggiavano al nazismo ma la filastrocca che cantavano un attimo prima, con i neri selvaggi che cuociono in pentola l'uomo bianco, si canta anche negli asili nido e nelle scuole materne.
A parte il fatto che, se è cosi, forse sarebbe il caso di rivedere i programmi delle scuole materne e dgli asili nido, ma per i giudici del tribunale del riesame, è la stessa cosa se quella filastrocca la cantano dei bambini di tre o quattro anni o se, invece, la cantano degli adulti, già noti per violenze e aggressioni, e che subito dopo spaccano la faccia ad una ragazza con un pesante portacenere di vetro solo perchè questa diceva di smettere?
Un detto veneto recita così: “Venesiani gran signori, padovani gran dotori, vicentini magnagati, veronesi tuti mati”. L'allegra follia dei veronesi era attribuita alle folate di aria fresca e frizzante che, scendendo dalle cime del monte Baldo, stimolavano l'umore dei cittadini.
Il clima, non solo quello meteorologico, è cambiato; è come se dal monte Baldo non scendesse più quell'aria pulita e profumata ma solo un refolo umidiccio e sonnolento e l'allegra follia dei veronesi, se mai c'è stata, è diventata, per la maggioranza dei miei concittadini, pigra assueffazione all'esistente. Da allegri matti a spettatori passivi e un po' incattiviti.
Giorgio Bragaja
La Technital è costituita da costruttori e imprenditori veronesi noti alle cronache per tanti motivi ma, certo, non per i loro interessi ambientalisti e sociali.
Secondo il Comitato che, da anni con pochi mezzi, ma con grande determinazione si oppone al traforo,“ Technital, a Verona, significa Mazzi e Mazzi è colui (con Brendolan, quello dei centri commerciali Famila) che ha avuto il favore da Tosi di costruire il centro commerciale alle ex cartiere con torri più alte di quella di piazza Erbe, è quello che avrebbe voluto spostare lo stadio, è quello che ha partecipazioni nella autostrada A4 etc etc...”. E l'autostrada A4 sarà collegata, naturalmente, con il traforo.
Il traforo, da Quinto di Valpantena all'Adige, in parte sotterraneo e in parte in trincea a cielo aperto, sventrerebbe la collina che fa da sfondo scenografico alla città e che ne è il polmone verde, porterebbe inquinamento, non risolverebbe il problema del traffico e, consentendo anche il transito dei camion e TIR, comporterebbe elementi di pericolosità, Costerebbe moltissimo (e il denaro viene sempre dalle nostre tasche) e imporrebbe pedaggi agli utenti.
C'è, da fare, subito una considerazione: in un Paese dalle norme e dalle regole un po' così, un po' ballerine come il nostro, i progetti, tutti i progetti, quasi sempre, vengono poi modificati, con le famigerate “varianti in corso d'opera” con le più fantasiose motivazioni: supposte necessità tecniche, ostacoli imprevisti anche se facilmente prevedibili, urgenze economiche improvvise...cosicchè magari invece di una sola uscita intermedia ne faranno due con relative strutture di contorno : autogrill etc. oppure invece che sotterraneo occorrerà farne un tratto in più in superficie perchè si scopre che il terreno in quel posto non sopporta scavi profondi e non si sa mai cosa può succedere. In questo campo ne ho visto di tutti i colori.
Per queste considerazioni il rilievo che fa il Comitato e cioè che un altro progetto, non considerato favorevolmente dalla Giunta, che prevederebbe un tracciato tutto sotterraneo, sarebbe “meno peggio”, mi spinge a dire che in questo caso, nel caso del traforo sotto le Torricelle, non esiste il “meno peggio” perchè è l'idea stessa del traforo che è folle perchè va contro ogni idea positiva di futuro per la nostra città, perchè è un'idea vecchia, perchè è dettata solo dall'incapacità di programmare seriamente la vita collettiva dei veronesi per i prossimi decenni, perchè è non solo estranea a una cultura del paesaggio e dell'ambiente e dei trasporti, ma è estranea alla cultura senza aggettivi e definizioni. Ma questo è, certamente, anche il pensiero del Comitato e mi auguro che l'assemblea di venerdi prossimo a Parona abbia il meritato successo.
Un amara considerazione: non è stata solo la Giunta Tosi a portare avanti l'idea del traforo ma questa funesta idea ha attraversato, con più o meno convinzione, tutte le giunte degli utimi quindici /ventanni. Gli oppositori, in Consiglio Comunale, si contavano, di volta in volta, con le dita di una sola mano.
Ora,brevemente, un altro argomento. Il tribunale del riesame, il tribunale che deve confermare o meno i reati formulati dopo le indagini, ha deciso che nel caso dell'aggressione al bar Posta, finita con il ferimento di una ragazza, non si ravviserebbe la motivazione razzista perchè, dicono i giudici, è pur vero che gli aggressori inneggiavano al nazismo ma la filastrocca che cantavano un attimo prima, con i neri selvaggi che cuociono in pentola l'uomo bianco, si canta anche negli asili nido e nelle scuole materne.
A parte il fatto che, se è cosi, forse sarebbe il caso di rivedere i programmi delle scuole materne e dgli asili nido, ma per i giudici del tribunale del riesame, è la stessa cosa se quella filastrocca la cantano dei bambini di tre o quattro anni o se, invece, la cantano degli adulti, già noti per violenze e aggressioni, e che subito dopo spaccano la faccia ad una ragazza con un pesante portacenere di vetro solo perchè questa diceva di smettere?
