intervento a radiopop 24-12-2010 su Torri, l'inno di Mameli, auguri e altro
Alcuni mesi fa qui a radio popolare avevo fatto un primo elenco di alcune vicende non troppo edificanti che coinvolgevano esponenti leghisti del Veneto e di Verona.
Ora l'elenco può essere aggiornato.
Torri è un comune del lago di Garda amministrato da Pdl e Lega.
Pochi giorni fa il pubblico ministero Valeria Ardito ha rinviato a giudizio il sindaco Giorgio Passionelli, Pdl e, praticamente, quasi tutto il gruppo dirigente del Comune.
Le accuse vanno dalla corruzione, all'estorsione, alla tentata estorsione, alle minacce, all'omissione e abuso in atti di ufficio, al falso in atto pubblico e omessa denuncia da pubblico ufficiale.
Una signora, Diomira Guerrato, esponente della Lega e grande procacciatrice di voti per il Carroccio, secondo l'accusa, passa da semplice impiegata del Comune a dirigente dell'area amministrativa contabile grazie ad un concorso interno truccato e in virtù delle minacce agli altri candidati che, o impauriti si ritirano, o vengono bocciati.
Sempre secondo il Pm ad uno dei candidati addirittura si minacciano, nel caso non si fosse ritirato, ritorsioni contro l'attività commerciale della madre.
Stessa, o simile vicenda con il comandante dei vigili.
Anche per la promozione del comandante dei vigili, scrive il Pm, si era preparato un concorso interno su misura, cioè con requisiti stampati esattamente sul curriculum del concorrente.
Il tutto come scambio per ripagare, per ricompensare, il comandante dei vigili che avrebbe chiuso un occhio su altri tre reati commessi per favorire la precedente amministrazione sempre guidata dallo stesso sindaco.
Il sindaco e la signora di cui sopra sono accusati anche di aver convinto il comandante dei vigili a non effettuare i dovuti controlli sugli abusi edilizi nell'abitazione del marito della esponente leghista come richiesto dai carabinieri.
Una bella compagnia, sindaco in testa più una decina di altri dipendenti, in un comune del bel lago di Garda a un tiro di schioppo dalle acque nelle quali il collega del sindaco di Torri, il sindaco di Verona il leghista Tosi, si tufferà, come ogni anno, non mi ricordo se a Natale o a Capodanno, confortato e riscaldato dagli applausi degli amici di partito.
Forse questa volta ci sarà qualche assenza giustificata.
Il consiglio comunale di Verona ha deciso che ogni seduta debba essere aperta con l'inno di Mameli.
La proposta iniziale pare fosse quella di far cantare l'inno dai consiglieri in piedi e con la mano destra sul cuore, all'americana.
L'inno di Mameli è già brutto di per sé sia come musica che come testo e immaginarlo cantato dai consiglieri è una sofferenza peggiore di quella che ognuno di noi prova quando a farfugliarlo sono i calciatori della nazionale.
Fortunatamente poi hanno optato per una registrazione diffusa dagli altoparlanti però sempre con i consiglieri in piedi e con la mano destra sul cuore.
Neanche al Parlamento c'è questa usanza e nessuno se ne lamenta anche perché ci sono modi più intelligenti per ricordare l'Unità d'Italia.
Le cronache riportano che al momento del voto qualcuno dai banchi della Lega abbia commentato ad alta voce “roba da matti”.
Tralasciando ogni considerazione sul pulpito dal quale viene la predica, come dargli torto?
“Il corriere della sera” pubblica una collana di venti libri, in vendita uniti al quotidiano, collana intitolata “Libri che hanno cambiato il mondo-I classici del pensiero libero”. Ci sono i testi di molti autori: Voltaire, Kant, Mazzini, Weill, Luigi Einaudi, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi,.....
Non c'è Marx, non c'è Gramsci.
Con tutto il rispetto e la giusta e grande considerazione dovuta ad Einaudi, a Spinelli, a Rossi e ad altri inclusi nella collana mi riesce difficile pensare che Marx e Gramsci non abbiano titoli almeno uguali a loro per poter essere inclusi tra coloro che hanno scritto libri che hanno contribuito a cambiare il mondo.
