25 febbraio 2011

Intervento a radiopop 25-2-2011 su il traforo passa, via Dante, Buffi caratteri, don Verzè

Votata da maggioranza e opposizione, con i soli “no” di Graziano Perini (Comunisti italiani) e Mauro De Robertis (L'Ulivo), la cosiddetta “mozione migliorativa” è passata dando così il via libera al traforo sotto le Torricelle accelerandone l'approvazione.

Di questo accordo tra maggioranza e opposizione ne ho parlato la volta scorsa criticandone i vari punti ed esprimendo un giudizio complessivamente del tutto negativo come del resto hanno fatto tutte le associazioni e i movimenti ambientalisti veronesi e questo mio parere più articolato si può leggere cercando: giorgiobragaja.blogspot.com

I consiglieri comunali dell'opposizione che, assieme alla maggioranza, hanno votato la mozione “migliorativa” hanno però dichiarato che quel voto non significava approvazione del traforo e che, anzi, alla fine, diranno un “secco” no all'infrastruttura.
Non un semplice no ma un “secco” no.
Il “secco” no mi ricorda quella storiografia un po' incivile e razzista che, a proposito dell'esercito borbonico, racconta che i suoi generali, in vista del nemico, raccomandassero ai soldati, poco desiderosi di combattere: “Facite 'a faccia feroce”.

Rifiutando le accuse di debolezza quella parte di opposizione che ha votato si con la maggioranza ha anche detto che la Giunta sbaglia di grosso se pensa, anche per i prossimi importanti argomenti che passeranno al vaglio del Consiglio, di poter fare a meno dell'opposizione.
Dichiarazione non proprio felice perché si può anche capire come una predisposizione a dare una mano anche per il futuro.

E, infine, la orgogliosa dichiarazione conclusiva del capogruppo del Partito democratico, Montagnoli: “Non è quasi mai accaduto che in quest'aula una delibera rimanesse ferma per due mesi”.

Non è vero. Molte delibere sono state fermate dall'opposizione per molto più tempo ma non è questo il punto.
Il punto è che, in anni non tanto lontani, alcune delibere fondamentali, disastrose per la città sono state non solo fermate dall'opposizione ma anche bocciate o fatte ritirare.

Qualcuno può ricordare agli smemorati la vicenda della vastissima area della base militare Nato in pieno centro storico, la Passalacqua, che doveva diventare ancor più grande come base militare e che invece è diventata patrimonio della città?

E vogliamo ricordare che ciò è stato possibile solo con una grande mobilitazione popolare, dura, incisiva, “maleducata”, fuori dal consiglio comunale, che ha consentito ai pochi consiglieri comunali di minoranza di sentirsi, invece, maggioranza reale non solo contro la giunta ma anche contro la stampa, contro le associazioni imprenditoriali, contro gli alti comandi militari, contro il governo, in pratica contro tutti, e di battere la giunta Sironi e la sua coalizione di destra?

Se oggi gli studenti universitari, molti, e i cittadini di Veronetta, ancora pochi, possono calpestare l'erba della Passalacqua è solo per quella “maleducazione”. Altro che “mozioni migliorative”.

Altro argomento.

Vogliono, vuole, l'assessore all'arredo urbano del Comune di Verona, Luigi Pisa, mettere una scultura bronzea in via Dante, la via che collega piazza Viviani con piazza dei Signori.
E' una scultura che abbiamo visto solo in una fotografia non molto chiara e, dunque, ogni giudizio estetico, oltre che puramente personale e perciò irrilevante, è anche impossibile.

Resta però il fatto che si continua a riempire le nostre piazze del centro storico con opere le più strane, inserite in contesti storici e architettonici che le rifiutano, che non le riconoscono, spesso brutte, accettate il più delle volte con la giustificazione che sono “regali”, senza concorso, come se le piazze e le strade di Verona fossero le abitazioni private dell'assessore Pisa o del sindaco Tosi, nelle quali abitazioni, secondo i loro gusti personali, possono mettere di tutto e di più.

