21 gennaio 2011

A radiopop 21-1-2011 cultura a Verona, obelischi, banche, Glaxo e altro

Proprio per fare una pausa, per interrompere il flusso maleodorante di notizie sul nostro capo del governo, sui suoi cortigiani nostrani, sui veronesi della Lega che gli fanno da palo e distraggono dai dopocena del cavaliere incappucciando il monumento a Garibaldi in spregio all'unità d'Italia e cosi “L'Arena” riempie una paginona e non trova lo spazio per chiedere invece ai leghisti veronesi cosa pensano del loro sodale di Arcore, parliamo un po' d'altro.

L'assessore alla cultura, Mimma Perbellini, dice che il turismo a Verona tiene, anzi cresce di un 10% e da i numeri, le cifre.
Totale visitatori nel 2010: un milione e 250 mila non contando naturalmente gli spettatori degli spettacoli areniani.

Ho voluto capire un po' meglio questi numeri.

Se da questa cifra togliamo i visitatori ai luoghi tradizionali cioè i luoghi nei quali il flusso dei visitatori (certificato dai biglietti staccati) è dovuto alla rilevanza del luogo stesso e non ad eventi culturali che lì si svolgono e cioè la casa di Giulietta, la tomba di Giulietta, Castelvecchio, l'Arena come monumento, il museo lapidario, il museo archeologico, San Giorgeto, restano (il conto è facile) 80 mila visitatori distribuiti tra le numerose chiese a pagamento, la Galleria d'arte moderna, gli Scavi scaligeri e altro.

Cioè nessun evento speciale dunque, nessuna grande iniziativa che abbia attratto un suo specifico flusso di turisti e del resto l'assessore fa capire che serve altro, per esempio il “turismo sanitario” (ne ho parlato, male, la volta scorsa) e conclude, tutta contenta, che “non bisogna dormire sugli allori”. Dormire sugli allori?
A questo proposito interviene sul giornale “L'Arena” la consigliera comunale del PD Orietta Salemi
e cita esempi e dice cose sensatissime ed esprime proposte e tesi a noi care da tempo come sanno gli ascoltatori di radio popolare.

Scrive la Salemi: “...l'assessore Perbellini auspica l'avvento di un Mecenate che possa finanziare progetti e iniziative...ma per quale buona, santa ragione un imprenditore o una cordata di imprenditori dovrebbe investire risorse ed energie di fronte ad un deserto progettuale?”.

E continua:” Mi si dirà: c'è bisogno di risorse. No, c'è bisogno di idee...di un obiettivo comune e più alto: quello di una città che, con il suo patrimonio di risorse storiche e artistiche attende di tornare a essere vera protagonista dell'attenzione e dell'interesse nazionale e globale della contemporaneità”.
E la consigliera Salemi porta esempi di altre città che hanno fatto e fanno questo.
Parole sante. Dubito però che verranno ascoltate da chi dovrebbe.

A conferma di questa mia sfiducia “L'Arena” ieri dava la notizia di un prossimo grande evento culturale.
Il titolo: “ Un obelisco in mezzo a Corte Melone”.

Ecco la descrizione dell'opera, opera presentata con entusiasmo dall'assessore all'arredo urbano del Comune di Verona, Pisa, e dal presidente della circoscrizione Centro storico Gelmetti: ” ...un monumento dell'orafo Alberto Zucchetta che rappresenta una allegoria di Verona, ci saranno elementi riferiti all'Adige, alla produttività e all'ingegno dei veronesi e a Dante Alighieri e si basa sul linguaggio matematico della bellezza sui multipli del tre come usavano gli artisti classici.

E ancora: “Si tratterà di un obelisco di sei blocchi di marmo bianco di Verona alto più di tre metri, che indicherà il centro esatto della città essendo Corte Melone a metà strada tra piazza Erbe e piazza Bra. L'obelisco sarà collocato su un basamento circolare di marmo con incisa una stella a otto punte e i 24 mestieri popolari scritti in veronese e con fissati un melone e una zucca fusi in bronzo”.

Il melone perché il luogo è Corte Melone, la zucca perché l'autore si chiama Zucchetta. Mi pare che neanche Michelangelo mettesse“firme” così evidenti.

Corte Melone è quello spazio tra via Quattro Spade e via Catullo ed ha certo bisogno di una riqualificazione ma cosa c'entra l'obelisco?

Rivolgo una accorata preghiera alla sovrintendente Gianna Gaudini, alla direttrice del Museo di Castelvecchio e, da qualche giorno, anche direttrice della Galleria d'arte moderna Paola Marini, persone che conosco e stimo e a quanti in questa disgraziata città non siano oramai già del tutto imbarbariti: “Fermateli!”.

Hanno riempito la città, le sue strade, le sue piazze, i suoi giardini, le sue fontane, le facciate dei suoi palazzi, perfino gli argini del fiume con statue, statuine, targhe, busti, in bronzo, in marmo, opere di sedicenti e comunque improbabili artisti senza una scelta, senza un concorso, come se la città fosse proprietà privata di chi, temporaneamente, la amministra.

Amministrare vuol dire gestire e tutelare il bene di una comunità. Per mettere le mani su una città, su una città come Verona, ma su qualsiasi città e luogo storico di questo Paese bisogna agire con cautela somma, chiamare a confrontarsi i migliori e, forse, meglio non intervenire affatto.

La giustificazione: “ce le regalano”, le opere. Che dire? Veramente abbiamo gli amministratori che ci meritiamo o, forse, siamo particolarmente sfortunati?
Abbiamo avuto in dono una città splendida e lasciamo in eredità una galleria di infimo ordine per sedicenti artisti.
Eccezionalità del lascito e miseria del restituito. Così diranno di noi?
Dunque, fermateli, non siate corresponsabili.

Su “Verona Fedele” di questa mattina don Fasani se la prende con la TV di stato “...i cui programmi sono tutti intenti a insegnare alle nuove generazioni le moderne tecniche del Kamasutra”, con Corrado Augias “...impegnato a ritagliarsi spazi da moderno Voltaire”, con “...lo sghignazzo scomposto della Littizzetto coprolalica da tempo trasferitasi con la testa a sud dell'ombelico”.
A parte il linguaggio spinto che, a parer mio, rivela una malcelata morbosità, non una parola sugli ,invece edificanti, dopocena di Arcore.
Tant'è. Alcuni mesi fa don Fasani scese in campo in difesa di Berlusconi scrivendo: “...ce l'hanno con lui solo perché gli piacciono le donne”. Il conto torna.

Di Glaxo e di banche parlerò la prossima volta.

Giorgio Bragaja

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