Un detto veneto recita così: “Venesiani gran signori, padovani gran dotori, vicentini magnagati, veronesi tuti mati”. L'allegra follia dei veronesi era attribuita alle folate di aria fresca e frizzante che, scendendo dalle cime del monte Baldo, stimolavano l'umore dei cittadini.
Il clima, non solo quello meteorologico, è cambiato; è come se dal monte Baldo non scendesse più quell'aria pulita e profumata ma solo un refolo umidiccio e sonnolento e l'allegra follia dei veronesi, se mai c'è stata, è diventata, per la maggioranza dei miei concittadini, pigra assueffazione all'esistente. Da allegri matti a spettatori passivi e un po' incattiviti.
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Carnevale e cultura (17 febbraio 2009)
Venerdì sarà venerdì gnocolar, il culmine del carnevale veronese con una sfilata di carri, dicono gli organizzatori, “lunga otto chilometri” cioè tre, quattro ore di noia insopportabile ma ben sopportata dai veronesi.
Sarà come l'anno scorso. Non uno sberleffo, non un colpo d'ala di satira, non una critica anche lieve ai potenti. Tutto di una malinconia servile e stucchevole. Il senso del carnevale come trasgressione in un giorno di libertà concessa agli ultimi per criticare i primi, tutto scomparso, affogato, da anni ormai, nella brodaglia dell'indifferenza e della volgarità, della mancanza di fantasia senza la più remota luce di immaginazione e di inventiva.
Verona, di anno in anno, si è autoproclamata: capitale mondiale della poesia, capitale mondiale della lirica, capitale mondiale dell'amore, capitale mondiale dei trasporti ora, pare, anche capitale del golf.
Intanto cerca di vendere a tutti i costi i suoi palazzi storici sede di musei e di gallerie d'arte e avere in cambio il Casinò, all'Ente lirico fondazione Arena nomina gli amici degli amici, il marito dell'attrice Cucinotta e Girondini. Soppressa la Settimana Cinematografica, prestigiosa rassegna di Piero Barzisa riconosciuta a livello internazionale, sostituita dalla mielosa e inutile Schermi d'Amore e ora pure questa soppressa. Chiuse due scuole di frontiera: la Bon Brenzoni e la Leonardo da Vinci. La Galleria d'Arte Moderna in pericolo, il Centro sociale La Chimica, luogo di incontri e presenza viva in un quartiere, smantellato. In questi anni, e su queste cose, Sironi, Zanotto e Tosi hanno fatto a gara.
Avevo letto uno scarno riassunto di un discorso del Presidente francese Sarkozy fatto poco tempo fa a Nimes, una non grande città della Francia meridionale tra l'altro gemellata con Verona per via di un anfiteatro romano.
Incuriosito da quel breve resoconto mi sono procurato il testo integrale e ora ve ne offro alcune parti per poi fare una breve considerazione.
Dice Sarkozy: “ Innanzitutto voglio schierarmi contro quelli che sostengono che dobbiamo investire nella cultura perchè è una attività economica che rappresenta un fatturato di decine di miliardi di euro. No, non è per questo che bisogna investire nella cultura. Si investe nella cultura perchè è essenziale, è la nostra civiltà che è in gioco, il risultato economico è accessorio”
Ancora: “ Stiamo facendo una grande riforma del settore audiovisivo. Quando vedo l'unanime consenso dei cittadini a proposito dei nuovi orari della TV pubblica e della soppressione della pubblicità nel servizio pubblico mi chiedo perchè l'idea non l'hanno avuta prima. Non serve- continua Sarkozy- un servizio pubblico che assomigli alle reti private. Se è per trasmettere gli stessi programmi non ne vale la pena. Stasera conclude Sarkozy, sono felice di vedere l'Enrico IV a France 2 alle 22,35”.
Sarkozy ha voluto come ministro della Cultura Cristine Albanel che era presidente del museo e della tenuta di Versailles e come direttore generale Marin Karmitz, regista e produttore cinematografico uomo di grande e riconosciuta esperienza culturale, insignito della Legion d'onore, che detto tra di noi, non è come il nostro cavalierato che, mi pare lo dicesse Giolitti , come il sigaro toscano, non si nega a nessuno e l'ha nominato anche se Karmitz si dichiara comunista. Cioè non gli amici degli amici ma gente competente.
Berlusconi ha nominato ministro per i Beni Culturali il povero Sandro Bondi che, a sua volta ha nominato direttore generale l'amico manager della Mc Donald, quella degli hamburgher e delle patatine fritte.
Ve le immaginate le parole di Sarkozy sulla bocca di Silvio Berlusconi o su quella di Sandro Bondi o di Tosi o di Girondini?
Per quanta fantasia abbiate non ci riuscireste.
Si capisce così perchè la Francia, che pure non ha più monumenti di noi, non ha più spiagge di noi, non ha più luoghi ameni di noi, ci stia affossando anche per quel che riguarda il riscontro economico del turismo e della cultura.
Ma noi, l'anno prossimo, faremo un carnevale non con otto chilometri di carri ma con sedici chilometri di carri e vedremo chi la spunterà se Versailles o il papà del gnoco.
Giorgio Bragaja
Sarà come l'anno scorso. Non uno sberleffo, non un colpo d'ala di satira, non una critica anche lieve ai potenti. Tutto di una malinconia servile e stucchevole. Il senso del carnevale come trasgressione in un giorno di libertà concessa agli ultimi per criticare i primi, tutto scomparso, affogato, da anni ormai, nella brodaglia dell'indifferenza e della volgarità, della mancanza di fantasia senza la più remota luce di immaginazione e di inventiva.
Verona, di anno in anno, si è autoproclamata: capitale mondiale della poesia, capitale mondiale della lirica, capitale mondiale dell'amore, capitale mondiale dei trasporti ora, pare, anche capitale del golf.
