12 novembre 2010

Intervento a radio popolare 12-11-2010 su fai da te, assessore Rossi e altro.

Con le acque dell'alluvione il Veneto, in questi giorni, è stato sommerso anche dalla melma di un insopportabile razzismo traboccato dalle dichiarazioni di politici, da resoconti giornalistici e televisivi e persino dalle battute della celebre Olga di Silvino Gonzato su “L'Arena”.

I “calcinacci di Pompei” del sempreunto governatore del Veneto Zaia, contrapposti alle case allagate del veneto, il dolore dignitoso dei veneti contrapposto a quello urlato e becero dei meridionali, il “fai da te”, l'operosità dei veronesi, dei vicentini, dei padovani, contrapposto alla indolenza supplice dei napoletani e dei siciliani.

Quel che avevo da dire, che mi sentivo di dire, sulla disastrosa alluvione e sul “fai da te” nostrano, tutto veneto, sul dissesto idrogeologico fatto in casa, l'ho già detto la settimana scorsa sempre qui da Radio Popolare guadagnandomi, insieme, insulti e apprezzamenti e, per chi volesse, la trascrizione di quell'intervento la può trovare su “il blog di Giorgio Bragaja” o sul sito di Radio Popolare.

Voglio parlare adesso della vicenda dell'assessore comunale Mario Rossi ingiustamente relegata sul versante tragicomico da giornali e televisioni ma che ha, invece, secondo me, un senso meno macchiettistico, più serio.

Riepiloghiamo: un mese fa, circa, Mario Rossi esponente di primo piano dell' UDC veronese, consigliere comunale e consigliere provinciale, viene nominato assessore al Comune di Verona e, come impone la legge sugli Enti Locali, si dimette sia da consigliere comunale che da consigliere provinciale.

La settimana scorsa, intervenendo in un convegno del suo partito, Rossi punta il dito sugli emolumenti troppo alti dei dirigenti comunali e degli amministratori delle aziende pubbliche e, dato che c'è, afferma che il capo ufficio stampa del sindaco, Roberto Bolis, esorbiterebbe dalle sue funzioni, sarebbe fin troppo bravo tanto che, in pratica, sarebbe lui il vero sindaco di Verona.

E' vero, una cosa così uno la può anche pensare ma, se è assessore della giunta Tosi, farebbe meglio a tenersela per se.
Tosi si infuria e lo caccia dalla Giunta.

Rossi si scusa ma Tosi conferma la defenestrazione e Rossi resta, come si usa dire, “in braghe di tela” perché, ora, non è più assessore, non è più consigliere comunale non è più consigliere provinciale.
Peggio di così non poteva andargli e i media lo prendono un po' in giro.

Io la vedo diversamente e mi spiego.

Parto da una constatazione: la reazione di Tosi è stata esagerata. In fondo Rossi non ha espresso quel giudizio in Consiglio Comunale ma in una riunione del suo partito, si è scusato, altri assessori avevano, in altre occasioni, criticato Tosi senza essere cacciati.....

Ma quelle altre critiche, quelle degli altri assessori, riguardavano singoli atti del sindaco non attenevano alla sua credibilità in quanto sindaco ma, proprio per questo, Tosi avrebbe dimostrato l'inattendibilità della critica di Rossi solo se l'avesse considerata una battuta o poco più e, come tale, declassata.
E invece la reazione, esagerata, ha dato peso alla critica e ha mostrato che Rossi aveva toccato un tasto delicato, un nervo scoperto.

Sono tanti in città, soprattutto negli ambienti dell'informazione, e non solo, a ritenere che, effettivamente, il portavoce del sindaco, Bolis, sia uno che vuole comandare e che “comanda”.
Del resto la sua formazione, nella politica attiva, oltre che nella professione, è più antica e di più sostanza di quella di Tosi e la caratteristica preminente dell'amministrazione Tosi non è la continua esternazione mediatica? Proprio il terreno di Bolis?
E cioè l'esposizione martellante del nulla di fatto, del dichiarato, dell'appariscente, del rappresentato, del di là da venire, dell'apparso e subito scomparso.

Pensiamo alle ronde leghiste presentate con grande clamore due anni fa in piazza Erbe e scomparse nelle nebbie della periferia tra lo scherno generale, alle ordinanze e ai divieti anti merendine, al tunnel e alla tranvia sommersi dalle carte, a Verona capitale del mondo di questo e di quello, alle bolse sagre strapaesane nelle antiche piazze il tutto tra il fumo delle continue apparizioni in televisione sempre più ripetitive e noiose e le dichiarazioni tipo i “quattro sassi” di San Zeno e di lungadige Capuleti.

Insomma una politica quasi esclusivamente mediatica per riempire il vuoto delle realizzazioni non fatte, la politica, cioè, costruita in buona parte dal suo portavoce.

Il povero assessore Rossi aveva centrato il bersaglio.
In un certo senso aveva mostrato il re nudo e il re lo ha cacciato.

Giorgio Bragaja

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