Non è così. La città è ”comune”, è patrimonio di tutti e per una città come Verona la parola “comune” ha un valore estensivo, universale, perché abitiamo in una delle più belle città del mondo e dunque non è patrimonio solo dei veronesi. E questo aldilà di ogni retorica e bolsa dichiarazione di Verona capitale mondiale della poesia, Verona capitale mondiale della lirica ecc.

Lo stesso sta succedendo per corte Melone con un improbabile obelisco, sempre sponsorizzato dall'assessore Pisa, posto davanti alla bottega dell'amico autore.
Sovrintendenti, (sono tre), fermate Pisa e gli amici di Pisa!

Altro argomento.

Don Verzè, il prete proprietario dell'ospedale San Raffaele di Milano, ospedale nel quale Berlusconi si è fatto curare dalla igienista dentale Minetti, ora sta lavorando per costruire in provincia di Verona un grande centro ospedaliero per ricchi nel quale si prolungherà la vita fino a 120 anni, ha detto pochi giorni fa:” Berlusconi è un dono di Dio, teniamocelo stretto!”

Ora un po' di aria fresca e pulita.

In queste settimane in vari luoghi di Verona si svolgono incontri ed eventi all'insegna della satira, dell'allegria e dell'intelligenza.
Il tutto è organizzato dal gruppo”buffi caratteri” derivazione di “brutti caratteri”.
“buffi caratteri” è un piccolo laboratorio dissacrante, sarcastico, libero, che programma incontri con gli autori, mostre, presentazione di libri, satira sul campo, e, il 27,dopodomani domenica, un pranzo “infedele” con le migliori penne e matite del mitico “Verona infedele”.

Per saperne di più: buffi@autistici.org

Giorgio Bragaja giorgiobragaja.blogspot.com

18 febbraio 2011

a radiopop 18-2-2011 il traforo sarà più bello, Tosi in tv, il Parco Star e altro

In Consiglio comunale prosegue la discussione sul progetto di traforo sotto le Torricelle.
Progetto che, da sempre, ha visto la decisa opposizione di un comitato di cittadini e di tutti i gruppi consiliari non di maggioranza.
Questi ultimi avevano presentato poco meno di un migliaio di emendamenti cioè proposte modificative del progetto.
Il numero esorbitante era la chiara indicazione di una volontà non tanto di”migliorare” una cosa in sé non migliorabile data la assolutezza negativa dell'impianto generale, cioè dell'idea stessa di traforo sotto le colline, ritenuto devastante, inutile, con costi insostenibili e, dunque, ripeto, inemendabile, ma la volontà era, o pareva essere, quella di usare tutti i mezzi per impedirne la realizzazione.

Ora non più. I gruppi consiliari di opposizione (meno i consiglieri Perini e De Robertis) hanno acconsentito a ritirare quasi tutti i loro emendamenti, e cioè ad accelerare i tempi della discussione e arrivare senza intoppi alla approvazione dell'intero progetto,( fermo restando il loro scontato voto contrario) se verranno accolte alcune richieste di modifiche.

Le modifiche richieste sono, in linea di massima, queste:
l'attraversamento dell'Adige all'altezza di Parona non con un ponte ma in galleria e il successivo proseguimento del tracciato in trincea fino al casello autostradale d Verona Nord, la formulazione di un protocollo a favore degli espropriandi, di anticipare la costruzione di una rampa di accesso per l' immissione in galleria per chi proviene dalla Valpantena, di modificare la bozza di convenzione sia per le tariffe al parcheggio scambiatore del Saval che della foresteria e altre per ridurre l'impatto ambientale. In tutto 16 punti.

I due consiglieri che non sono d'accordo con i loro colleghi di opposizione affermano: “... questo atteggiamento- cioè il ritiro degli emendamenti- sarebbe comunque un modo di avallare la logica del Traforo che è un errore gravissimo anche dal punto di vista urbanistico generale”.
Critici su questo accordo sono anche i Verdi, Rifondazione Comunista, Sinistra e Libertà, Ulivo per Verona e Pdci.