Intanto cerca di vendere a tutti i costi i suoi palazzi storici sede di musei e di gallerie d'arte e avere in cambio il Casinò, all'Ente lirico fondazione Arena nomina gli amici degli amici, il marito dell'attrice Cucinotta e Girondini. Soppressa la Settimana Cinematografica, prestigiosa rassegna di Piero Barzisa riconosciuta a livello internazionale, sostituita dalla mielosa e inutile Schermi d'Amore e ora pure questa soppressa. Chiuse due scuole di frontiera: la Bon Brenzoni e la Leonardo da Vinci. La Galleria d'Arte Moderna in pericolo, il Centro sociale La Chimica, luogo di incontri e presenza viva in un quartiere, smantellato. In questi anni, e su queste cose, Sironi, Zanotto e Tosi hanno fatto a gara.
Avevo letto uno scarno riassunto di un discorso del Presidente francese Sarkozy fatto poco tempo fa a Nimes, una non grande città della Francia meridionale tra l'altro gemellata con Verona per via di un anfiteatro romano.
Incuriosito da quel breve resoconto mi sono procurato il testo integrale e ora ve ne offro alcune parti per poi fare una breve considerazione.
Dice Sarkozy: “ Innanzitutto voglio schierarmi contro quelli che sostengono che dobbiamo investire nella cultura perchè è una attività economica che rappresenta un fatturato di decine di miliardi di euro. No, non è per questo che bisogna investire nella cultura. Si investe nella cultura perchè è essenziale, è la nostra civiltà che è in gioco, il risultato economico è accessorio”
Ancora: “ Stiamo facendo una grande riforma del settore audiovisivo. Quando vedo l'unanime consenso dei cittadini a proposito dei nuovi orari della TV pubblica e della soppressione della pubblicità nel servizio pubblico mi chiedo perchè l'idea non l'hanno avuta prima. Non serve- continua Sarkozy- un servizio pubblico che assomigli alle reti private. Se è per trasmettere gli stessi programmi non ne vale la pena. Stasera conclude Sarkozy, sono felice di vedere l'Enrico IV a France 2 alle 22,35”.
Sarkozy ha voluto come ministro della Cultura Cristine Albanel che era presidente del museo e della tenuta di Versailles e come direttore generale Marin Karmitz, regista e produttore cinematografico uomo di grande e riconosciuta esperienza culturale, insignito della Legion d'onore, che detto tra di noi, non è come il nostro cavalierato che, mi pare lo dicesse Giolitti , come il sigaro toscano, non si nega a nessuno e l'ha nominato anche se Karmitz si dichiara comunista. Cioè non gli amici degli amici ma gente competente.
Berlusconi ha nominato ministro per i Beni Culturali il povero Sandro Bondi che, a sua volta ha nominato direttore generale l'amico manager della Mc Donald, quella degli hamburgher e delle patatine fritte.
Ve le immaginate le parole di Sarkozy sulla bocca di Silvio Berlusconi o su quella di Sandro Bondi o di Tosi o di Girondini?
Per quanta fantasia abbiate non ci riuscireste.
Si capisce così perchè la Francia, che pure non ha più monumenti di noi, non ha più spiagge di noi, non ha più luoghi ameni di noi, ci stia affossando anche per quel che riguarda il riscontro economico del turismo e della cultura.
Ma noi, l'anno prossimo, faremo un carnevale non con otto chilometri di carri ma con sedici chilometri di carri e vedremo chi la spunterà se Versailles o il papà del gnoco.
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Tommasoli e curva (12 febbraio 2009)
Lunedì è iniziato il processo al gruppo violento responsabile della aggressione di Porta Leoni, aggressione che si è conclusa con la morte di Nicola Tommasoli.
Di questo processo hanno parlato e scritto TV e giornali e continueranno giustamente a parlarne e a scriverne.
Il mio intervento di oggi si riconduce ad un episodio apparentemente marginale ma che invece ha comunque a che vedere con i fatti violenti di questi ultimi tempi.
Domenica pomeriggio ho seguito su Telearena le ultime fasi delle partite del Chievo e del Verona.
Finita la partita il cronista, sul campo, malgrado il conduttore dallo studio centrale, imbarazzatissimo, cercasse di frenarlo, si è lanciato in un verboso attacco contro tutti quei giornalisti e quei giornali, contro tutta quella stampa che osano associare i violenti di Porta Leoni e di Piazza Viviani a una certa tifoseria della società calcistica Hellas-Verona.
Il giorno dopo ho appreso dai giornali che anche durante quella partita era apparso in curva sud l'infame striscione: “Fora i butei” cioè: fate uscire dal carcere quei bravi ragazzi, i butei, indipendentemente dal fatto che, a causa loro, un vero bravo ragazzo sia morto. Uno striscione tra il mafioso e l'affettuoso. Tipico.
E' vero che la curva sud è fatta anche da migliaia di tifosi normali ed è ancora vero che gli esaltati sono, dicono, poche centinaia ed è infine vero che la maggioranza della curva e le tribune, domenica, hanno fischiato l'esibizione di quella scritta.
Ma un anno fa, due anni fa? Cioè prima di Porta Leoni, dell'agressione di Porta Leoni, quanti infami striscioni e simboli e cori nazisti sono apparsi nella curva sud senza che qualcuno dissentisse? C'è voluto il morto e, per qualcuno, neppure quello basta?
Qualcuno, compreso il cronista di cui sopra, si è chiesto, seriamente, se ci sia un qualche motivo, una qualche ragione del fatto che, invece, mai nessun tifoso del Chievo sia stato coinvolto in episodi violenti?
