a radio pop 200901124 “Manifestazioni di Interesse” sulla città e altro
Mentre i cittadini vengono storditi, istupiditi da pagine intere de “L'Arena” e dalle televisioni locali sui test antidroga per i pubblici amministratori, inventati e proposti dal torvo terzetto composto dal viceministro Giovanardi, dal presidente del Consiglio Provinciale Pastorello e dal direttore del Centro Antidroga Serpelloni.
Mentre decine di sindaci leghisti del veronese con un bigottismo ostentato e rozzo minacciano multe e sanzioni a chi non mette il crocefisso negli uffici e altri sindaci sempre leghisti, che. con blasfema ferocia sociale, inventano un inedito Bianco Natale, bianco perché quei Comuni vengono ripuliti, con una ordinanza, da tutta quella parte di umanità dalla pelle scura o, comunque, straniera che viene cacciata .
Mentre tiene campo nei mezzi di informazione cittadini la polemica sul cavallo di terra e plastica postato in via Mazzini come opera d'arte e, invece, classificato come immondizia dall'AMIA e buttato in discarica.
Mentre scorre tutto questo mix di inettitudine e rissoso autoritarismo apprendiamo che, pare, siano più di mille le adesioni giunte negli uffici del settore Urbanistica del Comune di Verona dopo la chiusura dei termini, pochi giorni fa, del Bando pubblico per la “ Raccolta di Manifestazioni di Interesse” relativo al primo “Piano degli Interventi” sul territorio.
Qui occorre un minimo di spiegazione. Si tratta di Pianificazione urbana, di interventi sul territorio, di case, verde, spazi per la cultura, il tempo libero, la salute, la viabilità, l'istruzione, l'accoglienza, la scuola ....
Il Bando è connesso al primo “Piano degli Interventi” successivo e conseguente al più generale primo “Piano di Assetto del Territorio” (PAT).
Chi ha aderito al Bando ha “manifestato interesse” cioè si è dichiarato disponibile ad intervenire sul territorio. Imprese, società, privati, cioè tutti coloro che hanno possibilità progettuali, economiche, organizzative hanno presentato richieste, proposte per eseguire interventi, corredate da elaborati grafici, per realizzare progetti su parti piccole e grandi del territorio veronese.
Mille e più richieste che si tradurranno in mille e più interventi e oggi l'urbanistica più che regolamentata è diventata contrattata cioè con più margini di discrezionalità nell'acquisizione delle aree e nella loro utilizzazione sia da parte di chi concede licenze sia da parte di chi poi utilizzerà, realizzerà gli interventi con mattoni e cemento.
I luoghi definiti dal Bando cioè quelli nei quali sono possibili interventi sono i più importanti, i più strategici, i più appetibili e i più delicati di tutto il nostro territorio.
Sono Verona Sud, i centri storici, la collina, la campagna, i parchi....
Se mettiamo insieme le numerosissime “manifestazioni di interesse” presentate e raccolte, le esperienze passate in fatto di urbanistica tutt'altro che rassicuranti, l'ultima legge sulla casa con i demenziali permessi per aumenti di volume e alcune dichiarazioni di importanti personaggi del mondo della grande impresa come quelle rilasciate dal presidente dei costruttori veronesi Marani “ Verona Sud deve essere demolita e ricostruita e le demolizioni vanno estese alla città, non dico ai monumenti (bontà sua!) ma a tutto quello che c'è di decadente....” c'è di che preoccuparsi e molto.
E preoccupata deve essere, e di sicuro lo è, l'opposizione in Consiglio Comunale e in Consiglio Provinciale che, però, come si usa dire poco educatamente ma molto efficacemente, dovrebbe darsi una mossa magari promuovendo una iniziativa comune per informare i cittadini su quello che sta succedendo sul loro, su nostro territorio prima che sia troppo tardi, prima che le ruspe entrino in funzione prima che mani pesanti calino sulla città e sul territorio.
Un po' come fa il comitato contro il traforo.
A proposito, domenica pomeriggio tutti in piazza Braalla manifestazione contro il traforo.
La nostra terra veronese, la nostra città, sono colme di tesori naturali, monumenti, manufatti straordinari, segni inimitabili dell'intelligenza umana, lasciatici nel tempo, e dalla natura e, spesso inconsapevolmente, dai nostri avi.
Non voglio, non vogliamo, dover constatare tra qualche anno la eccezionalità del lascito e la miseria del restituito, Tanto abbiamo avuto dai nostri avi e poco restituiamo ai nostri figli.
Passiamo ad altro.
Dopo anni di impegno eravamo riusciti a far sgomberare dalle auto piazza Sant'Anastasia.
Con altrettanto impegno e con tutta la sua intelligenza di assessore Corsi è riuscito a intasarla di nuovo. Macchine fin sotto l'Arca di Castelbarco. E la sovrintendenza cosa dice?
Don Fasani; ancora? si, ancora; perché scrive su un foglio, “Verona Fedele”,che viene letto da migliaia di veronesi e dunque, cerchiamo di capire attraverso lui quel che pensa il vescovo Zenti.
Perché don Fasani è il portavoce autorizzato del vescovo e quel che dice o scrive don Fasani è quel che pensa il vescovo Zenti.
Era direttore di “Verona Fedele” ma il precedente vescovo l'aveva sostituito tuttavia mentre il nuovo direttore occupa una sola colonna in prima pagina, lui, don Fasani si è riservata tutta la seconda pagina con anche le risposte alle lettere che non sono più ”al direttore “ma sono “ a don Fasani”.
Parla di Berlusconi e della Magistratura che, mentre prima dormiva, ora è diventata fin troppo sveglia e “ usa il proprio potere in chiave politica con evidente peccato di protagonismo politico” e conclude, sponsorizzando il Lodo Alfano modificato, quello che manda al macero i processi nei quali è implicato Berlusconi, perché “ consentirebbe a chi governa di governare e a chi applica la giustizia di giudicare senza fare un altro mestiere”.
Il titolo era già un programma “Ogni potere al suo posto” dato che, come aveva scritto un mese fa, da vero uomo di mondo: “ non si può chiedere le dimissioni di un capo del Governo solo perché gli piacciono le donne”.
Ora sappiamo cosa pensa di Berlusconi il vescovo Zenti.
Giorgio Bragaja
26 novembre 2009
a radio pop 20091110 su crocefisso, Gladio, parco scientifico...
Precari, cassintegrati, licenziati, pensionati al minimo, migranti... non ce la fanno a sfondare nella televisione se non in pochi e benemeriti casi come Report o Annozero e Rai 3 e, naturalmente Radio Popolare.
Sono sommersi, inghiottiti prima dai festini di casa Berlusconi poi dal caso Marrazzo e, ora, dalla contesa sul crocefisso nelle aule scolastiche.
A Verona il Consiglio Comunale dovrà discutere, oggi o dopodomani, una mozione di durissima condanna contro la Corte Europea dei diritti dell'uomo rea di aver detto a noi di togliere il crocefisso dalle aule scolastiche e da tutti i luoghi pubblici così come è, da sempre, negli altri Paesi.
La mozione, presentata dalla destra, sarà discussa assieme ad un altra mozione con la quale si chiede al Comune di riconoscere e premiare i meriti della associazione Gladio, associazione clandestina e fuori legge, costituita, credo negli anni cinquanta, per impedire l'invasione comunista. Non c'è stata invasione, non ci sono stati combattimenti e atti di eroismo, nessuno s'è fatto male ma li vogliono decorare.
E' di questi giorni, strana coincidenza, la notizia, riportata da “L'Arena”, che una importante casa cinematografica ha scelto Verona per girare uno sceneggiato sui malati di mente.
Tornando alla vicenda del crocefisso, Tosi, il sindaco leghista della nostra città, nel suo ufficio ha sostituito il ritratto del Presidente della Repubblica Napolitano con il ritratto del Papa e un crocefisso.
Nella sua volgarità il gesto è quasi una bestemmia.
La chiesa cattolica incassa, ogni anno, in Italia, con l'8 per mille e altre leggi e leggine votate da tutti i governi, più di cinque miliardi di euri, più di quanto costa l'intero sistema politico (Parlamento, ,Regioni ecc...) più di mezza Finanziaria per cui ogni atto che possa apparire come una diminuzione della sua presenza e della sua potenza viene visto anche come un pericoloso attentato ai privilegi di cui gode in materia finanziaria.
E così per loro va bene che il crocefisso sia presente, indifferentemente, sia d'oro e tempestato di brillanti bene in vista nelle scollature siliconate di note conduttrici televisive, sia, più modesto ma ben visibile, nelle aule scolastiche sopra la cattedra dalla quale insegnano religione professori pagati dallo Stato ma nominati, senza concorso, dal vescovo.