E hanno ragione e io spero che, come consente il regolamento, i due consiglieri facciano propri tutti gli emendamenti ritirati in modo che la discussione possa proseguire normalmente e, in accordo con il Comitato (a proposito: è un po' che non si sente) mettano in conto alcune iniziative perché può anche aver ragione il consigliere Tisato (Verona civica) quando dice”...il treno è partito e con i numeri che abbiamo, 14 contro 33sarebbe fantasia pensare di bloccarlo”. Però...
Però la fantasia, proprio perché è la fantasia, a volte può aiutare e io andrei cauto nel consolarmi, come fa la consigliera Salemi (Pd), che dice “...l'accordo dà ragione al ruolo di controllo della opposizione”. Si? Sicura?
Nella mia non breve esperienza ho visto, per esempio, tali e tante modifiche progettuali in corso d'opera che non stanno né in cielo né in terra; altro che controlli.
Quando una grande opera è in via di realizzazione chi sta costruendo ha il coltello sempre dalla parte del manico.

A proposito: nei 16 punti ce n'è almeno uno che impegni a non costruire, appunto in corso d'opera, uscite intermedie che renderebbero il traforo ancor più devastante? Uscite intermedie che, dai gestori, saranno, di sicuro, ritenute indispensabili per la sostenibilità funzionale ed economica dell'opera e, allora, chi li fermerà? Non basterà certo un protocollo a favore degli espropriandi.


D'Arienzo, il capogruppo Pd in Provincia ha detto chi li critica è in malafede. Perché?

Tosi, il sindaco Tosi, l'altra sera era in TV a”otto e mezzo” e parlavano della manifestazione del 13 e delle donne che v i avevano partecipato e dei loro giudizi sulla vicenda Ruby-Berlusconi.
Tosi in buona sostanza ha detto che non capiva perché le donne della manifestazione criticassero Berlusconi dato che nel '68 erano proprio loro che predicavano la libertà sessuale confondendo, Tosi come il suo Silvio , libertà con qualcos'altro.

Era da solo senza il suo fido capoufficio stampa Bolis ad ammaestrarlo e ha fatto una pessima figura ma del resto non è del tutto colpa sua dato che anche una buona parte della sinistra, in vena di pentimenti, ha spesso contribuito a ricostruire una storia del '68 in chiave stupidamente negativa.

Parco Star.
Nel novembre del 2009, cioè circa un anno e mezzo fa, da radio popolare, facevo alcune considerazioni sul parco scientifico Star istituito nel 2001 a Verona per promuovere la ricerca e la nascita di nuove realtà produttive e dicevo che non era servito a niente

E infatti gli Enti costituenti: Comune, Provincia, Associazioni degli imprenditori, Università, Camera di commercio, Consorzio Zai, Veneto innovazione che ci avevano messo soldi, decisero di smantellarlo per manifesta inutilità.

I suoi gemelli si chiamavano Parco Vega a Venezia e Parco Galileo a Padova e, più o meno bene, funzionavano, quello di Verona no. Si ridusse a mangiare un bel po' di soldi per stipendi ai direttori ai presidenti e ai consiglieri di amministrazione spesso nominati perché amici degli amici.
Il presidente, un leghista senza competenze, spaesato ma stipendiato.

Il rettore dell'Università disse:”E' un carrozzone”.
Il presidente di “Veneto innovazione” lo corresse:”No è una carrozzina, un pasticciaccio tutto veronese... i veronesi pensavano di giocare a monopoli”.
Ma non lo sciolsero. Come si faceva a mandare a casa tanti amici?

Una settimana fa l'assemblea convocata dal presidente, convocata per chiedere ai soci un nuovo milione di euro, è andata deserta.
Questa vicenda fa il paio con quella del Polo Finanziario defunto due anni fa, con i grattacieli di Verona sud scomparsi l'altro giorno, con il risiko dell'utilizzo dei grandi contenitori: un museo qui, un ristorante lì, il museo della lirica con i costumi impolverati dei cantanti là sotto, i fossili qui sopra, il papà del gnoco li vicino, l'arte moderna vedremo...( l'Arsenale ne è l'esempio più clamoroso).
E' la politica del dire.


giorgiobragaja.blogspot.com

12 febbraio 2011

Questo venerdì, 11-2-2011, salta il mio intervento a radio popolare perché le strutture dell'emittente (non megagalattiche) sono impegnate in una iniziativa esterna e allora metto sul mio blog alcune note su:
Berto Perotti, la mela marcia di Zenti, e altro

L'Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea ha voluto ricordare Berto Perotti in occasione del centenario della sua nascita.

