24 febbraio 2010

A radio popolare il 24-2- 2010 su migrazioni, Aziende e altro

Parlerò anche questa volta di lavoro, occupazione e di come reagiscono a tutto ciò i vertici delle istituzioni culturali, economiche, rappresentative, le associazioni di categoria a Verona e altrove.

C'è un fenomeno migratorio globale : i Paesi ricchi importano mano d'opera ( fin che va bene) ed esportano fabbriche. I Paesi poveri (non tutti) esportano mano d'opera ed importano fabbriche.

A Verona arrivano romeni, albanesi, africani ( fin che dura)..Se ne va la Glaxo lasciando 500 disoccupati più altrettanti nell'indotto, e se ne andrà in Cina o in India che sono Paesi potenti ma nei quali, però, il livello medio della vita, e dei salari, è molto inferiore a quello dei Paesi europei.

In un precedente intervento ricordavo che negli ultimi 10 anni 50 mila aziende europee sono emigrate in Paesi dell'Est o in Paesi dell'Asia e metà di queste sono italiane e molte venete e veronesi.

Il capitale va dove c'è maggiore remunerazione e più tranquillità cioè minori salari e minori diritti.
La Fiat chiude fabbriche in Italia e apre all'estero lucrando anche di sostanziosi aiuti finanziari pubblici dai vari Governi con una distorsione politica del mercato e i buoni propositi del liberalismo spazzati sotto il tappeto.

Due miliardi da Putin per aprire una fabbrica in Russia. Lo stesso dal Governo Messicano per aprire una fabbrica che costruirà la 500 che prima era costruita in Polonia ma i polacchi cominciavano a disturbare con la “pretesa” di diritti sindacali e allora via in Messico. Cosi in Serbia.

Inutile dire, perché è ovvio, ma lo diciamo lo stesso. che i salari in Polonia, in Russia, in Serbia, in Messico non superano i 300 euro al mese e in questi Paesi, come abbiamo detto, sono al minimo non solo i salari ma anche i diritti sindacali.

Restano invece al massimo i compensi dei dirigenti: Marchionne si è aumentato lo stipendio del 40%. Da 3.4 milioni a 4.8 milioni. Di euro. Montezzemolo di più.

E' vero che la Fiat adesso è anche negli Stati Uniti, che non è un Paese povero (anche se...), ma anche lì ha avuto dal Governo ben 8 miliardi di dollari.

Il fenomeno, però, nelle sue linee generali di tendenza, resta quello che abbiamo indicato all'inizio: un doppio flusso. Per molti versi inedito.

La povertà (la forza lavoro) va dove c'è la ricchezza. La ricchezza (il capitale) va dove c'è la povertà.
Nelle grandi migrazioni dei secoli scorsi il flusso era, invece, salvo eccezioni, unidirezionale : i poveri verso i paesi ricchi e, nei singoli Paesi, come in Italia, dalle regioni povere verso quelle ricche.
Le fabbriche, le aziende, restavano dov'erano.

In questo panorama i vertici dei siti che contano a Verona: Banche, Associazioni industriali, Curia giornali, Accademie varie, Istituzioni culturali, Comune, Provincia...con una destrezza priva di scrupoli, evitano di porsi il problema di dover cogliere cosa sta veramente succedendo e di cercare, forse riuscendoci o forse no, di capire cosa bisogna fare, ognuno nel proprio ruolo e con le proprie capacità.
Li ho sentiti li ho letti, parlano soprattutto, se non esclusivamente, della propria bottega, evitano ogni appunto (critica sarebbe troppo) al potere ritenendosi parte di esso o in sua confortante vicinanza, e non avvertono le nubi gonfie di tempesta che si stanno avvicinando.