Gli scritti e il pensiero del primo hanno contribuito al riscatto, alla emancipazione e alla libertà di intere moltitudini umane. Non c'è stato solo il “socialismo reale”.
Gli scritti ed il pensiero del secondo hanno contribuito al riscatto e alla emancipazione delle classi subalterne italiane, e ad una nuova comprensione della nostra storia.
Il primo esiliato a vita dai potenti, il secondo morto in carcere.
La censura “colta” è la più pericolosa perché passa inavvertita.
E' tradizione, quasi un obbligo giunti a questo punto del calendario fare gli auguri affinché il nuovo anno sia più benevolo.
Credo però che questa volta, alla fine del 2010, gli auguri siano superflui.
Ragioniamo: quest'anno, 2010, oltre ad avere un sovrappiù di disgrazie naturali, ci siamo tenuti, Berlusconi primo ministro, il La Russa, la Santanché, il Bondi come ministri della Repubblica, il senatore Gasparri che propone gli arresti preventivi per i dimostranti, e, cosa non secondaria, noi veronesi, anche Tosi sindaco e, proprio per non farci mancare niente, anche Bricolo senatore della Repubblica.
Considerato tutto ciò gli auguri sono superflui.
Il 2011 non può che essere migliore del 2010.
Però non si sa mai e perciò gli auguri ve li faccio lo stesso: buon 2011 !
Una buona notizia dell'ultima ora.
Nel Comune veronese di Illasi al Gran Galà per la premiazione di cittadini illustri c'è stato un fuori programma
Quando è stato il turno dello studente Alberto Fabris per ritirate la busta del premio con 200 euro e il diploma di encomio per il massimo dei voti conseguito alla maturità classica, questi ha preso la parola ringraziando l'amministrazione ma non ha evitato di denunciare un fatto che ha definito gravissimo ed estremamente preoccupante.
In una delibera di giunta-ha detto-che intendeva assegnare un contributo a favore di una signora straniera in forte stato di indigenza, gli assessori in quota alla Lega Nord, Paolo Fasoli ed Elena Colognato si sono opposti mettendo a verbale che “l'oggetto della delibera va contro i principi morali, etici e ideologici del movimento che noi rappresentiamo”
Lo studente così commentava: “Criterio per ricevere sostentamento dunque non sarebbe l'effettivo bisogno ma una illasianità, una discriminazione consapevolmente motivata in termini morali, etici, e ideologici che ha un nome preciso: razzismo”.
Disgustato da questo fatto Fabris ha tenuto per sé il diploma e ha restituito la busta con il denaro chiedendo che venga data alla signora in difficoltà.
Giorgio Bragaja
24 dicembre 2010
11 dicembre 2010
intervento a radiopop 10-12-2010 su “L'Arena” e il Censis, piazza Erbe...
Su il giornale “L'Arena” di un paio di giorni fa l'articolo più importante era scritto da Carlo Pelanda, economista veronese, e trattava dell'ultimo rapporto del Censis (Centro studi e investimenti sociali) un istituto di indagine socio-economica che da circa un cinquantennio produce studi e indagini sullo stato delle cose in Italia.
Quast'anno il Censis è molto critico su quel che sta avvenendo nel nostro Paese e Pelanda, cioè “L'Arena”,non è d'accordo.
Dico “L'Arena” perché quando il direttore di un giornale affida la stesura e la firma di quello che si chiama “articolo di fondo” cioè quello situato nella prima colonna della prima pagina del giornale
, vuol dire che quell'articolo esprime la linea editoriale (politica) del giornale.
Ricordo che “L'Arena” è il giornale che, orgogliosamente, ci ricorda di essere sempre uscito, senza interruzioni, per 144 anni.
Si, è vero, è sempre uscito ininterrottamente anche quando altri giornali come il socialista “Verona del Popolo”, il cattolico “Corriere del Mattino, il comunista “L'Unità” venivano chiusi e le loro sedi devastate perché informavano mentre “L'Arena”, che non informava, poteva tranquillamente uscire.
Ma vediamo ora cosa dice il Censis e, poi, cosa, invece, dice “L'Arena”.
Il Censis ci dice che l'icona dell'individualismo, del consumismo, dell'uomo solo al comando si è rotta, che un lungo ciclo economico, politico, sociale e psicologico si è concluso lasciando sul campo fragilità e depressione nelle vite singolari e nella vita collettiva.