Credenti per bene scrivono che, come simbolo, esso, il crocefisso, viene usato strumentalmente da tutta la destra miscredente, quella degli atei devoti e quella di chi adora il dio Po e dai fondamentalisti che lo vedono come un simbolo della cultura e dell'identità nazionale, come la bandiera o la lingua. Una sorta di declassamento.
Ai cattolici conviene? Per i soldi, forse sì, ma per la fede?
Ora parliamo del Parco Scientifico Star sorto a Verona alcuni anni fa, nel 2001, e defunto la scorsa settimana. Defunto per manifesta inutilità.
Comune, Provincia, Regione, Associazioni degli imprenditori, Università, Camera di Commercio, ...pensarono di creare, mettendoci soldi, uno strumento per dare impulso allo sviluppo economico. Uno strumento basato sulla ricerca per le nuove tecnologie, per l'innovazione produttiva, uno strumento che, collegato con gemelle iniziative venete, fosse il cervello della economia della regione.
A Venezia si chiamò Parco Scientifico Vega, a Padova Parco Scientifico Galileo. Vega e Galileo funzionarono. Star, quello di Verona, partito con grandi speranze, per un po' di tempo fece quello che poteva per rispondere a quelle speranze ma, dopo, si ridusse solo a mangiare un bel po' di soldi per stipendi ai direttori e ai consiglieri di amministrazione spesso nominati perché amici degli amici.
Di solito ai funerali si dicono parole pietose e benevole anche aldilà dei meriti del defunto.
Sentite cosa dicono, invece, alcuni dei soci fondatori. Il Rettore dell'Università: “il Parco Star fa ricerca virtuale noi invece, ricerca concreta. Insomma un carrozzone”. “No- lo corregge il presidente di “Veneto innovazione” Simonetto- una carrozzina, un pasticciaccio tutto veronese, il Parco Star nasceva con tutte le premesse per funzionare, poi i veronesi, per motivi non tutti nobili, l' hanno messo in difficoltà. Pensavano di giocare a Monopoli”.
“A Padova e Venezia- continua Simonetto- i Parchi Scientifici sono stati visti e usati come strumenti non come un obiettivo da usare per conquistare la presidenza”.
Ce n'è da vendere.
La vicenda del Parco Scientifico si aggiunge alla scomparsa del Polo Finanziario a Verona Sud che doveva rivaleggiare con la City di Milano, alle traversie dell' aereoporto Catullo, alla gestione dell'Ente Lirico, al tunnel sotto le Torricelle, ai parcheggi sotterranei....
A volte, pensando alla classe politica e imprenditoriale che comanda a Verona, finisco per convincermi che molti dei suoi componenti siano abituali frequentatori di Lourdes, di Medjugorje, e di Pietralcina perché solo così mi spiego come siano giunti a tali posti di responsabilità.
Giorgio Bragaja
Precari, cassintegrati, licenziati, pensionati al minimo, migranti... non ce la fanno a sfondare nella televisione se non in pochi e benemeriti casi come Report o Annozero e Rai 3 e, naturalmente Radio Popolare.
Sono sommersi, inghiottiti prima dai festini di casa Berlusconi poi dal caso Marrazzo e, ora, dalla contesa sul crocefisso nelle aule scolastiche.
A Verona il Consiglio Comunale dovrà discutere, oggi o dopodomani, una mozione di durissima condanna contro la Corte Europea dei diritti dell'uomo rea di aver detto a noi di togliere il crocefisso dalle aule scolastiche e da tutti i luoghi pubblici così come è, da sempre, negli altri Paesi.
La mozione, presentata dalla destra, sarà discussa assieme ad un altra mozione con la quale si chiede al Comune di riconoscere e premiare i meriti della associazione Gladio, associazione clandestina e fuori legge, costituita, credo negli anni cinquanta, per impedire l'invasione comunista. Non c'è stata invasione, non ci sono stati combattimenti e atti di eroismo, nessuno s'è fatto male ma li vogliono decorare.
E' di questi giorni, strana coincidenza, la notizia, riportata da “L'Arena”, che una importante casa cinematografica ha scelto Verona per girare uno sceneggiato sui malati di mente.
Tornando alla vicenda del crocefisso, Tosi, il sindaco leghista della nostra città, nel suo ufficio ha sostituito il ritratto del Presidente della Repubblica Napolitano con il ritratto del Papa e un crocefisso.
Nella sua volgarità il gesto è quasi una bestemmia.
La chiesa cattolica incassa, ogni anno, in Italia, con l'8 per mille e altre leggi e leggine votate da tutti i governi, più di cinque miliardi di euri, più di quanto costa l'intero sistema politico (Parlamento, ,Regioni ecc...) più di mezza Finanziaria per cui ogni atto che possa apparire come una diminuzione della sua presenza e della sua potenza viene visto anche come un pericoloso attentato ai privilegi di cui gode in materia finanziaria.
E così per loro va bene che il crocefisso sia presente, indifferentemente, sia d'oro e tempestato di brillanti bene in vista nelle scollature siliconate di note conduttrici televisive, sia, più modesto ma ben visibile, nelle aule scolastiche sopra la cattedra dalla quale insegnano religione professori pagati dallo Stato ma nominati, senza concorso, dal vescovo.
Credenti per bene scrivono che, come simbolo, esso, il crocefisso, viene usato strumentalmente da tutta la destra miscredente, quella degli atei devoti e quella di chi adora il dio Po e dai fondamentalisti che lo vedono come un simbolo della cultura e dell'identità nazionale, come la bandiera o la lingua. Una sorta di declassamento.
Ai cattolici conviene? Per i soldi, forse sì, ma per la fede?
Ora parliamo del Parco Scientifico Star sorto a Verona alcuni anni fa, nel 2001, e defunto la scorsa settimana. Defunto per manifesta inutilità.
Comune, Provincia, Regione, Associazioni degli imprenditori, Università, Camera di Commercio, ...pensarono di creare, mettendoci soldi, uno strumento per dare impulso allo sviluppo economico. Uno strumento basato sulla ricerca per le nuove tecnologie, per l'innovazione produttiva, uno strumento che, collegato con gemelle iniziative venete, fosse il cervello della economia della regione.
A Venezia si chiamò Parco Scientifico Vega, a Padova Parco Scientifico Galileo. Vega e Galileo funzionarono. Star, quello di Verona, partito con grandi speranze, per un po' di tempo fece quello che poteva per rispondere a quelle speranze ma, dopo, si ridusse solo a mangiare un bel po' di soldi per stipendi ai direttori e ai consiglieri di amministrazione spesso nominati perché amici degli amici.
Di solito ai funerali si dicono parole pietose e benevole anche aldilà dei meriti del defunto.
Sentite cosa dicono, invece, alcuni dei soci fondatori. Il Rettore dell'Università: “il Parco Star fa ricerca virtuale noi invece, ricerca concreta. Insomma un carrozzone”. “No- lo corregge il presidente di “Veneto innovazione” Simonetto- una carrozzina, un pasticciaccio tutto veronese, il Parco Star nasceva con tutte le premesse per funzionare, poi i veronesi, per motivi non tutti nobili, l' hanno messo in difficoltà. Pensavano di giocare a Monopoli”.
“A Padova e Venezia- continua Simonetto- i Parchi Scientifici sono stati visti e usati come strumenti non come un obiettivo da usare per conquistare la presidenza”.
Ce n'è da vendere.
La vicenda del Parco Scientifico si aggiunge alla scomparsa del Polo Finanziario a Verona Sud che doveva rivaleggiare con la City di Milano, alle traversie dell' aereoporto Catullo, alla gestione dell'Ente Lirico, al tunnel sotto le Torricelle, ai parcheggi sotterranei....
A volte, pensando alla classe politica e imprenditoriale che comanda a Verona, finisco per convincermi che molti dei suoi componenti siano abituali frequentatori di Lourdes, di Medjugorje, e di Pietralcina perché solo così mi spiego come siano giunti a tali posti di responsabilità.
Giorgio Bragaja
14 novembre 2009
Casa Pound, parcheggi e affreschi, e anche Berlusconi
Per una volta rubo pochi secondi per parlare anche di Berlusconi.
Molti, anche a sinistra, pensano, e lo dicono e lo scrivono, che è ora di smetterla di occuparci di quel che fa e dice Silvio Berlusconi e che occorra, invece, concentrarci sui problemi veri: il lavoro, l'economia, l'ambiente...
Per quel che conta dico che non sono d'accordo.
Ma, davvero, qualcuno può pensare che, con a capo del governo uno come Silvio Berlusconi che fa nascere un comitato per la sua candidatura al premio Nobel per la pace, che fa quel che fa dentro e fuori casa, che controlla case editrici, giornali, televisioni pubbliche e private, che attacca quotidianamente la magistratura, che possiede e usa per i suoi scopi quantità immense di danaro, davvero si può pensare che affronti e risolva i problemi del lavoro, dell'economia, dell'ambiente nell'interesse dei più deboli?