Ci sarà una qualche responsabilità o, viceversa, un qualche merito, delle società sportive, dei presidenti, dei calcio-club, se, nello stesso stadio, nella stessa curva, cambiando gli attori cambia anche il copione?
Ed è un fatto riconosciuto che il tifo violento, quello di parte della curva sud dell'Hellas-Verona, quello del manichino nero impiccato, quello che, in contrapposizione alle bandiere arcobaleno con la scritta Pace, espone striscioni con la scritta Pache (botte) è stata creato, nutrito ideologicamente e politicamente dall'estrema destra veronese.
Il commento del dopo partita di domenica scorsa non aiuta nè i “butei” che sono “dentro” nè quelli che sono fuori.
Giorgio Bragaja
Di questo processo hanno parlato e scritto TV e giornali e continueranno giustamente a parlarne e a scriverne.
Il mio intervento di oggi si riconduce ad un episodio apparentemente marginale ma che invece ha comunque a che vedere con i fatti violenti di questi ultimi tempi.
Domenica pomeriggio ho seguito su Telearena le ultime fasi delle partite del Chievo e del Verona.
Finita la partita il cronista, sul campo, malgrado il conduttore dallo studio centrale, imbarazzatissimo, cercasse di frenarlo, si è lanciato in un verboso attacco contro tutti quei giornalisti e quei giornali, contro tutta quella stampa che osano associare i violenti di Porta Leoni e di Piazza Viviani a una certa tifoseria della società calcistica Hellas-Verona.
Il giorno dopo ho appreso dai giornali che anche durante quella partita era apparso in curva sud l'infame striscione: “Fora i butei” cioè: fate uscire dal carcere quei bravi ragazzi, i butei, indipendentemente dal fatto che, a causa loro, un vero bravo ragazzo sia morto. Uno striscione tra il mafioso e l'affettuoso. Tipico.
E' vero che la curva sud è fatta anche da migliaia di tifosi normali ed è ancora vero che gli esaltati sono, dicono, poche centinaia ed è infine vero che la maggioranza della curva e le tribune, domenica, hanno fischiato l'esibizione di quella scritta.
Ma un anno fa, due anni fa? Cioè prima di Porta Leoni, dell'agressione di Porta Leoni, quanti infami striscioni e simboli e cori nazisti sono apparsi nella curva sud senza che qualcuno dissentisse? C'è voluto il morto e, per qualcuno, neppure quello basta?
Qualcuno, compreso il cronista di cui sopra, si è chiesto, seriamente, se ci sia un qualche motivo, una qualche ragione del fatto che, invece, mai nessun tifoso del Chievo sia stato coinvolto in episodi violenti?
Ci sarà una qualche responsabilità o, viceversa, un qualche merito, delle società sportive, dei presidenti, dei calcio-club, se, nello stesso stadio, nella stessa curva, cambiando gli attori cambia anche il copione?
Ed è un fatto riconosciuto che il tifo violento, quello di parte della curva sud dell'Hellas-Verona, quello del manichino nero impiccato, quello che, in contrapposizione alle bandiere arcobaleno con la scritta Pace, espone striscioni con la scritta Pache (botte) è stata creato, nutrito ideologicamente e politicamente dall'estrema destra veronese.
Il commento del dopo partita di domenica scorsa non aiuta nè i “butei” che sono “dentro” nè quelli che sono fuori.
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Pasetto e tifo (05 febbraio 2009)
Una sera degli anni ottanta alcuni giovani della FGCI stavano affiggendo manifesti contro la pena di morte che l'MSI voleva reintrodurre in Italia. Furono aggrediti da una squadra di fascisti, guidati da Pasetto, con spranghe, tubi metallici e un crik. Mio figlio finì all'ospedale. Le foto scattate all'ospedale mostrano i segni dei colpi sul volto, sulla schiena e sulle braccia, braccia alzate a protezione della testa dai colpi inferti con il crick per evitare conseguenze ben più drammatiche.
Da allora la cronaca veronese è costellata da resoconti di aggressioni, episodi di intolleranza, razzismo fino all'uccisione di Tommasoli e anche dopo con l'ultimo episodio di piazza Viviani al bar Posta.
Aveva ragione il Procuratore Papalia quando, subito dopo l'aggressione di porta Leoni, dichiarò a Radio 24 che “la matrice è nazifascista per l'odio contro gli altri, per la convinzione di essere superiori a chi è diverso, per il tipo di squadraccia che ricorda quelle del ventennio”.
L'arresto degli otto ultras di destra di questi giorni lo conferma.
Inquietanti le sottovalutazioni dell'altra parte. Il ministro leghista Castelli che dichiara (L'Arena del 6-5-08) “ il pestaggio di Verona ( quello conclusosi con la morte di Tommasoli) è statisticamente irrilevante” e il sindaco Tosi che lo riduce ad “un fatto isolato”. Lo si capisce. Poche settimane prima era sfilato tra croci celtiche e saluti romani.
Il tifo violento: la curva sud dell'Hellas-Verona, quella del manichino nero impiccato, quella che, in cotrapposizione alle bandiere con la scritta “Pace”, espone striscioni con scritto “Pache”( botte, in dialetto), è stata creata e nutrita, ideologicamente e politicamente, dall' estrema destra veronese.
Ora si tende a dire che i violenti, gli aggressori di Porta Leoni e di Piazza Viviani non sono riconducibili a movimenti organizzati di estrema destra perchè, questi, si sono oramai istituzionalizzati, sono cioè entrati nelle istituzioni, nei governi degli Enti Locali, Comuni, Regioni, nel Parlamento, nel Governo.