Che viviamo in una società priva di bussola, in cui al desiderio di fare, di realizzare per il futuro, si sostituisce il godimento immediato e un desiderio deviato su oggetti e su consumi superflui.
All'autorità della legge si sostituisce la frammentazione di poteri e norme inefficaci.
Che non è di autoritarimo che ci sarebbe bisogno ma di autorità e che non esistono in Italia quelle sedi di auctoritas che potrebbero o dovrebbero ridare forza alla legge.
Che bisognerebbe insistere sul rilancio del desiderio perché tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare la dinamica di una società ora troppo appagata e appiattita.
Che siamo alla fine della leadership troppo personalizzata, alla fine del mito della governabilità e del decisionismo, alla fine della fede nei miracoli dell'unto dal Signore, alla fine della credenza nelle magnifiche sorti di un capitalismo che sforna con continuità oggetti di consumo.
Tra i tanti dati e tabelle del Censis ne voglio citare solo uno.
Il 56% delle scuole italiane (dalla materna alle superiori) ha chiesto in quest'anno scolastico un contributo volontario alle famiglie, aggiuntivo alle tasse scolastiche e al costo della mensa.
La cifra media versata è pari a 80 euro, con punte fino a 100 euro alle primarie e 260 euro nei licei.
Le famiglie hanno anche collaborato a lavori di piccola manutenzione (come ridipingere le pareti) nel 13% degli edifici scolastici.
In definitiva una indagine sulla quale avrei anche delle osservazioni ma non si può dire che sia approssimata o banale.
Sentite invece cosa scrive “L'Arena”.
“L'idea di un Italia in declino antropologico, precursore di quello economico, non corrisponde alla realtà...il fatto è che molta gente non vuole più fare lavori considerati troppo faticosi e con poco status e ciò apre una domanda di lavoro per immigrati disposti a farli in quanto partono da condizioni di povertà”.
“L'Arena” non dice, ma lo dico io, che spesso molti imprenditori nell'edlizia, nell'agricoltura... preferiscono assumere immigrati perché ciò comporta meno salario, magari in nero, e nessun diritto per chi viene assunto e meno doveri per chi assume.
Il 30% di incidenti sul lavoro riguarda immigrati.
“L'Arena” così prosegue: “L'economia tecnologica e della conoscenza si è sviluppata molto più velocemente della capacità del sistema educativo di formare adeguatamente gli individui. Questo deficit di istruzione fa sì che la gente non capisce il nuovo sistema finanziario e vi partecipa facendosi abbindolare”. Grandioso!
“L'Arena” dice che la scuola non funziona bene ma non dice che il Governo ha tagliato gli stanziamenti proprio per la scuola e l'istruzione.
E ancora: “L'Arena” afferma che i risparmiatori si fanno “abbindolare” perché sono ignoranti e magari anche stupidi.
Se il padrone della Parmalat butta sul lastrico e nella disperazione migliaia di famiglie che gli avevano affidato i loro risparmi, per Pelanda e per “L'Arena”, appare quasi come una colpa, una dabbenaggine di quella povera gente che dopo 40 anni di lavoro, andati in pensione, non hanno avuto l'accortezza di mettersi a studiare scienza delle finanze e hanno affidato, incautamente, i soldi della liquidazione agli speculatori.
Il giornale non dice che certi meccanismi truffaldini della finanza sono stati inventati apposta per permettere tutto questo. Più le cose sono complicate più facile è rubare.
Un secolo e mezzo fa un tale, trattando del mondo della economia e della finanza, scrisse: “Il capitalismo sta riducendo il mondo ad un informe ammasso di merci”.
In quell'ammasso di merci potremmo, oggi, collocare anche qualche giornale.
I libri di quel tale non si studiano a scuola e la chiesa cattolica provvide a inserirli nell' ”Indice dei libri proibiti”. Chi li leggeva faceva peccato e, in certi casi, veniva scomunicato. I padroni dell'alta finanza, invece, potevano fare la comunione.
Altro argomento.
In piazza Erbe, sulla torre dei Lamberti, a metà della sua altezza, incombe uno smisurato cartellone con un brutto disegno e la scritta “I vigili del fuoco e il Comune di Verona augurano buone feste”.