Ora parlo di Milano per parlare di Verona.
A Milano militanti di Casa Pound, Blocco studentesco e altre organizzazioni di estrema destra, hanno compiuto una azione intimidatrice contro la sede di Radio Popolare.
Soliti slogan, soliti passamontagna.
Ezra Pound era un poeta americano che nel 1943, dalla radio italiana, definì Hitler “la nuova Giovanna D'Arco che avrebbe salvato l'Europa”. Scriveva belle poesie ma non sono certo le poesie che interessano agli attivisti di quel movimento.
Nello stesso anno, 1943, due fratelli, studenti universitari di Monaco di Baviera, Sophie e Hans Scholl, furono fatti decapitare dalla “nuova Giovanna D'Arco” per aver distribuito volantini pacifisti all'Università.
Negli anni sessanta Berto Perotti, io e altri insegnanti del “Ferraris”organizzammo un viaggio scolastico di alcune classi in Germania e Austria.
Una tappa importante fu una località, vicina a Monaco, dove incontrammo la sorella di Sophie e Hans, preside di una scuola superiore. Nessuna parola di odio. Un ricordo doloroso, un desiderio di fratellanza, di pace.
E venerdì 6 novembre l'Istituto veronese per la storia della resistenza e dell'età contemporanea nella sede della Cisl in lungadige Galtarossa 22, alle ore 20, farà proiettare il recente film su quella vicenda.
Casa Pound organizza, invece, conferenze con Dell'Utri, (socio di Berlusconi, condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e condannato, in via definitiva, a due anni per frode fiscale ) e con Stefania Craxi per rivalutare la figura del padre.
Casa Pound, che opera anche a Verona, si definisce “forza antagonista al sistema”.
Antagonista? A chi? Non certo a Berlusconi e ai suoi domestici.
Cambiamo argomento , anzi diciamo, come dicono tutti i mezzi busti delle TV locali, cambiamo “decisamente” argomento. Come se non si potesse cambiare argomento normalmente, educatamente.
Parcheggi e volto della città. Non solo saccheggiano il volto del quartiere di San Zeno con il parcheggio in piazza Corrubio ma piovono macchine anche intorno a l'Arena e, adesso, anche su piazza Santa Anastasia davanti alla basilica e a ridosso di San Giorgeto e sotto l'arca di Castelbarco.
Solo dalle nove di sera alle sette del mattino, dice l'assessore, e solo per i residenti che, con due
o tre macchine per famiglia, non sanno più dove metterle.
Con questo brillante ragionamento si può arrivare a destinare a parcheggio notturno anche piazza dei Signori, cortile del Tribunale , cortile Mercato Vecchio, piazza Erbe...Una “Verona di notte” affascinante, in sintonia con l'ala dell'Arena prolungata per far posto alla mostra dei presepi (i lavori cominceranno entro novembre), con le statue crisoelefantine dei cantanti da sistemare in piazza Bra come proposto da Zeffirelli.
Tutto nel silenzio dei Sovrintendenti.
Per restare in argomento: le Case Mazzanti, in piazza Erbe, sono quelle che dall'arco della Costa arrivano fino all'angolo con corso Santa Anastasia. Erano state tutte affrescate dal Cavalli credo nel 1530 e, fino a qualche anno fa, gli affreschi si vedevano tutti, anche se un bel po' malandati.
Ma, alcuni anni fa decisero di restaurarli.
Dopo poco tempo l'affresco d'angolo, il più grande e maestoso, sparì, si dissolse, svanì e la grande facciata è, ora, desolatamente bianca, cimiteriale.
E' una proposta insensata pensare di ricostruirlo quell'affresco? Naturalmente con misura, con intelligenza e senza spacciarlo poi per vero, autentico. Sicuramente è una proposta insensata. Però, però...
Molti, anche a sinistra, pensano, e lo dicono e lo scrivono, che è ora di smetterla di occuparci di quel che fa e dice Silvio Berlusconi e che occorra, invece, concentrarci sui problemi veri: il lavoro, l'economia, l'ambiente...
Per quel che conta dico che non sono d'accordo.
Ma, davvero, qualcuno può pensare che, con a capo del governo uno come Silvio Berlusconi che fa nascere un comitato per la sua candidatura al premio Nobel per la pace, che fa quel che fa dentro e fuori casa, che controlla case editrici, giornali, televisioni pubbliche e private, che attacca quotidianamente la magistratura, che possiede e usa per i suoi scopi quantità immense di danaro, davvero si può pensare che affronti e risolva i problemi del lavoro, dell'economia, dell'ambiente nell'interesse dei più deboli?
Ora parlo di Milano per parlare di Verona.
A Milano militanti di Casa Pound, Blocco studentesco e altre organizzazioni di estrema destra, hanno compiuto una azione intimidatrice contro la sede di Radio Popolare.
Soliti slogan, soliti passamontagna.
Ezra Pound era un poeta americano che nel 1943, dalla radio italiana, definì Hitler “la nuova Giovanna D'Arco che avrebbe salvato l'Europa”. Scriveva belle poesie ma non sono certo le poesie che interessano agli attivisti di quel movimento.
Nello stesso anno, 1943, due fratelli, studenti universitari di Monaco di Baviera, Sophie e Hans Scholl, furono fatti decapitare dalla “nuova Giovanna D'Arco” per aver distribuito volantini pacifisti all'Università.
Negli anni sessanta Berto Perotti, io e altri insegnanti del “Ferraris”organizzammo un viaggio scolastico di alcune classi in Germania e Austria.
Una tappa importante fu una località, vicina a Monaco, dove incontrammo la sorella di Sophie e Hans, preside di una scuola superiore. Nessuna parola di odio. Un ricordo doloroso, un desiderio di fratellanza, di pace.
E venerdì 6 novembre l'Istituto veronese per la storia della resistenza e dell'età contemporanea nella sede della Cisl in lungadige Galtarossa 22, alle ore 20, farà proiettare il recente film su quella vicenda.
Casa Pound organizza, invece, conferenze con Dell'Utri, (socio di Berlusconi, condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e condannato, in via definitiva, a due anni per frode fiscale ) e con Stefania Craxi per rivalutare la figura del padre.
Casa Pound, che opera anche a Verona, si definisce “forza antagonista al sistema”.
Antagonista? A chi? Non certo a Berlusconi e ai suoi domestici.
Cambiamo argomento , anzi diciamo, come dicono tutti i mezzi busti delle TV locali, cambiamo “decisamente” argomento. Come se non si potesse cambiare argomento normalmente, educatamente.
Parcheggi e volto della città. Non solo saccheggiano il volto del quartiere di San Zeno con il parcheggio in piazza Corrubio ma piovono macchine anche intorno a l'Arena e, adesso, anche su piazza Santa Anastasia davanti alla basilica e a ridosso di San Giorgeto e sotto l'arca di Castelbarco.
Solo dalle nove di sera alle sette del mattino, dice l'assessore, e solo per i residenti che, con due
o tre macchine per famiglia, non sanno più dove metterle.
Con questo brillante ragionamento si può arrivare a destinare a parcheggio notturno anche piazza dei Signori, cortile del Tribunale , cortile Mercato Vecchio, piazza Erbe...Una “Verona di notte” affascinante, in sintonia con l'ala dell'Arena prolungata per far posto alla mostra dei presepi (i lavori cominceranno entro novembre), con le statue crisoelefantine dei cantanti da sistemare in piazza Bra come proposto da Zeffirelli.
Tutto nel silenzio dei Sovrintendenti.
Per restare in argomento: le Case Mazzanti, in piazza Erbe, sono quelle che dall'arco della Costa arrivano fino all'angolo con corso Santa Anastasia. Erano state tutte affrescate dal Cavalli credo nel 1530 e, fino a qualche anno fa, gli affreschi si vedevano tutti, anche se un bel po' malandati.
Ma, alcuni anni fa decisero di restaurarli.
Dopo poco tempo l'affresco d'angolo, il più grande e maestoso, sparì, si dissolse, svanì e la grande facciata è, ora, desolatamente bianca, cimiteriale.
E' una proposta insensata pensare di ricostruirlo quell'affresco? Naturalmente con misura, con intelligenza e senza spacciarlo poi per vero, autentico. Sicuramente è una proposta insensata. Però, però...
Crocefisso, Gladio, Parco scientifico
Precari, cassintegrati, licenziati, pensionati al minimo, migranti... non ce la fanno a sfondare nella televisione se non in pochi e benemeriti casi come Report o Annozero e Rai 3 e, naturalmente Radio Popolare.
Sono sommersi, inghiottiti prima dai festini di casa Berlusconi poi dal caso Marrazzo e, ora, dalla contesa sul crocefisso nelle aule scolastiche.