Berto Perotti fu uomo libero, antifascista, insegnante, scrittore, uomo della Resistenza, internato in campo di concentramento.
Il ricordo commovente della figlia Laura in una sala dell'Istituto gremita.
Perotti è stato insegnante in Germania e in Italia.

Un ricordo personale: anno 1965 o 1966, insegnavamo nelle stesse classi di un istituto veronese e, come d'uso durante ogni anno scolastico, c'era da fare “la gita” fuori dai confini.
Quell'anno portammo le nostre classi in Austria, a Monaco: il museo della Scienza e della Tecnica, la Pinacoteca e altro.

Berto propose di portare gli studenti anche in una località non lontana da Monaco per visitare un istituto scolastico che aveva qualche somiglianza con quello dove insegnavamo noi.
Fummo accolti molto cordialmente dalla preside.
La preside si chiamava Scholl, Elisabeth Scholl. Era la sorella di Hans e Sophie i due giovani studenti antinazisti della “Rosa bianca” fatti decapitare da Hitler.

Naturalmente la visita si svolse normalmente con incontri con gli allievi dell'istituto e i loro insegnanti ma, altrettanto naturalmente, non mancò, nell'incontro con la preside, il ricordo e il racconto della vicenda che portò i suoi fratelli alla morte.
Non so se quella visita fosse prevista all'interno del programma della gita scolastica, penso di no, quelli erano anni, prima del '68, durante i quali certi argomenti, Resistenza, antifascismo... non erano molto graditi (i libri di storia si fermavano al 1918) ma Berto Perotti, evidentemente, pensò, invece, che quella fosse una buona occasione per parlarne.

Ancora oggi qualche mio allievo di allora, incontrandomi, mi parla di quella “gita” e del “professor Perotti” e della “Rosa bianca”.
Berto Perotti seminava.

La mela marcia.
Come sanno quelli (pochi? un po' più di pochi?) che mi ascoltano a radio popolare o che mi leggono sul mio blog, non ho molta considerazione del vescovo Zenti.
Direte: si sa, sei ateo. Non è questo il punto. Io, pur non essendo della parrocchia, ho rispetto per chi crede e so che un vescovo, in una città, ha un grande peso non solo religioso ma anche sociale e politico e dunque mi interessa quel che dice e quel che fa.

Tra l'altro ha un settimanale, “Verona Fedele”, letto da molti e ogni settimana il giornale “L'Arena” ospita un suo lungo intervento e io qualche volta lo critico. Sono interventi, quelli del vescovo che cominciano con il titolo e otto, nove righe in prima pagina e poi continuano nelle pagine interne.

L'articolo dell'altro giorno cominciava così in prima pagina: “Il fenomeno è assai noto ai contadini: basta una mela bacata per marcirne un cesto. Vale il medesimo principio anche nella vita sociale? Una società civile democratica ha i mezzi per premunirsi, e immunizzarsi, dai contagi di comportamenti che sono ritenuti non civili?” e qui si interrompeva rinviando a pagina 20.
Piacevolmente sorpreso pensai:”Finalmente! Zenti si è deciso e, per la prima volta, parlerà, anche lui di quel che succede ad Arcore come hanno fatto tanti suoi colleghi e come continuano a fare i giornali cattolici come Famiglia Cristiana e L'Avvenire”.
Ma avevo capito male. A pagina 20, con migliaia di parole, dimostrava come, in una compagnia di adolescenti, basta che ce ne sia anche solo uno cattivo per rovinare tutti gli altri e metteva in guardia contro discoteche e altri luoghi di perdizione.