La colonna con il leone viene aggredita dal volgare albero di natale con la pubblicità del pandoro Bauli, l'arco della costa è coperto dal cartellone che invita al mercato tedesco di piazza dei Signori, e così a porta Nuova e porta Borsari.
Pare che l'assessore alla cultura Erminia Perbellini, che cura anche gli eventi artistici della città, a casa sua abbia, alle pareti, quadri di autore molto belli.
E allora perché queste schifezze nelle nostre piazze?
Perché, come dice Alberto Sordi, nel bel film di Mario Monicelli “Il marchese del Grillo”, rivolto ai poveracci dell'osteria che si lamentano del diverso trattamento riservato dalle guardie a lui, marchese, e a loro: “Perché io so' io e voi nun siete un cazzo”.
Giorgio Bragaja
Su il giornale “L'Arena” di un paio di giorni fa l'articolo più importante era scritto da Carlo Pelanda, economista veronese, e trattava dell'ultimo rapporto del Censis (Centro studi e investimenti sociali) un istituto di indagine socio-economica che da circa un cinquantennio produce studi e indagini sullo stato delle cose in Italia.
Quast'anno il Censis è molto critico su quel che sta avvenendo nel nostro Paese e Pelanda, cioè “L'Arena”,non è d'accordo.
Dico “L'Arena” perché quando il direttore di un giornale affida la stesura e la firma di quello che si chiama “articolo di fondo” cioè quello situato nella prima colonna della prima pagina del giornale
, vuol dire che quell'articolo esprime la linea editoriale (politica) del giornale.
Ricordo che “L'Arena” è il giornale che, orgogliosamente, ci ricorda di essere sempre uscito, senza interruzioni, per 144 anni.
Si, è vero, è sempre uscito ininterrottamente anche quando altri giornali come il socialista “Verona del Popolo”, il cattolico “Corriere del Mattino, il comunista “L'Unità” venivano chiusi e le loro sedi devastate perché informavano mentre “L'Arena”, che non informava, poteva tranquillamente uscire.
Ma vediamo ora cosa dice il Censis e, poi, cosa, invece, dice “L'Arena”.
Il Censis ci dice che l'icona dell'individualismo, del consumismo, dell'uomo solo al comando si è rotta, che un lungo ciclo economico, politico, sociale e psicologico si è concluso lasciando sul campo fragilità e depressione nelle vite singolari e nella vita collettiva.
Che viviamo in una società priva di bussola, in cui al desiderio di fare, di realizzare per il futuro, si sostituisce il godimento immediato e un desiderio deviato su oggetti e su consumi superflui.
All'autorità della legge si sostituisce la frammentazione di poteri e norme inefficaci.
Che non è di autoritarimo che ci sarebbe bisogno ma di autorità e che non esistono in Italia quelle sedi di auctoritas che potrebbero o dovrebbero ridare forza alla legge.
Che bisognerebbe insistere sul rilancio del desiderio perché tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare la dinamica di una società ora troppo appagata e appiattita.
Che siamo alla fine della leadership troppo personalizzata, alla fine del mito della governabilità e del decisionismo, alla fine della fede nei miracoli dell'unto dal Signore, alla fine della credenza nelle magnifiche sorti di un capitalismo che sforna con continuità oggetti di consumo.
Tra i tanti dati e tabelle del Censis ne voglio citare solo uno.
Il 56% delle scuole italiane (dalla materna alle superiori) ha chiesto in quest'anno scolastico un contributo volontario alle famiglie, aggiuntivo alle tasse scolastiche e al costo della mensa.
La cifra media versata è pari a 80 euro, con punte fino a 100 euro alle primarie e 260 euro nei licei.
Le famiglie hanno anche collaborato a lavori di piccola manutenzione (come ridipingere le pareti) nel 13% degli edifici scolastici.
In definitiva una indagine sulla quale avrei anche delle osservazioni ma non si può dire che sia approssimata o banale.
Sentite invece cosa scrive “L'Arena”.
“L'idea di un Italia in declino antropologico, precursore di quello economico, non corrisponde alla realtà...il fatto è che molta gente non vuole più fare lavori considerati troppo faticosi e con poco status e ciò apre una domanda di lavoro per immigrati disposti a farli in quanto partono da condizioni di povertà”.