A Verona il Consiglio Comunale dovrà discutere, oggi o dopodomani, una mozione di durissima condanna contro la Corte Europea dei diritti dell'uomo rea di aver detto a noi di togliere il crocefisso dalle aule scolastiche e da tutti i luoghi pubblici così come è, da sempre, negli altri Paesi.
La mozione, presentata dalla destra, sarà discussa assieme ad un altra mozione con la quale si chiede al Comune di riconoscere e premiare i meriti della associazione Gladio, associazione clandestina e fuori legge, costituita, credo negli anni cinquanta, per impedire l'invasione comunista. Non c'è stata invasione, non ci sono stati combattimenti e atti di eroismo, nessuno s'è fatto male ma li vogliono decorare.
E' di questi giorni, strana coincidenza, la notizia, riportata da “L'Arena”, che una importante casa cinematografica ha scelto Verona per girare uno sceneggiato sui malati di mente.
Tornando alla vicenda del crocefisso, Tosi, il sindaco leghista della nostra città, nel suo ufficio ha sostituito il ritratto del Presidente della Repubblica Napolitano con il ritratto del Papa e un crocefisso.
Nella sua volgarità il gesto è quasi una bestemmia.
La chiesa cattolica incassa, ogni anno, in Italia, con l'8 per mille e altre leggi e leggine votate da tutti i governi, più di cinque miliardi di euri, più di quanto costa l'intero sistema politico (Parlamento, ,Regioni ecc...) più di mezza Finanziaria per cui ogni atto che possa apparire come una diminuzione della sua presenza e della sua potenza viene visto anche come un pericoloso attentato ai privilegi di cui gode in materia finanziaria.
E così per loro va bene che il crocefisso sia presente, indifferentemente, sia d'oro e tempestato di brillanti bene in vista nelle scollature siliconate di note conduttrici televisive, sia, più modesto ma ben visibile, nelle aule scolastiche sopra la cattedra dalla quale insegnano religione professori pagati dallo Stato ma nominati, senza concorso, dal vescovo.
Credenti per bene scrivono che, come simbolo, esso, il crocefisso, viene usato strumentalmente da tutta la destra miscredente, quella degli atei devoti e quella di chi adora il dio Po e dai fondamentalisti che lo vedono come un simbolo della cultura e dell'identità nazionale, come la bandiera o la lingua. Una sorta di declassamento.
Ai cattolici conviene? Per i soldi, forse sì, ma per la fede?
Ora parliamo del Parco Scientifico Star sorto a Verona alcuni anni fa, nel 2001, e defunto la scorsa settimana. Defunto per manifesta inutilità.
Comune, Provincia, Regione, Associazioni degli imprenditori, Università, Camera di Commercio, ...pensarono di creare, mettendoci soldi, uno strumento per dare impulso allo sviluppo economico. Uno strumento basato sulla ricerca per le nuove tecnologie, per l'innovazione produttiva, uno strumento che, collegato con gemelle iniziative venete, fosse il cervello della economia della regione.
A Venezia si chiamò Parco Scientifico Vega, a Padova Parco Scientifico Galileo. Vega e Galileo funzionarono. Star, quello di Verona, partito con grandi speranze, per un po' di tempo fece quello che poteva per rispondere a quelle speranze ma, dopo, si ridusse solo a mangiare un bel po' di soldi per stipendi ai direttori e ai consiglieri di amministrazione spesso nominati perché amici degli amici.
Di solito ai funerali si dicono parole pietose e benevole anche aldilà dei meriti del defunto.
Sentite cosa dicono, invece, alcuni dei soci fondatori. Il Rettore dell'Università: “il Parco Star fa ricerca virtuale noi invece, ricerca concreta. Insomma un carrozzone”. “No- lo corregge il presidente di “Veneto innovazione” Simonetto- una carrozzina, un pasticciaccio tutto veronese, il Parco Star nasceva con tutte le premesse per funzionare, poi i veronesi, per motivi non tutti nobili, l' hanno messo in difficoltà. Pensavano di giocare a Monopoli”.
“A Padova e Venezia- continua Simonetto- i Parchi Scientifici sono stati visti e usati come strumenti non come un obiettivo da usare per conquistare la presidenza”.
Ce n'è da vendere.
La vicenda del Parco Scientifico si aggiunge alla scomparsa del Polo Finanziario a Verona Sud che doveva rivaleggiare con la City di Milano, alle traversie dell' aereoporto Catullo, alla gestione dell'Ente Lirico, al tunnel sotto le Torricelle, ai parcheggi sotterranei....
A volte, pensando alla classe politica e imprenditoriale che comanda a Verona, finisco per convincermi che molti dei suoi componenti siano abituali frequentatori di Lourdes, di Medjugorje, e di Pietralcina perché solo così mi spiego come siano giunti a tali posti di responsabilità.
Sono sommersi, inghiottiti prima dai festini di casa Berlusconi poi dal caso Marrazzo e, ora, dalla contesa sul crocefisso nelle aule scolastiche.
A Verona il Consiglio Comunale dovrà discutere, oggi o dopodomani, una mozione di durissima condanna contro la Corte Europea dei diritti dell'uomo rea di aver detto a noi di togliere il crocefisso dalle aule scolastiche e da tutti i luoghi pubblici così come è, da sempre, negli altri Paesi.
La mozione, presentata dalla destra, sarà discussa assieme ad un altra mozione con la quale si chiede al Comune di riconoscere e premiare i meriti della associazione Gladio, associazione clandestina e fuori legge, costituita, credo negli anni cinquanta, per impedire l'invasione comunista. Non c'è stata invasione, non ci sono stati combattimenti e atti di eroismo, nessuno s'è fatto male ma li vogliono decorare.
E' di questi giorni, strana coincidenza, la notizia, riportata da “L'Arena”, che una importante casa cinematografica ha scelto Verona per girare uno sceneggiato sui malati di mente.
Tornando alla vicenda del crocefisso, Tosi, il sindaco leghista della nostra città, nel suo ufficio ha sostituito il ritratto del Presidente della Repubblica Napolitano con il ritratto del Papa e un crocefisso.
Nella sua volgarità il gesto è quasi una bestemmia.
La chiesa cattolica incassa, ogni anno, in Italia, con l'8 per mille e altre leggi e leggine votate da tutti i governi, più di cinque miliardi di euri, più di quanto costa l'intero sistema politico (Parlamento, ,Regioni ecc...) più di mezza Finanziaria per cui ogni atto che possa apparire come una diminuzione della sua presenza e della sua potenza viene visto anche come un pericoloso attentato ai privilegi di cui gode in materia finanziaria.
E così per loro va bene che il crocefisso sia presente, indifferentemente, sia d'oro e tempestato di brillanti bene in vista nelle scollature siliconate di note conduttrici televisive, sia, più modesto ma ben visibile, nelle aule scolastiche sopra la cattedra dalla quale insegnano religione professori pagati dallo Stato ma nominati, senza concorso, dal vescovo.
Credenti per bene scrivono che, come simbolo, esso, il crocefisso, viene usato strumentalmente da tutta la destra miscredente, quella degli atei devoti e quella di chi adora il dio Po e dai fondamentalisti che lo vedono come un simbolo della cultura e dell'identità nazionale, come la bandiera o la lingua. Una sorta di declassamento.
Ai cattolici conviene? Per i soldi, forse sì, ma per la fede?
Ora parliamo del Parco Scientifico Star sorto a Verona alcuni anni fa, nel 2001, e defunto la scorsa settimana. Defunto per manifesta inutilità.
Comune, Provincia, Regione, Associazioni degli imprenditori, Università, Camera di Commercio, ...pensarono di creare, mettendoci soldi, uno strumento per dare impulso allo sviluppo economico. Uno strumento basato sulla ricerca per le nuove tecnologie, per l'innovazione produttiva, uno strumento che, collegato con gemelle iniziative venete, fosse il cervello della economia della regione.
A Venezia si chiamò Parco Scientifico Vega, a Padova Parco Scientifico Galileo. Vega e Galileo funzionarono. Star, quello di Verona, partito con grandi speranze, per un po' di tempo fece quello che poteva per rispondere a quelle speranze ma, dopo, si ridusse solo a mangiare un bel po' di soldi per stipendi ai direttori e ai consiglieri di amministrazione spesso nominati perché amici degli amici.
Di solito ai funerali si dicono parole pietose e benevole anche aldilà dei meriti del defunto.
Sentite cosa dicono, invece, alcuni dei soci fondatori. Il Rettore dell'Università: “il Parco Star fa ricerca virtuale noi invece, ricerca concreta. Insomma un carrozzone”. “No- lo corregge il presidente di “Veneto innovazione” Simonetto- una carrozzina, un pasticciaccio tutto veronese, il Parco Star nasceva con tutte le premesse per funzionare, poi i veronesi, per motivi non tutti nobili, l' hanno messo in difficoltà. Pensavano di giocare a Monopoli”.