Non ho parole. A fare il paio il suo sodale, don Fasani, scrive oggi su “Verona fedele”: “Ci penserà la storia a giudicare se era il caso di condannare in tribunale un sindaco come Tosi accusato di razzismo, per essersi espresso a favore della chiusura dei campi nomadi. Se lo avesse fatto a Roma , oggi non saremmo qui a piangere quattro vittime innocenti, vittime della società e delle loro famiglie.” Nefando. Come se il comportamento di Tosi, condannato giustamente dai giudici, non avesse, tra i primi, contribuito a consolidare quel clima di emarginazione e di intolleranza che è alla base di tutte le tragedie che riguardano i nomadi, quella di Roma compresa.

Il film Avatar.
Perché ne parlo? Potrei rispondere: perché sono un appassionato di cinema (il che è vero) ma non è per questo. E' perché anche quasi tutti i giornali e i periodici di sinistra ne hanno parlato bene.

Esprimo, inutile dirlo ma lo dico, un parere assolutamente personale: penso che Avatar sia un film bruttissimo e credo che in cuor loro lo pensino anche tanti che, a sinistra, ne hanno scritto bene. E' banale, non c'è un minimo di emozione, è l'opposto della fantasia e dell'immaginazione, ridicolo, ridondante.....però spaccia alcune tesine ecologiche e sociali e allora alla sinistra va bene. Io penso, semplicemente, che se un film è brutto è brutto. Tutto lì. E bisogna dirlo se no si è poco credibili anche su altre cose.


La situazione generale è complicata ma non solo complicata.
Una volta si parlava di “vigilanza democratica”. Chissà cosa si intendeva.


( giorgiobragaja.blogspot.com)

05 febbraio 2011

A radiopop 4-2-11 su “L'Arena”, la banca, la Glaxo, due libri, Di Dio, Avatar...

Domenica “L'Arena” è uscita con una prima pagina diversa dal solito, speciale, con un grande tricolore, il titolo”Povera Italia”, un elenco di tutte le cose che non vanno e di quelle che dovrebbero essere fatte e non si fanno e l'articolo del direttore Maurizio Cattaneo.

Nei giorni seguenti il giornale ha pubblicato numerose lettere di consenso per quella pagina. Nessun lettore che dissentisse, nessuno che esprimesse qualche dubbio.

L'ho letta più volte quella pagina e la rilettura mi ha confermato, rafforzandola, la prima impressione: una pagina di giornale e un articolo di fondo indegni.

Tutti sono messi sullo stesso piano. In Parlamento c'è la “rissa” il che fa pensare che le ragioni e i torti siano ugualmente ripartiti, le notti di Arcore e l'appartamento di Montecarlo stessa cosa, la magistratura è “borbonica” per cui è lecito pensare che gli inquisiti siano vittime e, oggi, chi è l'inquisito principale anche se mai nominato in quella pagina?

Tutto è un “andazzo che deve finire” cioè una moda, una usanza spregevole che riguarda tutti allo stesso modo, gli operai della Fiom e le escort di Arcore, la Bocassini e Lele Mora, i precari che protestano e i deputati che si fanno comprare.

“Meno tasse”. Per tutti? Per i lavoratori dipendenti come per i grandi manager.

E allora ecco che il coraggioso direttore de “L'Arena”, ignaro della misura, conclude così: “Diciamo forte e chiaro che è ora di dire basta!”. Basta a chi? Alla Procura di Milano o a Berlusconi?
Gli dà manforte, un paio di giorni dopo, un altra penna importante de”L'Arena”, Michelangelo Bellinetti, che esorta: “Basta con le uguali menzogne, c'è bisogno di un po' di silenzio”.

Secondo voi, oggi come oggi, con questi chiari di luna, “un po' di silenzio” a chi giova?

Qualcuno può osservare che anche il Presidente della Repubblica ha invitato ad abbassare i toni e Berlusconi si è detto d'accordo.
E' vero, ma abbassare i toni non vuol dire fare silenzio e non è la prima volta che il capo del Governo si dice d'accordo con il Presidente della Repubblica e poi continua a fare quel che vuole.

E poi non è detto che quel che dice Napolitano sia sempre giusto e appropriato ai tempi.
Io, per esempio, penso che per “questi” tempi una parola più chiara sarebbe la benvenuta.