“L'Arena” non dice, ma lo dico io, che spesso molti imprenditori nell'edlizia, nell'agricoltura... preferiscono assumere immigrati perché ciò comporta meno salario, magari in nero, e nessun diritto per chi viene assunto e meno doveri per chi assume.
Il 30% di incidenti sul lavoro riguarda immigrati.
“L'Arena” così prosegue: “L'economia tecnologica e della conoscenza si è sviluppata molto più velocemente della capacità del sistema educativo di formare adeguatamente gli individui. Questo deficit di istruzione fa sì che la gente non capisce il nuovo sistema finanziario e vi partecipa facendosi abbindolare”. Grandioso!
“L'Arena” dice che la scuola non funziona bene ma non dice che il Governo ha tagliato gli stanziamenti proprio per la scuola e l'istruzione.
E ancora: “L'Arena” afferma che i risparmiatori si fanno “abbindolare” perché sono ignoranti e magari anche stupidi.
Se il padrone della Parmalat butta sul lastrico e nella disperazione migliaia di famiglie che gli avevano affidato i loro risparmi, per Pelanda e per “L'Arena”, appare quasi come una colpa, una dabbenaggine di quella povera gente che dopo 40 anni di lavoro, andati in pensione, non hanno avuto l'accortezza di mettersi a studiare scienza delle finanze e hanno affidato, incautamente, i soldi della liquidazione agli speculatori.
Il giornale non dice che certi meccanismi truffaldini della finanza sono stati inventati apposta per permettere tutto questo. Più le cose sono complicate più facile è rubare.
Un secolo e mezzo fa un tale, trattando del mondo della economia e della finanza, scrisse: “Il capitalismo sta riducendo il mondo ad un informe ammasso di merci”.
In quell'ammasso di merci potremmo, oggi, collocare anche qualche giornale.
I libri di quel tale non si studiano a scuola e la chiesa cattolica provvide a inserirli nell' ”Indice dei libri proibiti”. Chi li leggeva faceva peccato e, in certi casi, veniva scomunicato. I padroni dell'alta finanza, invece, potevano fare la comunione.
Altro argomento.
In piazza Erbe, sulla torre dei Lamberti, a metà della sua altezza, incombe uno smisurato cartellone con un brutto disegno e la scritta “I vigili del fuoco e il Comune di Verona augurano buone feste”.
La colonna con il leone viene aggredita dal volgare albero di natale con la pubblicità del pandoro Bauli, l'arco della costa è coperto dal cartellone che invita al mercato tedesco di piazza dei Signori, e così a porta Nuova e porta Borsari.
Pare che l'assessore alla cultura Erminia Perbellini, che cura anche gli eventi artistici della città, a casa sua abbia, alle pareti, quadri di autore molto belli.
E allora perché queste schifezze nelle nostre piazze?
Perché, come dice Alberto Sordi, nel bel film di Mario Monicelli “Il marchese del Grillo”, rivolto ai poveracci dell'osteria che si lamentano del diverso trattamento riservato dalle guardie a lui, marchese, e a loro: “Perché io so' io e voi nun siete un cazzo”.
Giorgio Bragaja
03 dicembre 2010
Intervento a radiopop 3-12-2010 un Rettore entusiasta, don Verzè, gnocco fritto e altro
Il rettore dell'università di Verona Alessandro Mazzucco, è intervenuto autorevolmente (e pesantemente) a proposito della legge Gelmini affermando, in un editoriale dell'altro ieri sul sito dell'Ateneo, che “ come ogni provvedimento assunto da un parlamento così litigioso, qual'è quello italiano, il disegno di legge è stato costruito con una singolare convergenza di contributi e con un consenso sostanzialmente totale” e prosegue e conclude così “ elementi fondamentali di innovazione rendono questa legge un incontestabile, anche se parziale, miglioramento rispetto alla insostenibile situazione attuale tale da consentire di affrontare il 2011 senza dover affrontare drammi”.
Questo zelante entusiasmo non è piaciuto agli studenti, ai ricercatori e docenti veronesi che da giorni protestano contro questa legge.