Il consiglio di amministrazione di Agsm, l'azienda, forse più strategica del Comune, si spacca su questioni interne ad un partito, un membro del consiglio di Amministrazione, Gamba, dichiara che il bilancio aziendale è fallimentare e così il suo presidente, Sardos Albertini dichiara, tra un aperitivo e l'altro, che 200 dipendenti su 600 della sua Azienda sono superflui e che senza di loro si risolverebbe tutto .
Il presidente dell'Azienda Trasporti, Mariotti, che si diletta a disegnare stemmi con richiami alla repubblica di Salò per le divise dei suoi dipendenti, rischia di mettere in crisi l'Azienda non tanto per Salò, per carità, ci mancherebbe, ma per faide interne al suo partito in vista del prossimo rinnovo delle cariche aziendali.

Lo stesso, con altri nomi e altre situazioni, succede per l'Agec l'azienda che gestisce qualche migliaio di case del Comune.

Idem con la Fondazione Arena, che, una volta, si chiamava Ente lirico, quella delle opere per intenderci, con Zeffirelli che ancora incombe su Verona.

I padiglioni della Fiera di Verona ospitano “La Fiera del lusso” : vestiti di fili di platino tempestati di brillanti, un pianoforte con 50 mila cristalli preziosi, una bara d'oro, barche da capogiro. Tutto prenotato e venduto.

Nel mondo succede quel che succede e qui da noi (e anche altrove) è come se si fosse smarrito ogni codice condiviso e il sottofondo della corruzione si espande ogni giorno di più e sembra che alla maggioranza dei cittadini ciò vada bene e sia destinato a continuare.

Non è così. Quelli che vanno sui tetti della loro fabbrica per difendere il posto di lavoro vedono più lontano e ci avvertono che quelle nubi, cariche di tempesta, si stanno avvicinando velocemente.

Un ultima cosa ma non è meno importante. Anzi.
In Afghanistan le truppe in missione di pace assassinano ogni giorno decine e decine di civili, uomini, donne, vecchi, bambini.

C'è ancora il movimento per la Pace? Se c'è, batta un colpo.


Giorgio Bragaja

17 febbraio 2010

A radio popolare il 17-2-2010 su occupazione, tunnel e altro..

A Verona nel 2009 hanno perso il lavoro poco meno di 5 mila cittadini mentre altrettanti sono andati in cassa integrazione cioè, tra poco, a casa anche loro.

Nel primo mese e mezzo di quest'anno, sempre a Verona, i nuovi cassaintegrati sono stati circa 900 il che significa che nel 2010, quest'anno, i cassaintegrati saranno quasi il doppio dell'anno scorso e, ripeto, la cassa integrazione, purtroppo, nella maggioranza dei casi significa, dopo pochi mesi, il licenziamento

Il settore più colpito è l'industria metalmeccanica (con il 55% della cassa integrazione) cioè l'asse portante di tutto il settore industriale il che precisa ancor più la caratteristica di gravità della crisi.

Nel settore delle costruzioni, secondo l'Associazione dei costruttori veronesi, il ricorso alla cassa integrazione si annuncia quasi decuplicato rispetto all'anno scorso e i grandi dimenticati sono
gli extracomunitari precari privi di qualsiasi ammortizzatore sociale e in stato di assoluto abbandono per non parlare dei lavoratori in nero addirittura scomparsi.

Nel commercio e nell'artigianato centinaia di imprese hanno chiuso. E poi c'è sempre la Glaxo con 500 dipendenti altamente qualificati che stanno per essere mandati a casa.
Sulle donne e gli uomini che stanno dietro questi numeri c'è il silenzio.

E il Governo e i suoi vassalli, del Veneto e di Verona, continuano a ripetere che, malgrado tutto, stiamo meglio degli altri Paesi perché, dicono, da noi c'è un tasso di disoccupazione inferiore a quello medio europeo E' una balla.

La percentuale inferiore dell'Italia è legata unicamente alla Cassa integrazione un istituto da fame che esiste solo da noi in Italia e, oggi, serve a mascherare i dati sui disoccupati effettivi. Lo dice perfino la Banca d'Italia. La cassa integrazione era una conquista e l'hanno trasformata in alibi.