“A Padova e Venezia- continua Simonetto- i Parchi Scientifici sono stati visti e usati come strumenti non come un obiettivo da usare per conquistare la presidenza”.
Ce n'è da vendere.
La vicenda del Parco Scientifico si aggiunge alla scomparsa del Polo Finanziario a Verona Sud che doveva rivaleggiare con la City di Milano, alle traversie dell' aereoporto Catullo, alla gestione dell'Ente Lirico, al tunnel sotto le Torricelle, ai parcheggi sotterranei....
A volte, pensando alla classe politica e imprenditoriale che comanda a Verona, finisco per convincermi che molti dei suoi componenti siano abituali frequentatori di Lourdes, di Medjugorje, e di Pietralcina perché solo così mi spiego come siano giunti a tali posti di responsabilità.
Tasse, paradisi casalinghi e altro
Una volta per non pagare le tasse, o pagarne poche, non occorreva prendere la residenza in Lussemburgo o nel principato di Monaco o a San Marino, bastava essere residenti fuori città pur avendo le fonti di reddito a Verona.
Cercherò di spiegare perché questo c'entra con quel che succede oggi.
Allora, anni settanta, c'era l'imposta di famiglia che si pagava ai Comuni e poi c'erano le tasse dovute allo Stato.
L' imposta di famiglia veniva stabilita, su dichiarazione dei cittadini, da un ufficio tributi del Comune di residenza che stabiliva l'aliquota da pagare. Il cittadino se non riteneva equa la cifra da pagare poteva ricorrere e con l'ufficio tributi concordava il dovuto.
Questo era l'iter per i comuni cittadini, non per tutti,
I grandi redditieri trattavano, concordavano, direttamente con l'assessore ai tributi e se costui a Verona era, come era, un generoso e pio assessore, assessore potente anche perché fratello di un potente ministro, il paradiso fiscale non occorreva andare a cercarlo in Lussemburgo ma lo si trovava in piazza Bra, in municipio.
Così quando al grande industriale veronese produttore di caldaie viene accertato dai funzionari dell'ufficio tributi del Comune un reddito imponibile di 140 milioni di lire ( di allora), lui non accetta e va a concordare personalmente con l'assessore e il reddito imponibile fa un balzo in basso, addirittura precipita a 24 milioni, sei volte meno di quello che avevano accertato i funzionari dell'ufficio tributi del Comune.
In quegli stessi giorni quello stesso industriale concordava con il funzionario dello Stato delle Imposte Dirette ( quelle dovute allo Stato) un imponibile di 100 milioni cioè quattro volte di più di quello che aveva concordato, pochi giorni prima, con il pio e generoso assessore comunale.
Evidentementeil funzionario dello Stato era, forse, meno pio ma, certamente, meno generoso.
E lo stesso accadde al proprietario di una grossa azienda che produceva macchine agricole, a un importante immobiliarista e a tanti altri.
Ma se neppure la generosità del pio assessore era sufficiente allora non restava che la scelta del paradiso fiscale.
Non lontano, non oltre le Alpi o, oltre Oceano, per carità, ma a pochi passi da piazza Bra.
Così il grosso produttore di vini che a Verona, malgrado la generosità dell'assessore, dovrebbe pagare due milioni e mezzo (di lire) per un imponibile di 48 milioni, non è contento e si rifugia in un vicino Comune, a una ventina di chilometri dalla città, e lì trova un sindaco, ancora più pio e generoso, che gli riduce l'imponibile a tre milioni e la relativa imposta da pagare a 125 mila lire.
E così fa l'industriale metallurgico, l'ereditiera, il grosso commerciante...e altri grandi redditieri che, così, trovano il loro paradiso fiscale tra le amene colline o nella dolce pianura veronese.
Allora quei fatti con nomi, cognomi e luoghi, furono pubblicati sulla carta stampata (non su “L'Arena”) e non fui denunciato perché erano fatti accertati, non opinioni o fantasie.
Perché, oggi, parlo di quelle vicende? Che rapporto hanno con vicende di oggi? Il rapporto, l'attualità, ci sono e sono questi:
Giorni fa il giornalista Giancarlo Beltrame ha intervistato per “L'Arena” il comandante della Guardia di Finanza di Verona. Una buona intervista.
Spiega il comandante della Guardia di Finanza: “...in collaborazione con gli Enti pubblici, Comuni, aziende sanitarie, Inps ..effettuiamo controlli incrociati che servono ad illuminare situazioni che danneggiano l'erario pubblico e creano disparità soggettive...per esempio il professionista, padre di famiglia che dichiara un reddito bassissimo per far entrare nelle liste degli asili nido comunali il figlio salvo poi accompagnarlo ogni mattina con un Suv o una Porsche da decine di migliaia di euri, alla faccia del lavoratore dipendente a basso reddito che pagando le tasse direttamente in busta paga si vede calcolare fino all'ultimo centesimo i propri guadagni..”
Sembra di leggere cose scritte anni fa e, recentemente, alcuni mesi fa, dette a Radio Popolare.
E' una buona notizia. Però, però...
Perché non si dice chi è che evade, chi è che ruba al lavoratore che paga le tasse il posto all'asilo nido per il figlio o il suo diritto a un giusto posto nella graduatoria per le case dell' Agec o nei concorsi per un posto di lavoro? Nome e cognome. Sui giornali.
Sarebbe un deterrente formidabile.
Allora, dopo gli articoli con i nomi dei miracolati dal pio assessore e dai paradisi fiscali casalinghi, l'assessore ai tributi, pur restando pio, diventò, d'un tratto, meno generoso e la via verso i paradisi fiscali casalinghi fu assai meno frequentata.
Cercherò di spiegare perché questo c'entra con quel che succede oggi.
Allora, anni settanta, c'era l'imposta di famiglia che si pagava ai Comuni e poi c'erano le tasse dovute allo Stato.
L' imposta di famiglia veniva stabilita, su dichiarazione dei cittadini, da un ufficio tributi del Comune di residenza che stabiliva l'aliquota da pagare. Il cittadino se non riteneva equa la cifra da pagare poteva ricorrere e con l'ufficio tributi concordava il dovuto.
Questo era l'iter per i comuni cittadini, non per tutti,
I grandi redditieri trattavano, concordavano, direttamente con l'assessore ai tributi e se costui a Verona era, come era, un generoso e pio assessore, assessore potente anche perché fratello di un potente ministro, il paradiso fiscale non occorreva andare a cercarlo in Lussemburgo ma lo si trovava in piazza Bra, in municipio.
Così quando al grande industriale veronese produttore di caldaie viene accertato dai funzionari dell'ufficio tributi del Comune un reddito imponibile di 140 milioni di lire ( di allora), lui non accetta e va a concordare personalmente con l'assessore e il reddito imponibile fa un balzo in basso, addirittura precipita a 24 milioni, sei volte meno di quello che avevano accertato i funzionari dell'ufficio tributi del Comune.
In quegli stessi giorni quello stesso industriale concordava con il funzionario dello Stato delle Imposte Dirette ( quelle dovute allo Stato) un imponibile di 100 milioni cioè quattro volte di più di quello che aveva concordato, pochi giorni prima, con il pio e generoso assessore comunale.
Evidentementeil funzionario dello Stato era, forse, meno pio ma, certamente, meno generoso.
E lo stesso accadde al proprietario di una grossa azienda che produceva macchine agricole, a un importante immobiliarista e a tanti altri.
Ma se neppure la generosità del pio assessore era sufficiente allora non restava che la scelta del paradiso fiscale.
Non lontano, non oltre le Alpi o, oltre Oceano, per carità, ma a pochi passi da piazza Bra.
Così il grosso produttore di vini che a Verona, malgrado la generosità dell'assessore, dovrebbe pagare due milioni e mezzo (di lire) per un imponibile di 48 milioni, non è contento e si rifugia in un vicino Comune, a una ventina di chilometri dalla città, e lì trova un sindaco, ancora più pio e generoso, che gli riduce l'imponibile a tre milioni e la relativa imposta da pagare a 125 mila lire.
E così fa l'industriale metallurgico, l'ereditiera, il grosso commerciante...e altri grandi redditieri che, così, trovano il loro paradiso fiscale tra le amene colline o nella dolce pianura veronese.
Allora quei fatti con nomi, cognomi e luoghi, furono pubblicati sulla carta stampata (non su “L'Arena”) e non fui denunciato perché erano fatti accertati, non opinioni o fantasie.
