29 aprile 2011

Intervento a radiopop 29-4-2011 su “i bravi ragazzi”, il “Quo vadis?”e altro

Domani sabato alle 16,30 in piazza Bra ci sarà una manifestazione a sostegno delle fabbriche veronesi in crisi e, dalle19,30 in avanti, un presidio a Porta Leoni nell'anniversario dell'uccisione di Nicola Tommasoli da parte di alcuni “bravi ragazzi veronesi” .

A proposito è notizia di un paio di giorni fa di un patteggiamento in tribunale.
Nel 2007, un anno prima dell'aggressione che costò la vita a Tommasoli, nella piazzola del Patataro sulla strada per Grezzana fu colpito duramente al volto un uomo che si era fermato per prendere un panino. L'aggredito aveva sporto denuncia ma la Procura aveva chiesto l'archiviazione, malgrado l'aggressione fosse stata particolarmente violenta, perché non era stato possibile individuare l'aggressore.

Un anno dopo furono le foto pubblicate sui giornali in occasione dell'omicidio di Nicola Tommasoli
a far si che la vittima indicasse in Guglielmo Corsi (uno dei cinque arrestati per la morte di Nicola e recentemente assolto dall'accusa di omicidio preterintenzionale) chi lo fece finire in ospedale.

Così si oppose alla richiesta di archiviazione e qualche giorno fa, dopo quattro anni, Corsi in tribunale ha patteggiato 4 mesi, e ha risarcito economicamente l'aggredito.
Nessun commento.

A proposito di bravi ragazzi, brai butei in dialetto, dopo ogni partita sia che giochi in casa o in trasferta, la squadra di calcio Hellas Verona, la sua società, viene multata dalla Lega calcio di 5 o 6 mila euro perché un parte dei suoi tifosi, due o trecento, intona cori razzisti.

Nessuna meraviglia perché quei tifosi sono gli stessi che, dopo l'incarcerazione degli aggressori di Nicola Tommasoli, andavano alle partite con gli striscioni “Fora i butei” cioè chiedevano che gli aggressori fossero immediatamente scarcerati e prima ancora andavano sugli spalti con croci uncinate manichini dipinti di nero impiccati e cose simili.

Quello che un po' mi meraviglia è un altro fatto.
Quando l' Hellas Verona gioca fuori casa la TV locale, Telearena, trasmette le partite e io le guardo perché, malgrado tutto, il gioco del calcio mi piace ancora.
Le partite del Chievo non vengono riprese perché in serie A valgono altre regole.

Bene, mai una volta che durante la telecronaca si senta uno di quei cori razzisti intonati dai tifosi veronesi in trasferta e questo può essere spiegato con la selezione dei suoni e dei rumori necessaria per poter comprendere quanto dicono i due giornalisti a commento e descrizione delle fasi del gioco, d'accordo, ma mai dico mai che uno di loro due dica, per esempio: “Senti, ancora quei deficienti con i cori razzisti”.
E dovrebbero dirlo sempre, ogni volta che succede, ad ogni partita.
Tra l'altro sarebbe anche educativo per gli ascoltatori.
Ma probabilmente la protervia di quel tipo di tifoseria consiglia loro di far finta di niente ma non è un bel modo di fare giornalismo.

Altro argomento.
Il 22 giugno del 2007 Silvio Berlusconi posò la prima pietra del “Quo vadis?” l'avveniristico ospedale che avrebbe dovuto garantire ai suoi futuri ospiti una durata della vita fino ai 120 anni in piena salute
Con lui ,naturalmente, don Verzè il prete veronese (di Illasi) proprietario del complesso ospedaliero milanese del San Raffaele, suo amico, ideatore dell'iniziativa e titolare (cosi pareva) dei fondi necessari per realizzarla, il ministro Maroni e l'allora presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro, si “quel” Cuffaro, e numerosi famigli.

Era un progetto da realizzare su mezzo milione di metri quadri di cui 750 mila da edificare per un costo previsto di almeno 150 milioni di euro.
Milioni di euro che, in parte, si pensava dovesse dare lo Stato.

Ora però tutto è svanito . I soldi, quelli dello Stato, erano inventati e quelli di don Verzè si sono liquefatti tanto che il prete manager sta vendendo le sue proprietà sparse nel mondo per sanare un buco finanziario di ben 900 milioni di euro procurato dalla gestione della sua struttura ospedaliera milanese.
Don Verzè sta ora vendendo tutto, hotel, aerei, terreni, fazendas, piantagioni di frutta in Brasile, una compagnia aerea, alloggi, centri sanitari. Soldi e capitali ammassati in tanti anni di iniziative naturalmente caritatevoli e disinteressate.

Tutto era cominciato a Illasi il suo paese natale ma l'allora sindaco di quel comune, Alberto Trabucchi, sentì odore di speculazione e bloccò la variante al piano regolatore che avrebbe permesso il cambio di destinazione d'uso di una vasta area agricola e allora don Verzè spostò i suoi interessi nel vicino comune di Lavagno evidentemente più accogliente.

E così potè annunciare: “..sarà un centro per far vivere fino a 120 anni e dove sarà possibile trovare la cura per tutte le malattie” e con l'amico Silvio posò la prima pietra destinata però ad essere anche l'unica.

Il nucleare in provincia.

Malgrado quel che è successo in Giappone, e prima in Russia, il governo tenta di non far votare il referendum sul nucleare e ha deciso che tra uno o due anni si ricomincerà con la costruzione di centrali nucleari.

Sarebbe opportuno che qualcuno nella Bassa veronese , che so a Legnago, a Cerea, lì intorno,
a Nogara, a Bovolone ...cominciasse a parlarne e a ricordare a quelle popolazioni della nostra provincia che quando, anni fa, si stava decidendo per il nucleare uno dei siti privilegiati per l'installazione di impianti nucleari era stato individuato proprio nel Veneto e più precisamente nel comune di Legnago.

E poi perché parlarne solo nella Bassa? In fondo Legnago dista pochi chilometri dalla città di Verona, più o meno gli stessi chilometri che, a Fukushima, delimitano l'area radioattiva attorno alla centrale avariata, area fatta sgomberare dalle autorità giapponesi.

Giorgio Bragaja

per gli interventi precedenti e altro: giorgiobragaja.blogspot.com

o il sito: radio popolare Verona

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