Altro argomento: la Glaxo.

Sempre “L'Arena”, un paio di settimane fa, pubblicava la cronaca della gioiosa visita alla struttura Glaxo-Aptuit di Verona da parte delle autorità . C'erano il sindaco, consiglieri comunali rappresentati dell'università, della Confindustria, della Camera di commercio e altri.

La parte della Glaxo destinata alla ricerca, come si sa, prelevata dalla americana Aptuit, sarà, così dichiaravano i dirigenti, incrementata nel suo valore di istituto di ricerca e diventerà una eccellenza a livello mondiale.
Tutti contenti e soddisfatti.

La Glaxo fu smembrata l'anno scorso in tre parti secondo una tecnica ben collaudata: la parte ricerca agli americani della Aptuit, la parte industriale e quella della commercializzazione restarono alla Glaxo.
Non fui certo il solo a dirlo ma lo dissi ben chiaramente che quella era la classica strada per un drastico ridimensionamento, soprattutto occupazionale, della azienda.

E, infatti, lo stesso giornale cittadino l'altro giorno dopo la cronaca di quella gioiosa visita, visita e relativa cronaca fatte per indorare la pillola amara che sarebbe arrivata subito dopo, informa che: “Verona rimane centrale ma la Glaxo taglia 246 posti di lavoro”.

Che poi sono in realtà poco meno di 500.
Infatti gli esuberi saranno: i 246 di cui sopra più 130 altri informatori che usciranno con gli incentivi, altri 26 contratti a termine non rinnovati più altri esuberi non specificati.
A cosa avrà gioiosamente brindato l'allegra compagnia in visita allo stabilimento?

Le banche.

Il colpo è riuscito solo in parte. Tosi, la Lega, dopo essere entrati in forze nella Fondazione Cariverona, volevano ripetere l'operazione con la Popolare, sia pure in modo indiretto, occupandola con quote di danaro della Fondazione.
Nonostante l'aiuto di un parlamentare veronese del Partito Democratico il gioco non gli è riuscito completamente e si deve accontentare di una presenza dello 0,5% e non del 5% .

E' invece riuscita l'operazione di salvataggio in favore del presidente Biasi.
Di cosa si tratta? E' semplice: lo Statuto della Fondazione, che è Ente morale, prevede che chi è condannato anche in primo grado non possa occupare posti di responsabilità all'interno della Fondazione e tanto meno farne il presidente. Biasi, il presidente Biasi, nei prossimi giorni dovrà affrontare due processi per bancarotta preferenziale e, dicono, con poche probabilità di essere assolto.
E allora cosa decide, all'unanimità, il consiglio generale della Fondazione con soddisfazione del sindaco? Cancella quella norma dallo statuto così Biasi, anche se condannato, potrà continuare a fare il presidente.
Classica norma “ad personam”. Berlusconi docet.

Tosi, a Biasi, doveva pur qualcosa per aver agevolato l'ingresso della Lega in Fondazione ma i componenti del consiglio? Tutti d'accordo?
Il miglior commento? Quello della consigliera provinciale dell'Italia dei Valori Sonia Milan: “Se Tosi e Biasi dichiarano che la norma non sia “ad personam” significa che gli stessi non ritengono i cittadini veronesi capaci di intendere e di volere, stupidi a tal punto da non riconoscere nemmeno l'evidenza dei fatti”.

Ora due bei libri.
Uno, scritto da ricercatori dell'Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell' età contemporanea edito dalla Cierre: “Dal fascio alla fiamma” fa la storia, documentata, rigorosa, dal Fascio fino al Msi. Niente retorica, niente astio, una visione senza concessioni a stereotipi consolidati.
Il secondo di Donatella Levi, in seconda edizione, sempre per la Cierre, “Vuole sapere il nome vero o il nome falso?”. E' la cronaca delicata e forte della vita di una bambina ebrea veronese di quattro anni, e della sua famiglia, al tempo delle leggi razziali.

Per l'assessore Di Dio e il film Avatar non c'è più tempo. Sarà per la prossima volta.

Giorgio Bragaja