26 agosto 2010

Note per dopo le ferie a radiopopolare

Radio Popolare è in ferie fino ai primi di settembre. Alcune brevi annotazioni per i prossimi interventi.

“Verona fedele” del 22 agosto: Don Fasani, portavoce del vescovo Zenti, dopo le ferie ritorna alla grande. Per parlare dello stato di crisi del nostro Paese? della questione morale tornata prepotentemente, purtroppo, alla ribalta? No. Parla dell'aborto, rallegrandosi del fatto che il numero di medici che si rifiutano di praticarlo è passato dal 59% di alcuni anni fa, al 71% con punte dell'80%. Poi se la prende con la Spagna che invece in controtendenza, citiamo le sue parole, “ha deciso di buttarsi in vacca”, e con la Puglia di Nichi Vendola che offre più garanzie ai medici che seguono la 194. Definisce poi “oche starnazzanti” le femministe, e le donne che in TV difendono la legge sull'aborto “quattro passionarie, magari reduci da qualche tiro di coca in discoteca”.

Nessuna meraviglia da parte mia, né per le argomentazioni né per il linguaggio del portavoce del vescovo cioè della diocesi, perché ricordo (e non mi stancherò di farlo) che questo prete qualche mese fa parlando in difesa di Berlusconi scrisse: “Se la prendono con lui solo perché gli piacciono le donne”. Nello stesso numero di “Verona fedele”, rispondendo ad un lettore definisce la FIOM (il sindacato dei metalmeccanici della CGIL) come “il sindacato che protegge i fannulloni” e definisce una “dabbenaggine concedere autorizzazioni per la costruzione di nuove moschee”. Obama l'ha concessa vicino ai resti delle Torri gemelle sfidando l'impopolarità e i razzisti americani. Questa è l'America. Gli amici di Don Fasani e del vescovo Zenti, Tosi e la Lega, invece fanno chiudere anche quelle che già ci sono: questo è il Veneto.

Il più diffuso settimanale cattolico, “Famiglia cristiana”, e il quotidiano “L'Avvenire”, il giornale dei vescovi italiani, sulla questione morale e sul razzismo parlano con un linguaggio del tutto diverso da quello della diocesi veronese, oramai a tutti gli effetti diocesi padana. Possibile che a Verona e ai veronesi tocchi sempre il peggio?

Il sindaco Tosi ha vietato l'uso del Teatro romano al musicista Morgan, reo di aver ammesso pubblicamente di aver fatto uso di cocaina.
Subito ha avuto il plauso entusiasta del veronese Serpelloni, responsabile delle politiche antidroga del Consiglio dei ministri, e anche quello del viceministro Giovanardi..
Presto però il terzetto ha fatto marcia indietro perché un po' tutti in giro per il mondo hanno fatto notare ai tre sprovveduti che, se passa questa discriminante verso gli artisti, tanto vale chiudere l'Arena, il Teatro romano, il Teatro nuovo e quasi tutti i luoghi di spettacolo e dare il sussidio di disoccupazione a Girondini sovrintendente dell'Ente lirico, Perbellini assessora alla cultura e Valerio direttore del Teatro Nuovo.
Per salvare la faccia hanno costretto Morgan, che deve guadagnarsi il pane, a fare atto di contrizione aggiungendo prepotenza a prepotenza in base alla buona regola sanfedista secondo la quale il perdono deve essere ancora peggiore del castigo.

Giorni prima Tosi se l'era presa per l'ennesima volta con i giudici perché a Verona avevano dato ragione al comitato contro il traforo. Prima se l'era presa con il procuratore Papalia, poi con il procuratore Schinaia e con la Cassazione, ora con il presidente del tribunale Gilardi. Anche in questo caso nessuna meraviglia: quando mai i condannati (Tosi è un condannato in via definitiva per questioni di razzismo) hanno amato i loro giudici?

Agosto è il mese delle feste. Feste de l'Unità (si chiamano ancora così?), feste di quartiere, festa di Rifondazione e di Radio Popolare tra poco. Ma soprattutto le più reclamizzate, quelle della Lega. Alle feste della Lega hanno parlato un po' tutti: Tosi, Bossi, Corsi, Bricolo giunto appositamente da Ginevra, e Calderoli. Calderoli ha parlato delle legge elettorale da lui voluta e scritta, e da lui stesso definita una porcata, e ne ha rivendicato il merito più grande cioè quello, ha detto, “di aver fato fuori il PCI”. Calderoli si vanta di un merito che non ha: il PCI l'hanno fatto fuori altri, il suo stesso gruppo dirigente che, terrorizzato dagli accadimenti, buttò con l'acqua sporca anche il bambino; bambino che però, dicono, si è salvato e aspetta di crescere. Poi, sempre Calderoli: “Bersani mi invita alle sue feste, devo avere un certo sex appeal; oddio, non ci vuol molto, nel PD Bersani si ritrova la Bindi. Non so il resto ma le gambe le ho più belle io”. Nel suo greve maschilismo c'è un che di incerto, quasi volesse esagerare per convincere se stesso più che il suo pubblico.

Questa sua uscita mi aiuta a fare una proposta. E se alle prossime elezioni le opposizioni proponessero come presidente del consiglio proprio Rosi Bindi? Ha in sé alcune delle aspirazioni proprie delle differenti componenti politiche dello schieramento: la moralità pubblica, il senso della giustizia, la solidarietà, e non teme il confronto anche duro come ne sono capaci, spesso più degli uomini, donne un po' fuori dai cliché, che esaltano la loro femminilità (anziché deprimerla) difendendo con coraggio gli ideali in cui credono.

Giorgio Bragaja