10 maggio 2013

a radio pop 20130502 su le botteghe del centro, e altro L'”L'Arena”, il giornale di Verona, dedica una intera pagina alla “Città che cambia” con il titolo: “Spariti quasi tutti i negozi storici sostituiti da grandi catene, griffe, e dagli empori di souvenir; dalle vecchie botteghe della Via Nuova al Centro-vetrina per turisti”. “Cinque solo intorno alla casa di Giulietta. Spuntati come funghi uno dopo l'altro. Cinque negozi di gadget, che vendono tutti gli stessi souvenir di Verona per lo più made in Cina. E' questo forse uno dei segnali più chiari del profondo cambiamento del nostro centro storico dove la rapidità con cui le attività commerciali aprono e chiudono è sempre maggiore: un paio di settimane senza passare da via Mazzini e via Cappello e si può star certi che al ritorno si troverà qualche nuovo arrivo e altrettante defezioni. Il centro è sempre meno il luogo degli acquisti dei veronesi, che per comprarsi abiti e scarpe preferiscono probabilmente andare ai centri commerciali fuori città. Intanto il centro si vota ai turisti: anche chi non se ne va si trasforma in tal senso”. L'architetto Giorgio Forti afferma “.....questo dipende da scelte sia individuali che amministrative e politiche che nel nostro caso sono totalmente mancate.....molti negozi sono stati comprati dai cinesi....poi gli stessi commercianti si lamentano perché arrivano i cinesi: ma chi è che ha venduto?”. Non ha torto ma la domanda vera è: “Perché hanno venduto?”. Perché era sparita la loro clientela cioè gli abitanti del centro città, 30 mila espulsi in dieci anni dalle politiche urbanistiche asociali delle amministrazioni. I cinesi sono venuti dopo. Ho tenuto i volantini e i manifesti che testimoniano che quella devastazione non è stata senza avversari. Ma erano in troppi: Confindustria, immobiliari, Chiesa, Banche..... E' cambiato completamente il tessuto sociale del centro storico, è cambiato il tipo di cliente. Nel centro storico fino agli anni 50/60 aveva il suo insediamento anche un ceto sociale proletario e piccolo borghese, a basso reddito, i cui consumi erano legati alle piccole botteghe, cliente e bottegaio si conoscevano da anni, dove era possibile”mettere sul conto” cioè pagare alla fine della settimana o alla fine del mese secondo il tipo di salario o stipendio che si percepiva. Abitare alla Carega o ai Filippini o a Santo Stefano, qualche decennio fa, significava avere pochi soldi, fare fatica a tirare avanti. Oggi, dopo la scellerata politica urbanistica di quegli anni, significa avere un buon conto in Banca. Cambia la domanda cambia l'offerta. Clienti danarosi? Botteghe lussuose. “E' il mercato bellezza!” ( mi scuso per la citazione storpiata). Corrono tempi nei quali motivi per stare un po' allegri non ce ne sono molti però una qualche distrazione ce la dà ogni tanto il consigliere comunale Gianluca Fantoni che mi pare sia ora della Lega o del Pdl ma non ha importanza. Dimenticavo, è anche vicepresidente del Consiglio. Per chi non ce l'ha nel suo taccuino delle persone importanti è quel tale che propose, nell'ordine: il terrazzamento sull'Adige di fronte al Teatro Romano per snellire il traffico, una passerella aerea tra il ponte della Pietra e il sagrato della chiesa di Santo Stefano, sempre per snellire il traffico, una galleria tra i bastioni di San Giorgio e i giardini di ponte Garibaldi sempre per snellire il traffico (è una sua fissa), battelli per turisti, sulle rapide sotto Ponte Pietra, battelli con cingoli naturalmente, per poter risalire, alla Giarina, e portare i turisti in giro per Verona e sollecitava la Giunta comunale a chiedere agli USA uno di quelli usati nella guerra in Irak. E ieri la sua proposta di copertura dell'anfiteatro con una cupola amovibile sostenuta da quattro grandi pilastri di acciaio, è stata ricordata dal quotidiano cittadino. E subito è arrivato il secco e infastidito no del ministero. Però, secondo me, sarà bene stare attenti perché il nostro è un paese nel quale anche le cose più stupide, se ripetute molte e molte volte, diventano cose accettabili. Giorgio Bragaja

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