Se è così c'è di che preoccuparsi. Nel 1922, nel 1923 le squadre di Mussolini entrarono nel Governo , si “istituzionalizzarono”. Le violenze nelle strade, anche allora, furono attribuite a frangie impazzite. Quella vera, la violenza vera, si era istituzionalizzata.
Siamo su questa strada?
Per quel che riguarda CasaPound, il circolo di destra veronese, non credo che il nome sia dovuto ad una particolare attenzione verso le opere del poeta Pound quanto piuttosto alle sue dichiarazioni alla Radio italiana durante l'ultima guerra tipo: “Hitler è come Giovanna D'Arco, salverà l'Europa”
Giorgio Bragaja
Da allora la cronaca veronese è costellata da resoconti di aggressioni, episodi di intolleranza, razzismo fino all'uccisione di Tommasoli e anche dopo con l'ultimo episodio di piazza Viviani al bar Posta.
Aveva ragione il Procuratore Papalia quando, subito dopo l'aggressione di porta Leoni, dichiarò a Radio 24 che “la matrice è nazifascista per l'odio contro gli altri, per la convinzione di essere superiori a chi è diverso, per il tipo di squadraccia che ricorda quelle del ventennio”.
L'arresto degli otto ultras di destra di questi giorni lo conferma.
Inquietanti le sottovalutazioni dell'altra parte. Il ministro leghista Castelli che dichiara (L'Arena del 6-5-08) “ il pestaggio di Verona ( quello conclusosi con la morte di Tommasoli) è statisticamente irrilevante” e il sindaco Tosi che lo riduce ad “un fatto isolato”. Lo si capisce. Poche settimane prima era sfilato tra croci celtiche e saluti romani.
Il tifo violento: la curva sud dell'Hellas-Verona, quella del manichino nero impiccato, quella che, in cotrapposizione alle bandiere con la scritta “Pace”, espone striscioni con scritto “Pache”( botte, in dialetto), è stata creata e nutrita, ideologicamente e politicamente, dall' estrema destra veronese.
Ora si tende a dire che i violenti, gli aggressori di Porta Leoni e di Piazza Viviani non sono riconducibili a movimenti organizzati di estrema destra perchè, questi, si sono oramai istituzionalizzati, sono cioè entrati nelle istituzioni, nei governi degli Enti Locali, Comuni, Regioni, nel Parlamento, nel Governo.
Se è così c'è di che preoccuparsi. Nel 1922, nel 1923 le squadre di Mussolini entrarono nel Governo , si “istituzionalizzarono”. Le violenze nelle strade, anche allora, furono attribuite a frangie impazzite. Quella vera, la violenza vera, si era istituzionalizzata.
Siamo su questa strada?
Per quel che riguarda CasaPound, il circolo di destra veronese, non credo che il nome sia dovuto ad una particolare attenzione verso le opere del poeta Pound quanto piuttosto alle sue dichiarazioni alla Radio italiana durante l'ultima guerra tipo: “Hitler è come Giovanna D'Arco, salverà l'Europa”
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Tasse e SS Apostoli (03 febbraio 2009)
Oggi parliamo di tasse, di servizi pubblici e di chiese con le crepe.
Come è noto per alcuni servizi pubblici: asili nido, scuola materna, case dell'Agec ecc. si formano delle graduatorie sulla base dello stato di famiglia, della residenza, del reddito....
I cittadini, le famiglie veronesi, fanno domanda e, sulla base di questi requisiti, avranno, o no, la casa, l'asilo nido per ifigli. Cioè anche sulla base del reddito dichiarato che, però, spesso non corrisponde a quello vero.
Ci sono due categorie di contribuenti: una è quella di chi, come per esempio gli insegnanti, gli autisti degli autobus, i dipendenti dell'Amia, gli operai, gli impiegati degli enti pubblici o privati, i polizziotti, i carabinieri i finanzieri, hanno la busta paga e con quella fanno la dichiarazione dei redditi (automatica alla fonte). Non scappa un euro.
L'altra categoria non ha la busta paga, ha un un reddito professionale: artigiani, avvocati, commercialisti, gioiellieri, architetti, commercianti ecc. hanno un reddito non certificato da un datore di lavoro ma certificato da loro stessi, sulla loro parola.
Bene, anzi male. L'Italia, e Verona è in Italia, è il Paese nel quale, più che in altre parti del mondo, si ritiene che sia giusto non pagare le tasse. Però lo fa chi può perchè, come ho detto, l'operaio, l'insegnante ecc. non possono, gli altri si.
Ogni anno a Verona la Guardia di Finanza individua un bel numero di evasori e recupera un bel po' di soldi. Una recente valutazione della Agenzia per le Entrate, cioè lo Stato, ha rivelato che il mancato entroito per evasione fiscale in Italia corrisponde, all'incirca, a 100 miliardi di euri l'anno. 100 miliardi! Uuna cifra pari a tutta la spesa sanitaria nazionale. Se tutti pagassero le tasse si potrebbe, contemporaneamente raddoppiare il numero degli asili nido, raddoppiare la spesa per la ricerca, aumentare del 45% tutte le pensioni.
L'evasione fiscale comporta anche un'altra palese ingiustizia. A Verona, per esempio. Prima ricordavo che per avere diritto ad alcuni servizi come asili nido, scuole materne, case dell'Agec ecc. bisogna presentare la denuncia dei redditi e, allora, può succedere, e succede, che un architetto o un commerciante che guadagna 100 ma denuncia 10 può mandare suo figlio all'asilo nido pubblico mentre l'impiegato o l'operaio che guadagna 50 e denuncia 50, no, non può, suo figlio resta a casa.