Per esempio quanti dei cassintegrati veronesi degli ultimi anni hanno poi ripreso il loro posto di lavoro e quanti, invece sono diventati e rimasti disoccupati? E quanti giovani non hanno trovato lavoro? Li dobbiamo, o no, aggiungere al conto dei disoccupati?

Nei resoconti degli incontri svoltisi a Verona tra le forze sociali, i sindacati, gli imprenditori, le istituzioni... ho come l'impressione che manchi qualcosa, che si abbia paura a chiamare le cose con il loro nome, tutto diventa indistinto, le responsabilità sono equamente distribuite, per ben che vada vengono attribuite a una sorta di Fato, un che di ineluttabile e indefinibile, l'operaio e il padrone sulla stessa barca, è colpa della crisi mondiale, basta “litigare” come scrive il vescovo Zenti, ci vuole la concordia per il bene comune, ci vuole pazienza e il peggio passerà.

Vien quasi sonno.

Eppure sappiamo (Agenzia delle entrate, quella delle tasse) che in Italia ci sono soltanto 76 mila persone che dichiarano di guadagnare più di 100 mila euro ma si vendono 206 mila auto di lusso che costano oltre 100 mila euro. E costoro sarebbero sulla stessa barca con l'operaio delle Cartiere di Ca' di David.

Ci vogliamo svegliare e dire che operai e padroni non sono sulla stessa barca, che insegnanti e governo non sono sulla stessa barca, che la concordia, da sempre, va bene per chi comanda ma non per chi è comandato, che la crisi non è figlia di N.N. e che c'è chi ci guadagna e chi invece ci rimette e perde casa, affetti e, qualche volta, la vita?

Cambiamo argomento.

Il tunnel, il traforo, come lo vogliamo chiamare.
Una prima richiesta di indire un referendum per verificare l'effettiva volontà dei cittadini, per capire se veramente i veronesi vogliono questa opera costosa e da molti ritenuta inutile e dannosa era stata respinta e il sindaco Tosi aveva detto che il tunnel era nel suo programma votato dalla maggioranza dei cittadini e perciò niente referendum e zitti.

Zitti non sono stati alcuni cittadini molto in vista di Verona, al di fuori degli schieramenti politici, tra i quali il Procuratore capo Schinaia, che hanno pubblicato una dichiarazione per sostenere la opportunità del referendum.

Tosi ha subito detto, tra altre stupidaggini, che il procuratore per la sua carica non doveva schierarsi.
Qualcuno, subito, gli deve aver fatto notare che nell'Italia repubblicana solo i pregiudicati per certi reati possono perdere il diritto di espressione.
Tasto delicatissimo e Tosi, condannato in via definitiva per propaganda razzista, ha fatto immediatamente marcia indietro.

Contemporaneamente o subito dopo la maggioranza si è spaccata.

La Lega contro AN, il Pdl contro tutti e due. Referendum si, referendum no.
La lega accusa il Presidente della Provincia, (che è di AN), di volere il referendum sul traforo in città ma di non volerlo per il Motor City che sarà il più grande autodromo d'Europa a Trevenzuolo e per l'Ipermercato di Isola della Scala (casa sua).

Come si vede dibattito di alto livello ma io vorrei suggerire alla opposizione che è soddisfatta per questa spaccatura nella maggioranza di andarci cauta e ricordare “i ladri di Pisa” che di giorno litigano e poi di notte vanno a rubare insieme.

Perché ci sono le elezioni tra poco e vogliono pescare voti di qua e di là.
Penso male?

Brevissimo sui carri del carnevale della settimana scorsa.

Con argomenti, lì pronti sul piatto, come il tunnel, Ca' del Bue, il parcheggio a San Zeno, la tranvia, il traffico, il lavoro ecc hanno preferito non disturbare il Palazzo (Barbieri) e volare alto e hanno scelto i premi Nobel, i corsari, la samba..