Perché, oggi, parlo di quelle vicende? Che rapporto hanno con vicende di oggi? Il rapporto, l'attualità, ci sono e sono questi:
Giorni fa il giornalista Giancarlo Beltrame ha intervistato per “L'Arena” il comandante della Guardia di Finanza di Verona. Una buona intervista.
Spiega il comandante della Guardia di Finanza: “...in collaborazione con gli Enti pubblici, Comuni, aziende sanitarie, Inps ..effettuiamo controlli incrociati che servono ad illuminare situazioni che danneggiano l'erario pubblico e creano disparità soggettive...per esempio il professionista, padre di famiglia che dichiara un reddito bassissimo per far entrare nelle liste degli asili nido comunali il figlio salvo poi accompagnarlo ogni mattina con un Suv o una Porsche da decine di migliaia di euri, alla faccia del lavoratore dipendente a basso reddito che pagando le tasse direttamente in busta paga si vede calcolare fino all'ultimo centesimo i propri guadagni..”
Sembra di leggere cose scritte anni fa e, recentemente, alcuni mesi fa, dette a Radio Popolare.
E' una buona notizia. Però, però...
Perché non si dice chi è che evade, chi è che ruba al lavoratore che paga le tasse il posto all'asilo nido per il figlio o il suo diritto a un giusto posto nella graduatoria per le case dell' Agec o nei concorsi per un posto di lavoro? Nome e cognome. Sui giornali.
Sarebbe un deterrente formidabile.
Allora, dopo gli articoli con i nomi dei miracolati dal pio assessore e dai paradisi fiscali casalinghi, l'assessore ai tributi, pur restando pio, diventò, d'un tratto, meno generoso e la via verso i paradisi fiscali casalinghi fu assai meno frequentata.
Contenitori e Verona fedele
Erano in tanti, alcuni giorni fa, a parlare di come utilizzare i grandi “contenitori”, palazzi, caserme, ecc. da anni vuoti e, alcuni, quasi in rovina.
C'era il sindaco Tosi, il presidente della Fondazione Cariverona Biasi, la direttrice del museo di Castelvecchio Marini, assessori. L'occasione era la decisione di iniziare i lavori per il museo di Castel San Pietro.
Tosi ha criticato la scelta fatta dalla precedente Amministrazione di vincolare il Castello ad uso museale. “Era meglio-ha detto-fare scelte diverse e più redditizie”. Un assessore ha detto che Verona ha troppi spazi peri musei.
A conclusione il presidente della Fondazione Cariverona Biasi ha detto: “Sarebbe cosa buona che si studiasse un Piano Regolatore ad hoc”.
Finalmente.
Una quindicina di anni fa il Consiglio Comunale della nostra città approvò all'unanimità una mia proposta che cosi diceva :”Il Consiglio Comunale di Verona, considerata la straordinaria rilevanza del patrimonio storico-monumentale della città ritiene che il Comune debba predisporre, con il concorso di professionalità ricercate anche fuori dal nostro territorio, un Piano Regolatore pluriennale per la destinazione e l'uso dei cosiddetti grandi contenitori, Piano all'interno del quale saranno poi previsti singoli interventi particolari ...”.
Documento approvato da tutto il Consiglio Comunale di quindici anni fa. Anche dall'allora consigliere Tosi (oggi sindaco) e dall'allora consigliere Tosato (oggi assessore).
Inviai il testo di quel documento a tutte le istituzioni culturali della città accompagnato da una lunga lettera esplicativa nella quale motivavo le ragioni che mi avevano spinto a fare quella proposta e i vantaggi che ne sarebbero venuti alla città se si fosse seguito un serio metodo di pianificazione urbana.
I destinatari furono il Rettore dell'Università. i Presidi di Facoltà, i Sovrintendenti, i direttori dei Musei, il ministro dei Beni Culturali, le Accademie, la Letteraria...e altri.
Alcuni, non moltissimi, risposero approvando.
Da allora, malgrado ogni anno rinnovassi la richiesta, e malgrado mi dichiarassi disposto a rinunciare alla paternità dell'iniziativa (perché, si sa, a Verona da una certa parte non può venire nulla di buono), silenzio assoluto.
Per quindici anni nulla di fatto se non interventi a caso, di volta in volta proposti e poi ritirati, senza una qualche logica complessiva, dettati solo da esigenze elettorali, propagandistiche...
Avevo fatto quella proposta perché stavano emergendo, tra le altre, alcuni suggerimenti avanzati anche da importanti personaggi della vita pubblica cittadina, tali da far temere il peggio.
Per esempio,per esempio, per l'Arsenale ci fu chi propose la città dei giochi, un complesso di birrerie e trattorie tirolesi; darlo in dono agli austriaci per un museo storico; una caserma per i carabinieri: un museo della lirica....
Per castel San Pietro: il Casinò, il museo dell'olio e del vino, un albergo per VIP con sovrastante balera, una grande gelateria con belvedere coperto,...
Tra l'altro, prima di dire “Verona ha troppi musei” non sarebbe bene fare un inventario di quanto c'è ancora nei magazzini e negli scantinati degli attuali musei e gallerie d'arte e capire se ci sono collezioni private disponibili? Collezioni degli Enti pubblici, delle Banche, dello stesso Comune?
Abbiamo dimenticato che, due anni fa, una importante e bellissima collezione privata di quadri (della famiglia Ferro) è stata affidata al Mart di Rovereto piuttosto ad un qualche museo o a una qualche galleria pubblica veronese?
Un qualsiasi piccolo borgo o cittadina tedesca o francese o belga è orgoglioso di poter esporre anche poche opere e ne fa un richiamo anche turistico e noi, probabilmente, teniamo disegni e quadri del seicento o raccolte di medaglie o monete del Rinascimento e opere di artisti veronesi del secolo scorso nei sotterranei dei musei o nelle esclusive stanze e uffici di dirigenti di istituzioni pubbliche o Banche? E diciamo che a Verona ci sono troppi musei? E' proprio vero? Abbiamo fatto bene i conti?
Lasciamo che sedicenti artisti riempiano le nostre strade, palazzi, giardini di targhe, targhette, busti e bustini e teniamo nelle cantine autentiche opere d'arte.
Ora quella mia proposta viene fatta dal presidente della Fondazione Cariverona che, si mormora, non sia proprio un comunista. Sarà la volta buona?
Altro argomento
Su il “Verona Fedele” di queste ultime settimane c'è stato un interessante confronto tra alcuni lettori e don Fasani editorialista del settimanale cattolico veronese, portavoce del vescovo Zenti e titolare della pagina delle lettere al giornale.
Alcuni lettori avevano scritto, a proposito di Berlusconi, che “ad un credente non è consentito accettare che un comportamento morale infranto possa venire ricomposto da un consenso popolare o elettorale”.
Don Fasani risponde, indispettito, e da vero uomo di mondo quale è, che “non mi sembra che per rompere con un Governo sia sufficiente che al suo capo piacciano le donne”. Piacciano le donne. Tutto lì?
Ma i lettori insistono e ribadiscono che non può esserci separazione tra morale pubblica e morale privata. E allora il portavoce del vescovo Zenti si scatena e ricorda, come in un impietoso, osceno e compiaciuto film dell'orrore, ”i ministri democristiani, santissimi e famosissimi, che si accompagnavano a ragazzi minorenni e facevano uso di droga....Presidenti della Repubblica, santissimi e famosissimi, che cambiavano amante come si cambiano i calzini, Presidenti del Consiglio che preferivano i carabinieri dai capelli biondi...”e avanti così.
Si scusa per non averlo detto allora pur sapendolo. Lo dice adesso per salvare Papi. Per dire che è sempre stato così che non c'è da farne una tragedia, via, cosi va il mondo e se lo dice lui che è il portavoce del vescovo è come se lo dicessero tutti i cattolici veronesi.
Ma è proprio così?
Dal tono delle lettere pubblicate, e da altri segnali, pare piuttosto che il portavoce don Fasani porti, si, la voce del vescovo Zenti ma un po' meno quella di tutti i cattolici veronesi.
C'era il sindaco Tosi, il presidente della Fondazione Cariverona Biasi, la direttrice del museo di Castelvecchio Marini, assessori. L'occasione era la decisione di iniziare i lavori per il museo di Castel San Pietro.
Tosi ha criticato la scelta fatta dalla precedente Amministrazione di vincolare il Castello ad uso museale. “Era meglio-ha detto-fare scelte diverse e più redditizie”. Un assessore ha detto che Verona ha troppi spazi peri musei.
A conclusione il presidente della Fondazione Cariverona Biasi ha detto: “Sarebbe cosa buona che si studiasse un Piano Regolatore ad hoc”.
Finalmente.
