19 luglio 2010

a radio pop 14-7-2010 su giardini per Escrivà e altro

Giuseppe Brugnoli ha uno spazio settimanale sul giormale “L'Arena”, del quale è stato anche direttore, dove parla, scrive, di costume, di fatti, di persone.
L'altro giorno ha scritto della nostra città, di come va continuamente cambiando e non in meglio.
Lo spunto è stato la trasformazione del centralissimo palazzo delle Poste, a due passi da piazza Erbe e piazza dei Signori, in una residenza di lusso, un grande dormitorio per gente danarosa.
Il palazzo delle Poste, scrive Brugnoli, assieme ad altri luoghi di importanti servizi civici, era “la città” il suo aspetto anche morale.

Dormitorio di lusso che, di notte, da quando fa buio fino all'alba, sarà magari disturbato da torme di giovanotti che abbandonano in massa le vaste e lontane periferie, desolate accolte di abitazioni povere, per arrivare in centro a sognare davanti ad un bicchiere una vita meno solitaria e derelitta di quella che stanno vivendo tra lavori precari o disoccupazione in tutte le giornate.
Il degrado di una città non avviene tutto di un colpo ma comincia quando civiche amministrazioni abbandonano parte delle loro residenze nella città.

Fin qui Brugnoli. Tutto vero e tutto giusto e descritto con quel tanto di indignazione che non guasta.
Manca qualcosa però.
I giovani di cui scrive Brugnoli sono, in gran parte, i figli o i nipoti di quei cittadini veronesi, circa 30 mila, operai, artigiani, pensionati, impiegati che vivevano alla Carega, ai Filippini, a San Stefano, in Sottoriva e in altri rioni del centro, che alcuni decenni fa furono cacciati da una economia famelica e senza cultura e da una politica consenziente e senza la speranza di un futuro più giusto.
Fu soprattutto quella migrazioni forzata che cambiò il volto della città.
E ora il bicchiere in piazza Erbe e dintorni dei giovani delle periferie non è che un illusorio ritorno nei luoghi descritti dai loro anziani.
Il che rende ancora più triste il rito dello sballo del sabato sera in centro storico.

altro argomento

La notizia mi era sfuggita e alcuni amici me l'hanno ricordata.
La stampa cittadina, e varie agenzie nazionali, giorni fa, riportavano, con molto risalto,
la seguente notizia:
“Alla presenza di numerose autorità la città di Verona ha intitolato al fondatore dell'Opus Dei, Josemaria Escrivà di Balaguer una gradevole area verde. Situati tra via del Pontiere e lungadige Capuleti i giardini san Josemaria Escrivà risultano molto vicini all'Arena e alla tomba di Giulietta in sintonia con la vocazione artistica della città e molto frequentati dai turisti.
La targa è stata inaugurata dal sindaco Tosi che ha sottolineato il forte impulso dato da san Josemaria al mondo cattolico all'interno della società civile.

L'assessore Polato ha detto che Josemaria ha lasciato un segno nella storia con il suo messaggio di speranza. L'assessore Sboarina ha detto che l'intitolazione dei giardini a Josemaria è un gesto che ci rende felici e orgogliosi per tutta Verona.
Risaltava una delegazione della Associazione Nazionale Alpini”.

Fin qui la notizia.

Il fondatore dell'Opus Dei è stato fatto santo da Wojtila alcuni anni fa con tempi da primato olimpico e una procedura, dicono in molti, alquanto disinvolta tanto è vero che l'attuale Papa, anche per questo, sta frenando la corsa del suo predecessore al “santo subito”.

Il buon Josemaria fu un appassionato sostenitore del dittatore Francisco Franco e quando Papa Montini nel 1966 abolì l' Index Librorum Prohibitorum in vigore dal 1559 lui, Josemaria, istituì, ricalcandolo, la “Guida Bibliografica dei libri vietati”.
Tra questi, libri di Alfieri, Adorno, Balzac, Bergson, Bobbio, Croce (l'opera completa), Cartesio, Kundera, Pascal, Pavese, Proust, Roth, Rousseau, Spinoza, Voltaire, Zola....per non parlare di Labriola, Gramsci, Marx e tantissimi altri.

L'Opus Dei ha case, palazzi, scuole, attività commerciali, alberghi, sparsi in tutta Italia e anche a Verona: via Duomo , via Leoncino, Torricelle....

Tutti, privati, enti pubblici, associazioni, partiti, giornali, aziende, presentano i loro bilanci. Che io sappia non esiste, in qualche parte, un bilancio dell'Opus Dei che si possa vedere.
Ora ha anche un suo giardino a Verona e secondo i sopracitati assessori è un fatto che ci dovrebbe “rendere felici e orgogliosi”.

Le dichiarazioni e i commenti che i nostri assessori fanno in questa e in altre occasioni, i loro comportamenti, i posti di rilievo e di responsabilità, retribuiti, che ricoprono, il prestigio che a loro viene concesso, mi mettono in contraddizione con me stesso.

Mi spiego: io non credo ai miracoli. Ma se non esistono i miracoli come si spiega l'esistenza dei miracolati di cui sopra?

Alla cerimonia pare fossero presenti quelli dell'Opus Dei che, a Verona, non contano niente, avvocaticchi, ufficialetti, qualche prete, ma non quelli che contano veramente: banchieri, industriali , immobiliaristi. Questi hanno lasciato la rappresentazione alle sole comparse con contorno di alpini inconsapevoli e turisti deliziati. Loro hanno altri luoghi, riparati e discreti, esentasse.

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il 14 luglio, che in Francia è festa nazionale perché in quel giorno, tanti anni fa, i francesi decisero che non ne potevano più del Re (semplifico) e assaltarono la Bastiglia, il carcere simbolo della tirannia, ha detto: “...è ora di dare un taglio al giacobinismo italiano”.

A proposito di tagli e di giacobini qualcuno dovrebbe consigliare a Berlusconi l'ascolto di un bel canto popolare francese di quei tempi: “ ça ira “, magari nella interpretazione di Edith Piaf.

Giorgio Bragaja

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