“Ieri è stato un giorno triste. Per l'università, per la ricerca per tutta l'istruzione italiana” affermano
e di fronte alle dichiarazioni del rettore replicano “ stupisce per prima cosa la tempistica di questo editoriale e non comprendiamo la ragione di un intervento che dichiari che il consenso a questa riforma è stato totale trasversale ed esteso mentre è del tutto chiaro che non è così.”
E ancora “Il rettore forse dimentica che ad oggi circa un centinaio di ricercatori dell'ateneo scaligero sono in mobilitazione contro questo disegno di legge, che quattro consigli di facoltà hanno approvato mozioni di critica severa alle norme ivi contenute, che non a tutti i presidi di facoltà questa riforma piace, che sono spuntate in soli due giorni 2000 firme nella sola facoltà di Lettere per chiedere al rettore la convocazione di una conferenza d'ateneo per discuterne i contenuti e nella quale il nostro rettore spieghi a quale titolo ritenga che in questa riforma vi siano elementi di miglioramento rispetto alla situazione veramente caotica di oggi”.
E concludono: “Anche qualora fosse approvata, questa legge, avrebbe bisogno di una decina di decreti attuativi delle singole norme. Tutto questo è destinato a bloccare il sistema universitario per parecchi anni”.
Docenti e studenti, in tutta Italia, con la loro protesta contro una legge che risponde ad una logica feroce di censo e di classe, sono riusciti a far diventare l'università, la scuola, l'istruzione, la cultura, un tema centrale nel panorama politico italiano come non avveniva da anni.
E sono anche riusciti, con l'aiuto della crisi governativa, a far rinviare la definitiva approvazione della legge a dopo il 15 dicembre e, se le cose andranno come dovrebbero andare, ad affossarla.
E il rettore Mazzucco, giorni fa, alle prime proteste di studenti e docenti aveva reagito dicendo, con un po' di puzza sotto il naso,: “Ma sono proteste con motivazioni politiche”.
Straordinario. E come e cosa dovrebbero essere? La legge non è fatta dalla politica? E le eventuali proteste contro una legge fatta dalla politica cosa potrebbero essere se non politiche?
E' proprio vero: non c'è due senza tre,... le disgrazie non vengono mai da sole,... piove sul bagnato, eccetera, eccetera
Dopo il vescovo Zenti e il sindaco Tosi ora anche il rettore. Siamo a posto.
A proposito di “piove sul bagnato”.
Per i disastri provocati dall'alluvione il procuratore capo di Verona Mario Giulio Schinaia ha aperto un inchiesta penale. L'ipotesi di reato è quella di disastro colposo e cercherà di individuare i responsabili e le altre contestazioni per le quali chiamarli in causa e di esaminare fino in fondo i piani regolatori dei territori coinvolti nel disastro.
Bene. E' un buon inizio.
Lega ambiente, Italia nostra,altre associazioni, alcune forze politiche e anche chi vi parla, in tempi, come si usa dire, non sospetti, avevano denunciato come la devastazione del territorio veneto, dovuta ad un intrecciarsi di interessi miopi e povertà culturali, avrebbe comportato, inevitabilmente, distruzioni e danni grandissimi.
Ora si tratta di non lasciare alla sola magistratura il compito di colpire chi ancora ritiene che l'acqua, il suolo, l'aria siano beni privati e come tali da sfruttare e sfinire.
Altro argomento-
Un paio di settimane fa commentai, ritenendola esagerata, la defenestrazione dell'assessore Rossi da parte del sindaco Tosi che non aveva sopportato le critiche al suo operato da parte dell'esponente UDC. Rossi aveva detto che a comandare a Verona, in realtà, fosse non il sindaco ma il suo portavoce Bolis. Critica sgradevole ma, ritenevo, punita esageratamente.
Ora però, riordinando alcune carte, ho trovato un intervento di un paio di mesi fa dell'ex assessore Rossi, che nella sua veste di consigliere provinciale oltre che assessore comunale, criticava duramente il progetto di don Verzè, il padrone dell'ospedale San Raffaele di Milano e grande amico di Berlusconi, per la costruzione in terra veronese, a Lavagno, di una megastruttura “per il benessere e il prolungamento della vita fino a 120 anni”.