Ha ragione Giuseppe Brugnoli quando, su “L'Arena”, scrive che a questo punto la sfilata dei carri è meglio, come una volta, limitarla al rione di San Zeno, e morta lì, senza bloccare la città per un intera giornata.


Giorgio Bragaja

10 febbraio 2010

Intervento a radiopop del10-2-2010 su Glaxo, Aziende comunali e altro

La Glaxo se ne va. La sua parte più importante, quella della ricerca, chiude. 550 lavoratori altamente qualificati a casa. Una perdita secca per Verona.

Pare che si trasferirà in Cina. E se va in Cina la ricerca perché la parte produttiva ( altri 5 mila lavoratori) che in Cina o in India costa dieci volte meno, dovrebbe restare a Verona?

La Glaxo non è la fatina buona che si impaurisce davanti al ministro Sacconi o al sindaco Tosi.
Ci siamo dimenticati della ferocia con la quale difese fino all'ultimo il suo brevetto sui farmaci anti AIDS per impedirne la produzione a basso costo nei Paesi più poveri dell'Asia e dell'Africa dove c'erano milioni di ammalati?

Tutti, ministri, parlamentari, Sindaco, Presidente della Provincia, esponenti dell'Università, Presidente degli industriali e, naturalmente, i sindacati, protestano. Questi ultimi, i sindacati, tentano di fare di tutto per proteggere i posti di lavoro ma è dura.

Gli altri, quasi tutti, riempiono pagine di giornale con ovvie banalità, se non vere e proprie sciocchezze, del tipo “ sul caso Glaxo bisogna partire dagli aspetti positivi (!) cioè che si conferma il fatto che l'azienda non abbandona Verona e ne manterrà attività importanti”.

A dirlo è il presidente degli industriali veronesi ricordando che la Glaxo, per ora, resterà a Verona con il settore produzione con altrettanti dipendenti del settore ricerca.

Sembra lo spot pubblicitario televisivo di una importante marca di acqua minerale, quello del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Peccato che il pieno, di acqua o di soldi, se lo beva sempre il padrone e ai lavoratori resti sempre, e solo, il bicchiere vuoto.

Un discorso serio tenta di farlo il deputato Dal Moro “ Siamo di fronte a scelte di una multinazionale che per logiche finanziarie e industriali ha deciso di tagliare e questo si aggiunge ad altre drammatiche crisi industriali che giorno dopo giorno stanno investendo il nostro Paese”. E, aggiungo io, malgrado il suo bilancio, della Glaxo, non sia in passivo ma segni un più 11% che, a dir la verità, non è poco pur se in calo di un 2% rispetto all'anno precedente.

E un altro discorso serio, e allarmato, è quello di Tansella, Preside della Facoltà di Medicina.

“ A Verona c'è uno dei due centri dell Oms (Organizzazione mondiale della sanità) per la cura della salute mentale e avevamo un corso di genetica psichiatrica assieme alla Glaxo e ora resta un buco.
Senza la ricerca sui farmaci per le malattie mentali, questi pazienti e le loro famiglie, che sono sempre i penultimi della società, rischiano di diventare gli ultimi”.

Un titolo stupido de “L'Arena” annuncia “L'industria Guna di Milano assumerà i lavoratori licenziati dalla Glaxo”.

Poi si legge l'articolo e si capisce che non è vero niente. L'azienda milanese si dice “ pronta ad assumere quei ricercatori con competenze e trascorsi nel settore delle medicine non convenzionali.”
Ho sentito in giro e mi si dice che alla Glaxo i ricercatori con quelle competenze sulle medicine non convenzionali si contano con le dita di una mano. E infatti la notizia è sparita.

