a radio pop il 9-6-2010 su piazza erbe e mediatori, Glaxo e altro
Quando ero bambino ogni tanto mio padre mi portava in piazza Erbe il lunedì mattina (abitavamo a poche decine di metri di distanza) perché in piazza Erbe, il lunedì mattina, c'era il mercato. Non quello fisso dei “bancheti”, che quello c'era sempre, ma il mercato dei contadini.
Mi spiego. Nello spazio tra i “bancheti”, il toloneo, e la cortina delle case, soprattutto dalla parte della Costa, si radunavano i contadini della collina, della montagna e delle basse che avevano qualcosa da vendere o che volevano comprare qualcosa: bestiame, partite di vino, campi o altro. Molti, d'inverno, avevano il tabarro.
E in mezzo a loro c'erano i mediatori, categoria professionale riconosciuta, penso ci fosse anche un Albo o un Registro della professione.
E lì in piazza avveniva la trattativa ad alta voce tra venditore e compratore con in mezzo il mediatore.
Il venditore chiedeva dieci per avere come minimo cinque, il compratore protestava arrabbiato, interveniva il mediatore e l'affare si concludeva.
A fare l'affare e guadagnarci veramente, era, dei due contendenti, quello più forte economicamente, perché poteva resistere di più, e, naturalmente, anche il mediatore che incassava la percentuale.
Era divertente anche perché parlavano dialetti diversi dal mio, di città, e alcune parole me le doveva “tradurre” mio padre perché non esisteva, e non esiste, “un” dialetto veronese ma molti dialetti veronesi.
Cambiamo piazza.
Sulle intercettazioni Berlusconi spara alto, fa richieste esagerate, fuori dalla Costituzione, l'opposizione parlamentare protesta indignata, intervengono Fini e D'Alema che fanno ritirare a Berlusconi, che è il più forte, alcune proposte palesemente incostituzionali. L'indignazione sparisce o cala a secondo dei casi e Berlusconi incassa quello che gli interessa veramente e cioè una corposa limitazione della libertà di informazione e di indagine.
Andrà così? Speriamo di no.
Piazza Montecitorio non è (non dovrebbe essere) come quella piazza Erbe di allora.
La volta scorsa non riuscii a far entrare l'argomento Glaxo nei tempi del mio intervento e così lo riprendo oggi.
Durante l'assemblea di Federmanager che si è svolta qualche giorno fa nella sede di Confindustria veronese si è parlato anche della questione Glaxo, l'azienda farmaceutica multinazionale che chiude la sede di Verona con circa 500 ricercatori e altrettanti lavoratori della produzione e dell'indotto che resteranno senza lavoro. Un colpo durissimo per l'economia veronese.
E si è discusso anche, naturalmente, della proposta di acquisizione da parte della azienda americana Aptuit che “dovrebbe subentrare” nelle attività della Glaxo, e dell'andamento delle trattative in corso.
Trattative che si stanno svolgendo soprattutto tra il ministro Sacconi, Glaxo e Aptuit e non sempre con la presenza del sindacato.
Nel corso dell'assemblea ci sono stati vari interventi, tutti vagamente ottimistici, sul futuro dell'azienda.
Meno uno. Quello dell'ex presidente Glaxo e di Farmindustria Gian Piero Leoni che ha espresso “preoccupazione per la possibile dispersione da Verona delle eccellenze professionali che saranno inglobate in altri centri Glaxo”. Altri centri Glaxo vuol dire andarsene in giro per il mondo.
Leoni ha proseguito “..c'è un futuro poco promettente per il settore del farmaco caratterizzato da un aumento dei costi per la ricerca e, in più, c'è la scadenza, nel 2011, di numerosi brevetti di prodotti che incidono sul fatturato delle aziende per l'80% e le multinazionali sono state costrette a tagli chirurgici ; per ridurre i costi bisogna ridurre l'attività.”
E ha concluso :”La creazione di una nuova imprenditorialità potrebbe essere la risposta al rischio di perdere risorse”. L'Aptuit? Ha una caratterizzazione produttiva diversa e da quel che leggo e sento ho forti dubbi che possa essere la soluzione. Dubbi che sembrano avere anche i ricercatori Glaxo se è vero che alcuni di loro stanno già cercando lavoro altrove.
Ho conosciuto il dottor Leoni il 9 aprile del 2001 durante una audizione in una Commissione comunale.
Avevo chiesto un incontro perché si discutesse con la Glaxo la drammatica questione dei farmaci anti Aids il cui brevetto l'azienda voleva a tutti i costi proteggere per impedire che i Paesi africani e asiatici, flagellati dalla malattia, potessero produrlo in proprio a basso costo.
La Glaxo aveva addirittura intentato un processo contro Mandela, il nuovo presidente del Sud Africa, e la richiesta che illustrai in commissione era che l'azienda, che aveva una sua sede importante a Verona, recedesse dal processo consentendo così, subito, la produzione del farmaco salvavita ai Paesi più colpiti dalla malattia.
Ho riletto ieri il verbale di quella riunione.
Il dottor Leoni illustrò le ragioni in difesa della Glaxo con durezza, senza infingimenti, chiaro e comprensibile, niente giri di parole.
Non condivisi nulla di nulla del suo argomentare ma ne apprezzai la chiarezza. I rappresentanti della maggioranza (Giunta Sironi), tra i quali due medici di AN, si schierarono platealmente con la Glaxo.
Così oggi penso che quanto ha detto pochi giorni fa Leoni sia da considerare seriamente. Dice la verità: i dipendenti della Glaxo sono a serio rischio e occorre mettere da parte i facili ottimismi e lasciar perdere le promesse perditempo del ministro Sacconi e, se la Glaxo ha sede a Verona, perché il sindaco di Verona e il Presidente della Provincia di Verona non ci mettono veramente la faccia qui a Verona e a Roma?
La presidente provinciale di Federmanager Helga Fazion ha concluso: “Ci aspettavamo una risposta dagli amministratori locali”.
Che, evidentemente, non c'è stata.
Tosi, emulo di Zaia, era impegnato a giustificare con dichiarazioni e minacce di denuncia, i suoi 190 chilometri all'ora in autostrada e qualche sosta vietata in più.
Giorgio Bragaja
09 giugno 2010
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