Una quindicina di anni fa il Consiglio Comunale della nostra città approvò all'unanimità una mia proposta che cosi diceva :”Il Consiglio Comunale di Verona, considerata la straordinaria rilevanza del patrimonio storico-monumentale della città ritiene che il Comune debba predisporre, con il concorso di professionalità ricercate anche fuori dal nostro territorio, un Piano Regolatore pluriennale per la destinazione e l'uso dei cosiddetti grandi contenitori, Piano all'interno del quale saranno poi previsti singoli interventi particolari ...”.
Documento approvato da tutto il Consiglio Comunale di quindici anni fa. Anche dall'allora consigliere Tosi (oggi sindaco) e dall'allora consigliere Tosato (oggi assessore).
Inviai il testo di quel documento a tutte le istituzioni culturali della città accompagnato da una lunga lettera esplicativa nella quale motivavo le ragioni che mi avevano spinto a fare quella proposta e i vantaggi che ne sarebbero venuti alla città se si fosse seguito un serio metodo di pianificazione urbana.
I destinatari furono il Rettore dell'Università. i Presidi di Facoltà, i Sovrintendenti, i direttori dei Musei, il ministro dei Beni Culturali, le Accademie, la Letteraria...e altri.
Alcuni, non moltissimi, risposero approvando.
Da allora, malgrado ogni anno rinnovassi la richiesta, e malgrado mi dichiarassi disposto a rinunciare alla paternità dell'iniziativa (perché, si sa, a Verona da una certa parte non può venire nulla di buono), silenzio assoluto.
Per quindici anni nulla di fatto se non interventi a caso, di volta in volta proposti e poi ritirati, senza una qualche logica complessiva, dettati solo da esigenze elettorali, propagandistiche...
Avevo fatto quella proposta perché stavano emergendo, tra le altre, alcuni suggerimenti avanzati anche da importanti personaggi della vita pubblica cittadina, tali da far temere il peggio.
Per esempio,per esempio, per l'Arsenale ci fu chi propose la città dei giochi, un complesso di birrerie e trattorie tirolesi; darlo in dono agli austriaci per un museo storico; una caserma per i carabinieri: un museo della lirica....
Per castel San Pietro: il Casinò, il museo dell'olio e del vino, un albergo per VIP con sovrastante balera, una grande gelateria con belvedere coperto,...
Tra l'altro, prima di dire “Verona ha troppi musei” non sarebbe bene fare un inventario di quanto c'è ancora nei magazzini e negli scantinati degli attuali musei e gallerie d'arte e capire se ci sono collezioni private disponibili? Collezioni degli Enti pubblici, delle Banche, dello stesso Comune?
Abbiamo dimenticato che, due anni fa, una importante e bellissima collezione privata di quadri (della famiglia Ferro) è stata affidata al Mart di Rovereto piuttosto ad un qualche museo o a una qualche galleria pubblica veronese?
Un qualsiasi piccolo borgo o cittadina tedesca o francese o belga è orgoglioso di poter esporre anche poche opere e ne fa un richiamo anche turistico e noi, probabilmente, teniamo disegni e quadri del seicento o raccolte di medaglie o monete del Rinascimento e opere di artisti veronesi del secolo scorso nei sotterranei dei musei o nelle esclusive stanze e uffici di dirigenti di istituzioni pubbliche o Banche? E diciamo che a Verona ci sono troppi musei? E' proprio vero? Abbiamo fatto bene i conti?
Lasciamo che sedicenti artisti riempiano le nostre strade, palazzi, giardini di targhe, targhette, busti e bustini e teniamo nelle cantine autentiche opere d'arte.
Ora quella mia proposta viene fatta dal presidente della Fondazione Cariverona che, si mormora, non sia proprio un comunista. Sarà la volta buona?
Altro argomento
Su il “Verona Fedele” di queste ultime settimane c'è stato un interessante confronto tra alcuni lettori e don Fasani editorialista del settimanale cattolico veronese, portavoce del vescovo Zenti e titolare della pagina delle lettere al giornale.
Alcuni lettori avevano scritto, a proposito di Berlusconi, che “ad un credente non è consentito accettare che un comportamento morale infranto possa venire ricomposto da un consenso popolare o elettorale”.
Don Fasani risponde, indispettito, e da vero uomo di mondo quale è, che “non mi sembra che per rompere con un Governo sia sufficiente che al suo capo piacciano le donne”. Piacciano le donne. Tutto lì?
Ma i lettori insistono e ribadiscono che non può esserci separazione tra morale pubblica e morale privata. E allora il portavoce del vescovo Zenti si scatena e ricorda, come in un impietoso, osceno e compiaciuto film dell'orrore, ”i ministri democristiani, santissimi e famosissimi, che si accompagnavano a ragazzi minorenni e facevano uso di droga....Presidenti della Repubblica, santissimi e famosissimi, che cambiavano amante come si cambiano i calzini, Presidenti del Consiglio che preferivano i carabinieri dai capelli biondi...”e avanti così.
Si scusa per non averlo detto allora pur sapendolo. Lo dice adesso per salvare Papi. Per dire che è sempre stato così che non c'è da farne una tragedia, via, cosi va il mondo e se lo dice lui che è il portavoce del vescovo è come se lo dicessero tutti i cattolici veronesi.
Ma è proprio così?
Dal tono delle lettere pubblicate, e da altri segnali, pare piuttosto che il portavoce don Fasani porti, si, la voce del vescovo Zenti ma un po' meno quella di tutti i cattolici veronesi.
Parcheggi e Ludwig
Riprendiamo dopo la lunga pausa estiva queste conversazioni a radio popolare.
Come nei mesi passati parlerò, quasi esclusivamente, di fatti, persone, avvenimenti veronesi ritenendo che, su vicende nazionali, parleranno tanti altri sicuramente più informati di me. E anche perché ritengo, per antica esperienza, che parlare di Verona (o di qualsiasi altro luogo del nostro Paese) spesso è come parlare di tutto il Paese.
Oggi vi parlerò di due fatti, uno in svolgimento in questi giorni e l'altro più lontano nel tempo ma riemerso in questi giorni con alcuni aspetti inquietanti.
Il primo: i contestati (giustamente) parcheggi sotterranei in particolare quello di San Zeno e quello di piazza S.S Apostoli.
E' vero che il piano dei parcheggi era stato approvato dalla precedente Giunta di centro sinistra, quella di Zanotto, ma è anche vero che, ancora prima, era stato preparato e approvato dalla giunta Sironi con relativa maggioranza di centro destra cioè con il voto di alcuni dei partiti che ora sono fieramente contrari.
Per il parcheggio di San Zeno, in piazza Corrubio, Zanotto ha precisato che Corsi e Tosi, rispettivamente assessore alla viabilità e sindaco, raccontano balle quando affermano che non si può tornare indietro perché l'iter burocratico è troppo avanti e il Comune avrebbe dovrebbe pagare una forte penale.
Zanotto ricorda che lui, Zanotto, si era limitato a inserire il parcheggio di San Zeno nel piano triennale delle opere e che si era fermato a quell'unica azione ufficiale e che è stato Tosi a voler procedere nell'iter burocratico e a far avanzare l'opera mentre poteva agevolmente bloccarla senza conseguenze di risarcimento alla ditta costruttrice e Zanotto ha ragione.
Però,aggiungo io, che è un altra balla affermare, come fa Corsi, che il risarcimento alla ditta costruttrice sarebbe altissimo. Non è vero perché, per esempio, uno degli elementi che ci ha consentito di bloccare il parcheggio di piazzale Cadorna è stata la tesi che sarebbe bastato sollevare la questione del pericolo per la salute dei cittadini per l'inquinamento provocato dai gas di scarico soffiati nell'aria dagli sfiatatoi e dalle rampe di entrata e uscita del garage per bloccare la costruzione e la penale si sarebbe ridotta al pagamento delle sole spese di progettazione. Cioè poca cosa
Per quel che riguarda l'altro parcheggio, quello della piazza S.S. Apostoli con il danneggiamento della omonima chiesa dovuto agli scavi a pochi metri dalle sua fondamenta, nel febbraio scorso qui, a radio popolare, dicevo che era assurdo che si pretendesse di far pagare il danno a tutti i cittadini e che il Comune avesse già versato 35 mila euri e che si apprestasse a versarne altri.
Se le crepe nei muri della antica chiesa dipendono dagli scavi per il parcheggio a pagare dovranno essere o l'impresa costruttrice o i proprietari dei garage o gli sconsiderati consiglieri comunali che hanno approvato quell'intervento.
Nessuno ne ha più parlato forse perché la ditta che sta facendo il parcheggio è la stessa che vuole fare il tunnel sotto le Torricelle e, si sa, gli affari sono affari.
Qualche consigliere comunale di opposizione può chiedere spiegazioni?
Ora veniamo all'altro fatto che come ho detto è molto lontano nel tempo ma che oggi si ripresenta con aspetti inquietanti.
Gianni Cantù era (ora è da tempo in pensione) il più preparato “cronista di nera” de “L'Arena”.