Nella nostra città e nella nostra provincia non è solo la Glaxo a licenziare. Altre piccole e medie società sono in crisi e c'è la cartiera di Ca' di David con 120 lavoratori senza salario, il settore del mobile..l'Agsm il cui presidente, questa mattina, dichiara che in Azienda su 600 dipendenti ce ne sono 200 in esubero.
E altre aziende che si sono trasferite o si trasferiscono.

E tutte le più grandi, ma non solo quelle, hanno avuto soldi dallo Stato, cioè da noi, e la conferma viene dalla stessa Confindustria che addirittura denuncia che il Governo deve ancora dare alle aziende 70 miliardi di arretrati.

Negli ultimi 10 anni delle 50 mila imprese aperte in Romania, Bulgaria e Ungheria quasi la metà sono italiane e, naturalmente, molte di queste venete e veronesi.

Pochi hanno alzato la voce per fermare questa emorragia di posti lavoro.
I padroni e i padroncini che delocalizzano pensano che sia legittimo farlo salvo poi criticare Marchionne che fa lo stesso con la Fiat.
Tutti parlano di globalizzazione evitando di pronunciare la parola giusta.

Perciò vien da citare, correggendola un po', la celebre frase di Humphrey Bogart in un vecchio film: “E' il capitalismo bellezza. E tu non puoi farci niente”.( Nel film era “la stampa” non il capitalismo).
Invece i tentativi per “farci qualcosa” sono stati non pochi e non è vero che non ci si può fare nulla.

Nel 1789, nel 1870, nel 1917, nel 1945, nel 1968.

Alcuni, di questi tentativi, almeno in parte, sono riusciti. Altri no.

Ma non è detto che tutto ciò che è fallito fosse sbagliato e che tutto ciò che è riuscito sia giusto.
Tutto sta nel non perdersi d'animo.

Basta non stare nella sala da pranzo. Né seduti a tavola con Marchionne, Montezzemolo, Mercegaglia, Berlusconi e soci né, in piedi, a servire, con ministri, cardinali, opinionisti della stampa e della TV.

Il momento giusto, prima o poi, arriva.

Sulle Aziende pubbliche ancora al prossimo appuntamento.

Giorgio Bragaja

04 febbraio 2010

A radio popolare il 3-2-10 su Lessinia, esorcisti, aziende e altro

Vent'anni fa, il 30 gennaio 1990, nasceva il Parco Naturale Regionale della Lessinia.

Giustamente “L'Arena” ha dato risalto alla ricorrenza con un lungo articolo del giornalista Vittorio Zambaldo.

Il titolo: “Il Parco compie 20 anni-. Nato più dalla imposizione dei vertici regionali piuttosto che dalle esigenze della base. Ora può raccogliere i frutti di due decenni di lavoro.”

L'articolo è ben scritto, elenca tutte le zone interessate, i comuni, le emergenze paesaggistiche, i luoghi storici, le possibilità di sviluppo socio-economico.

Però, come spesso succede non viene detto tutto quello che sarebbe utile sapere per una corretta informazione.

Per esempio la frase “Nato più dalla imposizione dei vertici regionali piuttosto che dalla base” andrebbe spiegata meglio.

Tento di farlo io. Ben prima del 30 gennaio 1990, anni prima, fu presentata una proposta di legge per la istituzione del Parco della Lessinia, proposta che dopo essere passata al vaglio delle Commissioni consiliari regionali, dopo incontri con Associazioni e Sindacati, nel 1986, fu illustrata in un convegno all'Ateneo Veneto, a Venezia.

I presentatori della Proposta di Legge erano consiglieri regionali eletti nella lista del PCI, cioè, nell'ordine, chi vi parla come primo firmatario, poi Ottavio Contolini (eletto come indipendente), il preside della facoltà di Architettura Edoardo Salzano e altri.

La nostra disponibilità al confronto con le altre forze politiche fu, da subito, dichiarata assoluta e aperta ad ogni contributo.