Per anni ho chiesto che Comune e Guardia di Finanza di Verona collaborassero e intrecciassero le loro documentazioni in modo da eliminare questa ingiustizia.
Cioè: chi fa domanda per avere un servizio dal Comune, scuola materna, casa o altro, deve sapere che la sua dichiarazione dei redditi, sulla base della quale può o meno avere diritto a quel servizio, sarà sottoposta ad una giusta verifica per impedire che chi ha tanto abbia ancora di più e che chi ha poco abbia ancora meno.
Finora non è stato fatto ma, come si sa, non è mai troppo tardi.
Ora voglio dire qualcosa sulle crepe della chiesa dei Santi Apostoli, quella chiesa più che millenaria che si affaccia in una piazzetta in corso Cavour.
Il parroco è preoccupato perchè il soffitto è pericolante e, da qualche mese, sono apparse crepe sulle murature. E' un monumento bellissimo, del primo romanico e con notevoli opere d'arte all'interno. Ed è, anche , una delle quattro pieve battesimali della città.
Ora tutti sono preoccupati e, siccome lì si è scavato, e si sta scavando, per fare un parcheggio sotterraneo a più piani, tutti, meno l'impresa costruttrice naturalmente, dicono che le crepe nei muri della chiesa sono dovuti allo sconquasso provocato dalle scavatrici tanto più che anche le case attorno hanno avuto gli stessi problemi.
Allora, a parte il fatto che è demenziale pensare di costruire parcheggi sotterranei in pieno centro storico a Verona perchè, per ben che ti vada, la ruspa sbatte contro qualche reperto romano o medioevale e ti capita, come è capitato in piazza Viviani, che i proprietari, sulla carta, del parcheggio dovranno richiudere tutto e, giustamente, pagare anche le spese del ripristino.
Oppure succede che una delle più antiche chiese di Verona si crepi.
Fin qui tutto normale, anzi no ma, purtroppo, va così.
Quello che invece non è normale è che si pretenda di far pagare il danno a tutti i cittadini. Infatti il Comune di Verona ha stanziato 35 mila euri (70 milioni di lire) per un primo intervento e, dice l'assessore Di Dio: “ ne seguiranno altri”.
Perchè deve pagare il cttadino, il contribuente veronese? Non è certo stato l'impiegato dell'AMIA o l'insegnante delle elementari di Borgo Venezia o l'operaio di Galtarossa a fare le crepe nei muri della chiesa dei Santi Apostoli.
Se le crepe dipendono dagli scavi per il parcheggio a pagare dovranno essere o l'impresa costruttrice o i proprietari dei garage o gli sconsiderati consiglieri comunali che hanno approvato quell'intervento.
Purtroppo non si considera mai il fatto che, quando un assessore, un po' su di giri, proclama: “il Comune darà subito 35 mila euri” quei 35 mila euri vengono fuori dalle nostre tasche.
Giorgio Bragaja
Come è noto per alcuni servizi pubblici: asili nido, scuola materna, case dell'Agec ecc. si formano delle graduatorie sulla base dello stato di famiglia, della residenza, del reddito....
I cittadini, le famiglie veronesi, fanno domanda e, sulla base di questi requisiti, avranno, o no, la casa, l'asilo nido per ifigli. Cioè anche sulla base del reddito dichiarato che, però, spesso non corrisponde a quello vero.
Ci sono due categorie di contribuenti: una è quella di chi, come per esempio gli insegnanti, gli autisti degli autobus, i dipendenti dell'Amia, gli operai, gli impiegati degli enti pubblici o privati, i polizziotti, i carabinieri i finanzieri, hanno la busta paga e con quella fanno la dichiarazione dei redditi (automatica alla fonte). Non scappa un euro.
L'altra categoria non ha la busta paga, ha un un reddito professionale: artigiani, avvocati, commercialisti, gioiellieri, architetti, commercianti ecc. hanno un reddito non certificato da un datore di lavoro ma certificato da loro stessi, sulla loro parola.
Bene, anzi male. L'Italia, e Verona è in Italia, è il Paese nel quale, più che in altre parti del mondo, si ritiene che sia giusto non pagare le tasse. Però lo fa chi può perchè, come ho detto, l'operaio, l'insegnante ecc. non possono, gli altri si.
Ogni anno a Verona la Guardia di Finanza individua un bel numero di evasori e recupera un bel po' di soldi. Una recente valutazione della Agenzia per le Entrate, cioè lo Stato, ha rivelato che il mancato entroito per evasione fiscale in Italia corrisponde, all'incirca, a 100 miliardi di euri l'anno. 100 miliardi! Uuna cifra pari a tutta la spesa sanitaria nazionale. Se tutti pagassero le tasse si potrebbe, contemporaneamente raddoppiare il numero degli asili nido, raddoppiare la spesa per la ricerca, aumentare del 45% tutte le pensioni.
L'evasione fiscale comporta anche un'altra palese ingiustizia. A Verona, per esempio. Prima ricordavo che per avere diritto ad alcuni servizi come asili nido, scuole materne, case dell'Agec ecc. bisogna presentare la denuncia dei redditi e, allora, può succedere, e succede, che un architetto o un commerciante che guadagna 100 ma denuncia 10 può mandare suo figlio all'asilo nido pubblico mentre l'impiegato o l'operaio che guadagna 50 e denuncia 50, no, non può, suo figlio resta a casa.
Per anni ho chiesto che Comune e Guardia di Finanza di Verona collaborassero e intrecciassero le loro documentazioni in modo da eliminare questa ingiustizia.