Ha scritto anche dei libri ma era soprattutto il giornalista della cronaca nera e aveva entrature serie presso la Questura, i carabinieri, la polizia politica( oggi Digos) la Prefettura e in un giorno di agosto di quest'anno rilascia un intervista ad un giornale nazionale, intervista che viene ripresa da “L'Arena” il 24 agosto.
L'intervistatore è Stefano Lorenzetto anche lui è stato giornalista de “L'Arena” e perciò conosce bene il Cantù.
Si parla della vicenda Ludwig cioè di quella mattanza in stile nazista (quindici assassinati) commessa dai veronesi Furlan e Abel tra il 1977 e il 1984.
Sostiene il Cantù che quando tentarono di incendiare con una tanica di benzina la discoteca di Castiglione delle Stiviere affollata di ragazzi e ragazze e furono invece arrestati necessariamente dovevano essere stati accompagnati e assistiti da un altra persona.
Una terza persona che, dice il Cantù, “ oggi, 2009, è un personaggio molto in vista che ha ricoperto incarichi pubblici ed era il rampollo di un imprenditore ricchissimo”.
Un identikit perfetto. Non resta che la caccia al tesoro cioè al complice. A Verona il campo non è tanto esteso.
Cantù non dice penso, presumo, che dovesse esserci una terza persona, no. Ne descrive con precisione le caratteristiche, quasi l'identità. Personaggio pubblico, rampollo di un imprenditore ricchissimo che, altro particolare, “accompagnò Abel e Furlan con la sua Mercedes”.
Cioè Cantù afferma, in pratica, di sapere chi era il terzo uomo, il complice di Ludwig.
All'epoca anch'io su “L'Unità” avanzai l'ipotesi del terzo uomo scrivendo che era difficile che i due fossero andati in giro in motorino, motorino che non si è mai trovato, con una tanica di benzina sul manubrio. Ma la Magistratura decise che i due avevano agito da soli.
Non ne fui (e non ne sono ) convinto ma tant'è.
Ora però il fatto strano, e un po' inquietante, è che, dopo l'intervista a Cantù dell'agosto scorso, dopo quasi due mesi, “L'Arena”, non abbia ripreso l'argomento magari per dire che era un pezzo giornalistico di colore, estivo, senza importanza.
Niente, silenzio.
Forse sarebbe bene che qualcuno (magari “chi di dovere” come si diceva una volta) intervenisse per spiegare, chiarire o smentire. Altrimenti seguendo le indicazioni di Cantù ognuno di noi può sbizzarrirsi a dare un qualsiasi nome a quel rampollo figlio di ecc. ecc e, per dir la verità, non mi sembra una gran bella cosa.
Come nei mesi passati parlerò, quasi esclusivamente, di fatti, persone, avvenimenti veronesi ritenendo che, su vicende nazionali, parleranno tanti altri sicuramente più informati di me. E anche perché ritengo, per antica esperienza, che parlare di Verona (o di qualsiasi altro luogo del nostro Paese) spesso è come parlare di tutto il Paese.
Oggi vi parlerò di due fatti, uno in svolgimento in questi giorni e l'altro più lontano nel tempo ma riemerso in questi giorni con alcuni aspetti inquietanti.
Il primo: i contestati (giustamente) parcheggi sotterranei in particolare quello di San Zeno e quello di piazza S.S Apostoli.
E' vero che il piano dei parcheggi era stato approvato dalla precedente Giunta di centro sinistra, quella di Zanotto, ma è anche vero che, ancora prima, era stato preparato e approvato dalla giunta Sironi con relativa maggioranza di centro destra cioè con il voto di alcuni dei partiti che ora sono fieramente contrari.
Per il parcheggio di San Zeno, in piazza Corrubio, Zanotto ha precisato che Corsi e Tosi, rispettivamente assessore alla viabilità e sindaco, raccontano balle quando affermano che non si può tornare indietro perché l'iter burocratico è troppo avanti e il Comune avrebbe dovrebbe pagare una forte penale.
Zanotto ricorda che lui, Zanotto, si era limitato a inserire il parcheggio di San Zeno nel piano triennale delle opere e che si era fermato a quell'unica azione ufficiale e che è stato Tosi a voler procedere nell'iter burocratico e a far avanzare l'opera mentre poteva agevolmente bloccarla senza conseguenze di risarcimento alla ditta costruttrice e Zanotto ha ragione.
Però,aggiungo io, che è un altra balla affermare, come fa Corsi, che il risarcimento alla ditta costruttrice sarebbe altissimo. Non è vero perché, per esempio, uno degli elementi che ci ha consentito di bloccare il parcheggio di piazzale Cadorna è stata la tesi che sarebbe bastato sollevare la questione del pericolo per la salute dei cittadini per l'inquinamento provocato dai gas di scarico soffiati nell'aria dagli sfiatatoi e dalle rampe di entrata e uscita del garage per bloccare la costruzione e la penale si sarebbe ridotta al pagamento delle sole spese di progettazione. Cioè poca cosa
Per quel che riguarda l'altro parcheggio, quello della piazza S.S. Apostoli con il danneggiamento della omonima chiesa dovuto agli scavi a pochi metri dalle sua fondamenta, nel febbraio scorso qui, a radio popolare, dicevo che era assurdo che si pretendesse di far pagare il danno a tutti i cittadini e che il Comune avesse già versato 35 mila euri e che si apprestasse a versarne altri.
Se le crepe nei muri della antica chiesa dipendono dagli scavi per il parcheggio a pagare dovranno essere o l'impresa costruttrice o i proprietari dei garage o gli sconsiderati consiglieri comunali che hanno approvato quell'intervento.
Nessuno ne ha più parlato forse perché la ditta che sta facendo il parcheggio è la stessa che vuole fare il tunnel sotto le Torricelle e, si sa, gli affari sono affari.
Qualche consigliere comunale di opposizione può chiedere spiegazioni?
Ora veniamo all'altro fatto che come ho detto è molto lontano nel tempo ma che oggi si ripresenta con aspetti inquietanti.
Gianni Cantù era (ora è da tempo in pensione) il più preparato “cronista di nera” de “L'Arena”.
Ha scritto anche dei libri ma era soprattutto il giornalista della cronaca nera e aveva entrature serie presso la Questura, i carabinieri, la polizia politica( oggi Digos) la Prefettura e in un giorno di agosto di quest'anno rilascia un intervista ad un giornale nazionale, intervista che viene ripresa da “L'Arena” il 24 agosto.
L'intervistatore è Stefano Lorenzetto anche lui è stato giornalista de “L'Arena” e perciò conosce bene il Cantù.
Si parla della vicenda Ludwig cioè di quella mattanza in stile nazista (quindici assassinati) commessa dai veronesi Furlan e Abel tra il 1977 e il 1984.
Sostiene il Cantù che quando tentarono di incendiare con una tanica di benzina la discoteca di Castiglione delle Stiviere affollata di ragazzi e ragazze e furono invece arrestati necessariamente dovevano essere stati accompagnati e assistiti da un altra persona.
Una terza persona che, dice il Cantù, “ oggi, 2009, è un personaggio molto in vista che ha ricoperto incarichi pubblici ed era il rampollo di un imprenditore ricchissimo”.
Un identikit perfetto. Non resta che la caccia al tesoro cioè al complice. A Verona il campo non è tanto esteso.
Cantù non dice penso, presumo, che dovesse esserci una terza persona, no. Ne descrive con precisione le caratteristiche, quasi l'identità. Personaggio pubblico, rampollo di un imprenditore ricchissimo che, altro particolare, “accompagnò Abel e Furlan con la sua Mercedes”.
Cioè Cantù afferma, in pratica, di sapere chi era il terzo uomo, il complice di Ludwig.
All'epoca anch'io su “L'Unità” avanzai l'ipotesi del terzo uomo scrivendo che era difficile che i due fossero andati in giro in motorino, motorino che non si è mai trovato, con una tanica di benzina sul manubrio. Ma la Magistratura decise che i due avevano agito da soli.
Non ne fui (e non ne sono ) convinto ma tant'è.
Ora però il fatto strano, e un po' inquietante, è che, dopo l'intervista a Cantù dell'agosto scorso, dopo quasi due mesi, “L'Arena”, non abbia ripreso l'argomento magari per dire che era un pezzo giornalistico di colore, estivo, senza importanza.
Niente, silenzio.
Forse sarebbe bene che qualcuno (magari “chi di dovere” come si diceva una volta) intervenisse per spiegare, chiarire o smentire. Altrimenti seguendo le indicazioni di Cantù ognuno di noi può sbizzarrirsi a dare un qualsiasi nome a quel rampollo figlio di ecc. ecc e, per dir la verità, non mi sembra una gran bella cosa.
Iscriviti a:
Post (Atom)