L'argomentazione di Rossi era ineccepibile: “Se vogliamo rispettare il diritto della gente ad avere una sanità pubblica efficiente non possiamo spendere soldi per centri di cura privati. Chiudiamo gli ospedali pubblici e poi diamo i soldi a un centro privato, gli costruiamo le strade e poi partecipiamo alle spese per i suoi assistiti... Don Verzè costruisca pure l'ospedale ma lo faccia con i soldi suoi”.
Con ciò si capisce meglio il perché della sua cacciata dalla giunta comunale.
Ora una cosa simpatica e gradevole.
Oggi, venerdì, alle ore 20 alla libreria Gheduzzi di corso Santa Anastasia 7, si inaugura la mostra “Le ricette del Vigio nei disegni di Gianni Burato” e sarà presentata la riedizione del relativo libro di ricette.
Alberto Cavazzuti, detto El Bogòn, genero del Vigio, introdurrà e darà dimostrazione pratica cucinando gnocco fritto per il piacere e il palato dei presenti. Cavazzuti e Gianni Burato furono tra i principali collaboratori di Cesare Furnari nella redazione di “Verona Infedele” lo storico irriverente periodico satirico e di costume al quale mi onoro di aver collaborato e del quale sento insieme nostalgia e mancanza.
Il Vigio era il suocero di Cavazzuti, un emiliano tosto e gentile che nelle sue visite a Verona preparava il cibo per le cene casalinghe di “Verona Infedele”. Casalinghe nel senso che il desco era quello della ospitale casa di Alberto e Or nella.
Le ricette di quel cibo, illustrate da Gianni Burato, e gli originali delle illustrazioni, ora sono alla portata di chi le vuole fino al 12 dicembre.
Giorgio Bragaja
Il rettore dell'università di Verona Alessandro Mazzucco, è intervenuto autorevolmente (e pesantemente) a proposito della legge Gelmini affermando, in un editoriale dell'altro ieri sul sito dell'Ateneo, che “ come ogni provvedimento assunto da un parlamento così litigioso, qual'è quello italiano, il disegno di legge è stato costruito con una singolare convergenza di contributi e con un consenso sostanzialmente totale” e prosegue e conclude così “ elementi fondamentali di innovazione rendono questa legge un incontestabile, anche se parziale, miglioramento rispetto alla insostenibile situazione attuale tale da consentire di affrontare il 2011 senza dover affrontare drammi”.
Questo zelante entusiasmo non è piaciuto agli studenti, ai ricercatori e docenti veronesi che da giorni protestano contro questa legge.
“Ieri è stato un giorno triste. Per l'università, per la ricerca per tutta l'istruzione italiana” affermano
e di fronte alle dichiarazioni del rettore replicano “ stupisce per prima cosa la tempistica di questo editoriale e non comprendiamo la ragione di un intervento che dichiari che il consenso a questa riforma è stato totale trasversale ed esteso mentre è del tutto chiaro che non è così.”
E ancora “Il rettore forse dimentica che ad oggi circa un centinaio di ricercatori dell'ateneo scaligero sono in mobilitazione contro questo disegno di legge, che quattro consigli di facoltà hanno approvato mozioni di critica severa alle norme ivi contenute, che non a tutti i presidi di facoltà questa riforma piace, che sono spuntate in soli due giorni 2000 firme nella sola facoltà di Lettere per chiedere al rettore la convocazione di una conferenza d'ateneo per discuterne i contenuti e nella quale il nostro rettore spieghi a quale titolo ritenga che in questa riforma vi siano elementi di miglioramento rispetto alla situazione veramente caotica di oggi”.
E concludono: “Anche qualora fosse approvata, questa legge, avrebbe bisogno di una decina di decreti attuativi delle singole norme. Tutto questo è destinato a bloccare il sistema universitario per parecchi anni”.
Docenti e studenti, in tutta Italia, con la loro protesta contro una legge che risponde ad una logica feroce di censo e di classe, sono riusciti a far diventare l'università, la scuola, l'istruzione, la cultura, un tema centrale nel panorama politico italiano come non avveniva da anni.
E sono anche riusciti, con l'aiuto della crisi governativa, a far rinviare la definitiva approvazione della legge a dopo il 15 dicembre e, se le cose andranno come dovrebbero andare, ad affossarla.