Cioè: chi fa domanda per avere un servizio dal Comune, scuola materna, casa o altro, deve sapere che la sua dichiarazione dei redditi, sulla base della quale può o meno avere diritto a quel servizio, sarà sottoposta ad una giusta verifica per impedire che chi ha tanto abbia ancora di più e che chi ha poco abbia ancora meno.
Finora non è stato fatto ma, come si sa, non è mai troppo tardi.
Ora voglio dire qualcosa sulle crepe della chiesa dei Santi Apostoli, quella chiesa più che millenaria che si affaccia in una piazzetta in corso Cavour.
Il parroco è preoccupato perchè il soffitto è pericolante e, da qualche mese, sono apparse crepe sulle murature. E' un monumento bellissimo, del primo romanico e con notevoli opere d'arte all'interno. Ed è, anche , una delle quattro pieve battesimali della città.
Ora tutti sono preoccupati e, siccome lì si è scavato, e si sta scavando, per fare un parcheggio sotterraneo a più piani, tutti, meno l'impresa costruttrice naturalmente, dicono che le crepe nei muri della chiesa sono dovuti allo sconquasso provocato dalle scavatrici tanto più che anche le case attorno hanno avuto gli stessi problemi.
Allora, a parte il fatto che è demenziale pensare di costruire parcheggi sotterranei in pieno centro storico a Verona perchè, per ben che ti vada, la ruspa sbatte contro qualche reperto romano o medioevale e ti capita, come è capitato in piazza Viviani, che i proprietari, sulla carta, del parcheggio dovranno richiudere tutto e, giustamente, pagare anche le spese del ripristino.
Oppure succede che una delle più antiche chiese di Verona si crepi.
Fin qui tutto normale, anzi no ma, purtroppo, va così.
Quello che invece non è normale è che si pretenda di far pagare il danno a tutti i cittadini. Infatti il Comune di Verona ha stanziato 35 mila euri (70 milioni di lire) per un primo intervento e, dice l'assessore Di Dio: “ ne seguiranno altri”.
Perchè deve pagare il cttadino, il contribuente veronese? Non è certo stato l'impiegato dell'AMIA o l'insegnante delle elementari di Borgo Venezia o l'operaio di Galtarossa a fare le crepe nei muri della chiesa dei Santi Apostoli.
Se le crepe dipendono dagli scavi per il parcheggio a pagare dovranno essere o l'impresa costruttrice o i proprietari dei garage o gli sconsiderati consiglieri comunali che hanno approvato quell'intervento.
Purtroppo non si considera mai il fatto che, quando un assessore, un po' su di giri, proclama: “il Comune darà subito 35 mila euri” quei 35 mila euri vengono fuori dalle nostre tasche.
Giorgio Bragaja
Intervento a Radio Popolare Verona - Giorno della Memoria (27 gennaio 2009)
Oggi, 27 gennaio, è il”Giorno della memoria” per ricordare milioni di donne, bambini, anziani, uccisi nei campi di sterminio nazisti.
Il 27 gennaio perchè, in quella data, nel 1945, l'Armata Rossa entrò nel campo di Auschwitz e rivelò al mondo le atrocità del nazismo. Gli scampati erano pochi così come negli altri campi.
Milioni di persone, di esseri umani, scomparsi. Ebrei, soprattutto, milioni, ma non solo ebrei, anche prigionieri politici comunisti, socialisti, democratici, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, semplici cittadini.
E, a verona, domenica, si è inaugurato un monumento per ricordare i deportati, per ricordare quelle vittime. E' un monumento di grande impatto, alto 5/6 metri di metallo scuro che rappresenta, esaltandone la dreammaticità, il filo spinato.
E' un monumento che non lascia indifferenti. A me piace, al di là del suo significato, anche come scultura. So, però, che ad altri non piace.
Alla inaugurazione ha parlato, tra gli altri, il sindaco Tosi con toni di dura condanna contro l'intolleranza e l'antisemitismo. Alcuni, tra i presenti, però, hanno fatto notare una netta contraddizione tra parole e fatti perchè Tosi, che è stato eletto dai veronesi con una altissima percentuale di voti, è stato eletto anche con i voti dell'estrema destra xenofoba e intollerante.
Infatti il capogruppo della lista Tosi in consiglio Comunale è un esponente di primo livello di questa destra che si richiama ai principi più reazionari e razzisti.
Parla, Tosi, davanti al monumento alle vittime del nazismo però sfila anche con le croci celtiche e i saluti romani. Non è una scelta politica la sua, è puro e squallido opportunismo: quel che serve per raggiungere l'obiettivo: la carica di sindaco o la presidenza della Regione o un seggio in Europa.Va bene tutto, va bene la stella di Davide, va bene il saluto romano.
E, ora, un altro fatto ma non del tutto staccato da ciò che ho appena detto.
Pensate a piazza dei Signori. Arrivando da piazza Erbe passando sotto l'arco della Costa là in fondo si vede il palazzo della Prefettura, cioè la reggia degli Scaligeri, con un loggiato aperto e tre archi, murati con mattoni, che fanno angolo con la Loggia di Frà Giocondo.
E' uno dei luoghi più significativi e belli di Verona, forse il più bello, con le Arche scaligere, il cortile del Mercato vecchio, quello del Tribunale, il palazzo del Capitano, scala Mazzanti, i palazzi da poco restaurati...
Anni fa alcuni cittadini, tra questi anche chi vi parla, Rinaldo Olivieri, l'architetto della stella di natale, l'architetto Libero Cecchini, l'architetto Luciano Cenna, il pittore Silvano Girardello e altri pensammo, e dicemmo, che sarebbe stato bello e intelligente aprire anche quei tre archi murati in modo da realizzare un grande spazio aperto, un percorso libero tra la piazza dei Signori, il cortile della Prefettura e corso santa Anastasia.