Trovammo un fronte avverso duro e compatto e non tanto contro le singole norme o la indicazione delle aree ma proprio contro la stessa idea di Parco.

La Giunta, i consiglieri regionali DC, i cacciatori, la Coldiretti, i Comuni (non tutti), le Pro Loco, la grande maggioranza della gente della Lessinia influenzata da una propaganda terroristica ci furono contro. Uno schieramento pressoché impenetrabile deciso ad affossare la nostra proposta di legge a tutti i costi e qualcuno, qualche volta, anche con metodi non proprio civili.

Poi il tempo, il confronto, la ragionevolezza della nostra idea, alcune asperità smussate, da una parte e dall'altra, le iniziative di altre Regioni, lavorarono a favore del Parco.

Ma la Giunta regionale, la Democrazia Cristiana soprattutto, non poteva ammettere che passasse una proposta di legge dei “comunisti” e presentò una sua proposta che, comunque, nella sostanza, era la nostra. Ma non c'erano più i nostri nomi e questo, a loro, bastava.

E nacque il Parco. Ma è bene ricordare che a pensarlo, a volerlo, a battersi per ottenerlo non furono i partiti della maggioranza così come può risultare dalla lettura dell'articolo.

Sono convinto che, ancora oggi, molti di coloro che vivono e lavorano in Lessinia pensino che sarebbe stato meglio che io e i miei compagni non avessimo mai cominciato questa storia.
Sono convinto che sbagliano e sono convinto che il Parco sarà un bene per tutta la montagna veronese.



Il nuovo Presidente dell'Ente Parco, Claudio Melotti, ha detto “Riprenderemo in mano le norme per chiarire e ammodernare senza stravolgere lo spirito dell'area protetta”.
Chiarire e ammodernare? In che senso? Ho ragione a temere il peggio?

Conosco Melotti. E' stato, per quel che ne so, e a mio giudizio, un buon sindaco del Comune di Boscochiesanuova. Ora è presidente dell'Ente Parco. Spero che non avendo fatto danni in Comune non ne faccia neppure nel Parco.

Ora una buona notizia.

In questo momento difficile con gli operai di numerose aziende veronesi licenziati o in cassa integrazione, con i precari che non ce la fanno e i giovani che non trovano lavoro, finalmente il vescovo di Verona Zenti ha deciso di intervenire nel merito affrontando con decisione il problema dell'occupazione e ha creato nuovi posti di lavoro nominando dieci nuovi esorcisti. Un numero doppio rispetto a Vicenza e Padova.

Il giornale dei veronesi, “L'Arena”, con due intere pagine spiega perché c'è bisogno di esorcisti.

L'esperta del Gris, gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa della diocesi di Verona, parlando delle “sette sataniche” conferma che occorrono più esorcisti. Don Pighi dice che di esorcisti ne sentivamo l'esigenza. “Il maligno è un entità che agisce ancora” afferma don Zocca.
Per contrastare il fenomeno delle sette sataniche occorre una task force di esorcisti afferma il vescovo di Padova.


I senza salario della Cartiera di Ca' di David devono dare la colpa al Maligno o al padrone?
Serve un esorcista o un Comune che stia dalla loro parte?
Basta così.
Chi volesse saperne di più cerchi alla voce “Associazione dei genitori cattolici” e troverà il presidente dottor Arrigo Muscio che presenta un esorcismo con tanto di urla del Maligno scacciato dal corpo dell'indemoniato.

Volevo parlare anche della guerra per bande scatenata tra i partiti del buon governo cittadino per la presidenza delle Aziende pubbliche ma sarà per la prossima volta.


Giorgio Bragaja

Ultima ora:
Dopo il confronto perso con la Hack alcuni giorni fa, su “L'Arena “ di questa mattina il vescovo Zenti disputa la rivincita.
Ma alle sue condizioni: senza avversario, senza arbitro, senza pubblico e in casa.
Due intere colonne di giornale. Perde ancora. Per autogol.