E il rettore Mazzucco, giorni fa, alle prime proteste di studenti e docenti aveva reagito dicendo, con un po' di puzza sotto il naso,: “Ma sono proteste con motivazioni politiche”.
Straordinario. E come e cosa dovrebbero essere? La legge non è fatta dalla politica? E le eventuali proteste contro una legge fatta dalla politica cosa potrebbero essere se non politiche?
E' proprio vero: non c'è due senza tre,... le disgrazie non vengono mai da sole,... piove sul bagnato, eccetera, eccetera
Dopo il vescovo Zenti e il sindaco Tosi ora anche il rettore. Siamo a posto.
A proposito di “piove sul bagnato”.
Per i disastri provocati dall'alluvione il procuratore capo di Verona Mario Giulio Schinaia ha aperto un inchiesta penale. L'ipotesi di reato è quella di disastro colposo e cercherà di individuare i responsabili e le altre contestazioni per le quali chiamarli in causa e di esaminare fino in fondo i piani regolatori dei territori coinvolti nel disastro.
Bene. E' un buon inizio.
Lega ambiente, Italia nostra,altre associazioni, alcune forze politiche e anche chi vi parla, in tempi, come si usa dire, non sospetti, avevano denunciato come la devastazione del territorio veneto, dovuta ad un intrecciarsi di interessi miopi e povertà culturali, avrebbe comportato, inevitabilmente, distruzioni e danni grandissimi.
Ora si tratta di non lasciare alla sola magistratura il compito di colpire chi ancora ritiene che l'acqua, il suolo, l'aria siano beni privati e come tali da sfruttare e sfinire.
Altro argomento-
Un paio di settimane fa commentai, ritenendola esagerata, la defenestrazione dell'assessore Rossi da parte del sindaco Tosi che non aveva sopportato le critiche al suo operato da parte dell'esponente UDC. Rossi aveva detto che a comandare a Verona, in realtà, fosse non il sindaco ma il suo portavoce Bolis. Critica sgradevole ma, ritenevo, punita esageratamente.
Ora però, riordinando alcune carte, ho trovato un intervento di un paio di mesi fa dell'ex assessore Rossi, che nella sua veste di consigliere provinciale oltre che assessore comunale, criticava duramente il progetto di don Verzè, il padrone dell'ospedale San Raffaele di Milano e grande amico di Berlusconi, per la costruzione in terra veronese, a Lavagno, di una megastruttura “per il benessere e il prolungamento della vita fino a 120 anni”.
L'argomentazione di Rossi era ineccepibile: “Se vogliamo rispettare il diritto della gente ad avere una sanità pubblica efficiente non possiamo spendere soldi per centri di cura privati. Chiudiamo gli ospedali pubblici e poi diamo i soldi a un centro privato, gli costruiamo le strade e poi partecipiamo alle spese per i suoi assistiti... Don Verzè costruisca pure l'ospedale ma lo faccia con i soldi suoi”.
Con ciò si capisce meglio il perché della sua cacciata dalla giunta comunale.
Ora una cosa simpatica e gradevole.
Oggi, venerdì, alle ore 20 alla libreria Gheduzzi di corso Santa Anastasia 7, si inaugura la mostra “Le ricette del Vigio nei disegni di Gianni Burato” e sarà presentata la riedizione del relativo libro di ricette.
Alberto Cavazzuti, detto El Bogòn, genero del Vigio, introdurrà e darà dimostrazione pratica cucinando gnocco fritto per il piacere e il palato dei presenti. Cavazzuti e Gianni Burato furono tra i principali collaboratori di Cesare Furnari nella redazione di “Verona Infedele” lo storico irriverente periodico satirico e di costume al quale mi onoro di aver collaborato e del quale sento insieme nostalgia e mancanza.
Il Vigio era il suocero di Cavazzuti, un emiliano tosto e gentile che nelle sue visite a Verona preparava il cibo per le cene casalinghe di “Verona Infedele”. Casalinghe nel senso che il desco era quello della ospitale casa di Alberto e Or nella.
Le ricette di quel cibo, illustrate da Gianni Burato, e gli originali delle illustrazioni, ora sono alla portata di chi le vuole fino al 12 dicembre.
Giorgio Bragaja
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