Un luogo stupendo, pieno di storia e di arte, regalato ai cittadini. E invece? Invece la Giunta Tosi, la Giunta della paura, siccome sulla panchina di pietra, sotto il loggiato, trovavano rifugio per la notte un paio di disgraziati senza casa, ha pensato bene non solo di non aprire i tre archi chiusi dai muri di mattoni ma di chiudere con una cancellata anche il loggiato aperto da tempo immemorabile.
Davano fastidio, i due, tre, senza casa a chi alloggia sopra, cioè al Prefetto? Oppure si è pensato che quei due o tre senza nulla rappresentassero un pericolo anche se, lì intorno, proprio perchè c'è il Prefetto, ci sono sempre carabinieri, polizia e vigili urbani?
Mentre guardavo quella cancellata ho chiesto a dei passanti cosa ne pensassero. “La cancellata bisogna metterla anche alla Loggia di Fra Giocondo!” mi hanno risposto.
E' la Verona della paura dei barboni, è la Verona della benevola tolleranza verso i bravi ragazzi di buona famiglia che, la sera, girano per le strade del centro storico a picchiare i diversi e, magari, ammazzarli.
La paura, creata e alimentata, così si parla poco, o niente, del piano regolatore, delle Banche, della crisi, di chi perde il lavoro e di chi, il lavoro, non lo trova.
giorgio bragaja
Il 27 gennaio perchè, in quella data, nel 1945, l'Armata Rossa entrò nel campo di Auschwitz e rivelò al mondo le atrocità del nazismo. Gli scampati erano pochi così come negli altri campi.
Milioni di persone, di esseri umani, scomparsi. Ebrei, soprattutto, milioni, ma non solo ebrei, anche prigionieri politici comunisti, socialisti, democratici, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, semplici cittadini.
E, a verona, domenica, si è inaugurato un monumento per ricordare i deportati, per ricordare quelle vittime. E' un monumento di grande impatto, alto 5/6 metri di metallo scuro che rappresenta, esaltandone la dreammaticità, il filo spinato.
E' un monumento che non lascia indifferenti. A me piace, al di là del suo significato, anche come scultura. So, però, che ad altri non piace.
Alla inaugurazione ha parlato, tra gli altri, il sindaco Tosi con toni di dura condanna contro l'intolleranza e l'antisemitismo. Alcuni, tra i presenti, però, hanno fatto notare una netta contraddizione tra parole e fatti perchè Tosi, che è stato eletto dai veronesi con una altissima percentuale di voti, è stato eletto anche con i voti dell'estrema destra xenofoba e intollerante.
Infatti il capogruppo della lista Tosi in consiglio Comunale è un esponente di primo livello di questa destra che si richiama ai principi più reazionari e razzisti.
Parla, Tosi, davanti al monumento alle vittime del nazismo però sfila anche con le croci celtiche e i saluti romani. Non è una scelta politica la sua, è puro e squallido opportunismo: quel che serve per raggiungere l'obiettivo: la carica di sindaco o la presidenza della Regione o un seggio in Europa.Va bene tutto, va bene la stella di Davide, va bene il saluto romano.
E, ora, un altro fatto ma non del tutto staccato da ciò che ho appena detto.
Pensate a piazza dei Signori. Arrivando da piazza Erbe passando sotto l'arco della Costa là in fondo si vede il palazzo della Prefettura, cioè la reggia degli Scaligeri, con un loggiato aperto e tre archi, murati con mattoni, che fanno angolo con la Loggia di Frà Giocondo.
E' uno dei luoghi più significativi e belli di Verona, forse il più bello, con le Arche scaligere, il cortile del Mercato vecchio, quello del Tribunale, il palazzo del Capitano, scala Mazzanti, i palazzi da poco restaurati...
Anni fa alcuni cittadini, tra questi anche chi vi parla, Rinaldo Olivieri, l'architetto della stella di natale, l'architetto Libero Cecchini, l'architetto Luciano Cenna, il pittore Silvano Girardello e altri pensammo, e dicemmo, che sarebbe stato bello e intelligente aprire anche quei tre archi murati in modo da realizzare un grande spazio aperto, un percorso libero tra la piazza dei Signori, il cortile della Prefettura e corso santa Anastasia.
Un luogo stupendo, pieno di storia e di arte, regalato ai cittadini. E invece? Invece la Giunta Tosi, la Giunta della paura, siccome sulla panchina di pietra, sotto il loggiato, trovavano rifugio per la notte un paio di disgraziati senza casa, ha pensato bene non solo di non aprire i tre archi chiusi dai muri di mattoni ma di chiudere con una cancellata anche il loggiato aperto da tempo immemorabile.
Davano fastidio, i due, tre, senza casa a chi alloggia sopra, cioè al Prefetto? Oppure si è pensato che quei due o tre senza nulla rappresentassero un pericolo anche se, lì intorno, proprio perchè c'è il Prefetto, ci sono sempre carabinieri, polizia e vigili urbani?
Mentre guardavo quella cancellata ho chiesto a dei passanti cosa ne pensassero. “La cancellata bisogna metterla anche alla Loggia di Fra Giocondo!” mi hanno risposto.
E' la Verona della paura dei barboni, è la Verona della benevola tolleranza verso i bravi ragazzi di buona famiglia che, la sera, girano per le strade del centro storico a picchiare i diversi e, magari, ammazzarli.
La paura, creata e alimentata, così si parla poco, o niente, del piano regolatore, delle Banche, della crisi, di chi perde il lavoro e di chi, il lavoro, non lo trova.
giorgio bragaja
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